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mercoledì 8 gennaio 2014

Battesimo del Signore


Dal libro del profeta Isaìa (Is 42,1-4.6-7)

Così dice il Signore: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».

 

Dagli Atti degli Apostoli (At 10,34-38)

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 3,13-17)

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

 

Domenica – a conclusione del Tempo di Natale e come inaugurazione del Tempo Ordinario, nel quale saremo invitati a riflettere sulla vita pubblica di Gesù – la Chiesa celebra la festa del Battesimo del Signore.

Ritroviamo così Gesù, ormai trentenne, che come primo atto – dopo gli anni della sua infanzia e giovinezza (di cui sappiamo pochissimo) – va a farsi battezzare da Giovanni, il Precursore: figura sulla quale la liturgia ci ha già fatto riflettere durante l’Avvento, raccontandoci chi è quest’uomo («In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. […] Portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico »), quale ruolo ha nell’economia della salvezza («Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!») e qual è la sua teologia, cioè la sua visione su Dio, sull’uomo, sulla vita («Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione…»).

Da Giovanni, da questoGiovanni, dicevamo, Gesù va a farsi battezzare e dato che il vangelo è il racconto scritto della fede dei discepoli in Lui, e dato che siamo all’inizio del suo ministero pubblico, questo brano del battesimo rappresenta come la presentazione della sua storia… della storia di questo uomo, riconosciuto come il Messia, il Figlio di Dio.

Certo ci sono già stati due capitoli (il cosiddetto “vangelo dell’infanzia”) che hanno in qualche modo voluto fungere da prologo al racconto della vita di quest’uomo, ma qui siamo al racconto inaugurale degli anni decisivi della sua vita – quelli, appunto, che l’hanno svelato nella sua identità/missione.

E la prima cosa che emerge, all’interno di questo momento inaugurale, è la sua stranezza… Da un lato infatti abbiamo un momento epifanico molto significativo (i cieli che per Gesù si aprono, permettendogli di vedere lo Spirito Santo discendere su di lui, e dai quali gli giunge una voce che lo dichiara l’eletto) e, dall’altro, il fatto che tutto ciò avviene in una situazione davvero inusuale per un personaggio importante di cui si sta per raccontare la vita: è in fila coi peccatori, per ricevere un battesimo di conversione.

Una strana presentazione per colui del quale – scrivendo – si vuole testimoniare la messianicità… Ma come insegna la critica storico-letteraria, se un fatto così disomogeneo rispetto alla finalità dello scrivere (che è: convincere della propria fede), è comunque riportato, ciò vuol dire che era inevitabile farlo… come a dire… nessuno si sarebbe inventato questo episodio della vita di Gesù se non fosse realmente accaduto, perché a nessuno – nel momento in cui veniva tracciato l’itinerario per la fede in Lui – sarebbe venuto in mente di scrivere qualcosa che potesse metterne in discussione la messianicità (Come fa a essere il Messia se si mette in fila coi peccatori? Come può pretendere di essere colui che rimette i peccati del mondo, se lui per primo si fa battezzare per la conversione?).

Tutto questo per dire che ciò che è problematico non è il fatto, ritenuto autentico da tutta la critica storico-letteraria, ma la sua interpretazione: cioè il problema diventa il rendere ragione di questa stranezza… Mitigata, certo, dallo Spirito Santo e dalla voce dal cielo… Ma… a ben guardare, fino a un certo punto, perché questa specie di “investitura dall’alto” poteva avvenire anche in un contesto diverso… Dopo un miracolo inaugurale, o dopo un discorso particolarmente significativo… Invece la teofania sta a commento del paradossale essersi messo in fila coi peccatori da parte del Messia…

Un problema che non va troppo in fretta superato con presupposti piani divini a noi sconosciuti (come pare fare in parte lo stesso Matteo quando – a differenza degli altri evangelisti – fa dire a Gesù «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia»; segno questo che anche per i primi cristiani il problema c’era ed era vissuto con una certa perplessità e fatica), ma che va “preso di petto”: Perché mai Gesù, come primo atto della sua vita da adulto va a mettersi in fila coi peccatori? E perché proprio in questo atto il cielo lo riconosce l’amato in cui ha posto il suo compiacimento? Al di là, infatti, di ogni nostro tentativo di girare e rigirare le cose, è proprio questo che il testo evangelico ci consegna…

Forse per provare a rispondere a queste domande, senza appiccicarci addosso risposte estemporanee, può essere utile chiederci perché tutto questo ci faccia così problema… o perché lo faceva ai primi cristiani… Dove sta l’anomalia che ci fa storcere il naso?

Beh… qualcosa l’abbiamo già accennato… Colui che si arrogherà il potere di perdonare i peccati (Mt 9,6) può lui stesso essere in fila coi peccatori? Colui che verrà creduto il Figlio di Dio, può essere lì, solo per farsi aiutare da Giovanni a capire la sua identità/missione? In altre parole: il Figlio di Dio, colui che pretende di salvarci perché anch’egli Dio, può essere veramente un uomo? Non deve avere qualche scarto incommensurabile, qualche cosa che lo preserva dal male, qualche prescienza che lo rende qualitativamente diverso da noi? Se è uno di noi può davvero salvarci?

Ecco il punto… Quello che precisamente pungeva la carne dei primi cristiani: intorno a loro tutti dicevano: era solo un uomo e dunque uno che non può salvare! Ecco il problema: se è Dio, ci salva; se è un uomo, no. Ma quello che noi abbiamo visto era solo un uomo…

Il problema radicale allora è quello – ancora una volta – dell’incarnazione, del modo di essere Dio di Gesù (e del modo di essere Dio del Padre), perché noi, non siamo mai persuasi fino in fondo che egli fosse pienamente uomo… Non ci va bene un Dio così, non ci convince… saremmo un po’ più tranquilli di un Dio che – dall’alto dei suoi cieli, dall’alto della sua separatezza, dall’alto della sua alterità – intervenisse (dal di fuori, appunto) con una sorta di “bacchetta magica” più o meno coreografica (a seconda dei gusti) per toglierci dai guai (terreni ed ultraterreni): il male subito, il male fatto, la morte, l’inferno…

Sarebbe anche tutto più facile da capire (e purtroppo tante volte la chiesa ha ceduto a questo desiderio di semplificare le cose per renderle comprensibili, perdendo però l’esplosività di ciò che annunciava: la sua disomogeneità, appunto; la sua impossibilità ad essere immediatamente compreso…)… Ma forse sarebbe più facile da capire, proprio perché “a misura di uomo”, perché riclassificabile all’interno delle nostre categorie di pensiero, perché più rassomigliante alle nostre aspettative… un Dio che in fin dei conti è un uomo plenipotenziario, un “Uomone”…

Invece, le disomogeneità di Gesù ci costringono a sbattere il muso contro le nostre ovvietà… e ancora una volta a dire: l’immagine di Dio che avevo in testa, non era Lui… ero io…

In questo senso, davvero Dio è totalmente altro dall’uomo, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri…

Ma non perché è grandissimo, infinito, eterno, lontanissimo… e può fare tutto… soprattutto quello che noi non possiamo fare… sarebbe un “Uomone”… Ma perché nell’alterità del suo essere, si fa più intimo all’uomo dell’uomo stesso… che – a pensarci bene – è l’unica salvezza credibile!

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