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martedì 8 aprile 2014

Domenica delle Palme


Ho cercato di raccogliere i personaggi della trama della passione e morte di Gesù.

Ve ne sono diversi collettivi (i capi dei sacerdoti, i discepoli, la folla con spade e bastoni, gli scribi e gli anziani, i falsi testimoni, i presenti nel cortile del sommo sacerdote, i soldati romani, quelli che passavano nei pressi della croce, molte donne, i farisei, le guardie dei capi religiosi), alcuni dei quali ritornano in più circostanze, ma tra di essi emergono anche alcuni singoli.

Alcuni di questi hanno una sorta di funzione rappresentativa del gruppo cui appartengono o comunque sono personaggi singoli – che dicono o fanno qualcosa in prima persona – ma funzionali alla narrazione (Pietro + i due figli di Zebedeo al Getsèmani, il discepolo che era con Gesù e impugna la spada, il servo del sommo sacerdote cui viene staccato l’orecchio, Caifa, i 2 falsi testimoni che riportano le parole di Gesù, le due serve nel cortile del Sommo sacerdote, il soldato che dà la canna con l’aceto + quelli che dicevano “Vediamo se viene Elia”, le donne presenti tra le molte: Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo).

Vi sono poi i personaggi realmente tali, quelli che non sono solo funzionali alla vicenda, ma vi prendono parte in prima persona, in modo tale che non solo la loro storia intervenga su quella di Gesù, ma anche viceversa.

Ne risulterebbe una sorta di schema di questo tipo (fatto artigianalmente e perciò del tutto opinabile):

Giuda Iscariota

Capi dei sacerdoti

I discepoli

Il tale cui Gesù manda a dire: “Farò la Pasqua da te con i miei discepoli”

Pietro

Pietro + i due figli di Zebedeo

Giuda

Folla con spade e bastoni

Quello che era con Gesù e impugna la spada

Il servo del sommo sacerdote cui viene staccato l’orecchio

Caifa + scribi e anziani

Falsi testimoni

I 2 falsi testimoni che riportano le parole di Gesù

Pietro + giovane serva + un’altra serva + i presenti

Giuda

Pilato

Capi dei sacerdoti e gli anziani+ folla

Barabba

Soldati

Simone di Cirene

Quelli che passavano di lì

I capi dei sacerdoti + scribi + gli anziani

Quello della canna di aceto + gli altri che dicevano “Vediamo se viene Elia”

Il centurione

Molte donne, tra queste: Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo

Giuseppe d’Arimatea

Pilato

I capi dei sacerdoti + i farisei

Guardie

 

Per ognuno di quelli in neretto ci vorrebbe un trattato…

Sui personaggi “positivi” (penso in particolare al centurione e a Simone di Cirene) è peraltro già stato detto molto e sostanzialmente “non fanno problema”. Ma forse proprio questo “non far problema” dovrebbe darci da pensare… non è che ci scivolano via troppo rapidamente?

Su quelli “negativi” (penso a Giuda e Barabba) le cose dette sono invece più contrastanti (basti paragonare Nostro fratello Giuda, di Primo Mazzolari con l’idea comunemente diffusa che Giuda sia all’inferno, qualsiasi cosa questo voglia dire; oppure il fatto che questo delinquente si chiami proprio Bar-Abba = Figlio del Padre…). Necessiterebbero allora di un approfondimento superserio.

Su quelli “ambigui” – nel senso che evolvono lungo la storia o che sono probabilmente inficiati da una lettura a posteriori (penso a Pilato e Pietro) – bisogna fare ogni volta la fatica di andare a ripercorrere questa evoluzione.

Infine ci sono i “meno considerati” (Il tale cui Gesù manda a dire: “Farò la Pasqua da te con i miei discepoli” e Giuseppe d’Arimatea) che meriterebbero invece di diventare oggetto della nostra attenzione.

Insomma – ognuno per il suo verso – sono questi i compagni di viaggio su cui concentrarsi in questi ormai pochi, ma intensissimi giorni che ci mancano a Pasqua.

Sarebbe bello scegliersene almeno uno e starci un po’ in compagnia.

Il “mio” quest’anno è Giuseppe d’Arimatea, di cui mi colpisce questo uscire dal nulla per ritornarvi (niente è raccontato di lui prima di questo episodio, niente è raccontato dopo). In questa “emersione” però c’è tutto il coraggio (quello dato dal bene che si prova per qualcuno e dal dolore della morte, che azzera ogni argine fittizio) e la presa in carico (fisica – togliere il corpo dalla croce, vuol dire portarne il peso – e vitale) del corpo morto del proprio maestro e amico (segreto, fino a un attimo prima).

Questa cura di un corpo morto (che tornerà anche nell’episodio delle donne che vanno al sepolcro per ungerlo) può apparire macabra o raggelante per chi se lo immagina così, come se il corpo in questione fosse il cadavere di chicchessia, ma per chi ha provato a sentire sotto le proprie dita la carne fredda di chi ha amato (fosse un padre, un marito, un figlio, un amico, un fratello…) credo possa percepire che portata abbia il gesto di Giuseppe.

Un uomo che porta il medesimo nome di quell’altro Giuseppe che aveva fatto da padre a un figlio non suo e che proprio come questo, d’Arimatea, era comparso e sparito dal e nel nulla.

In più, non si può non considerare il contesto in cui il Giuseppe del Passio opera: rischiando la sua stessa vita, venendo allo scoperto quando tutti si nascondono… come accennavo è il segno dell’amore disperato che fa perdere i confini normali che la convivenza civile abituale ci porta a mettere: gli argini del buon senso, del buon costume, della convenienza, dell’opportunità o meno del nostro mostrarci…

Argini che crollano e si frantumano quando la realtà dura ma vera della vita ci si presenta in tutta la sua radicalità, come oggi… quando la liturgia ci invita a non correre troppo avanti nella lettura (pensando “tanto poi è risorto”), per farci stare come bloccati con quel corpo morto tra le braccia, simbolo di una fine assoluta, che non ha alcun “però” da obiettare… è morto, però… No. È morto, punto.

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