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mercoledì 8 giugno 2016

XI Domenica del Tempo ordinario


Dal secondo libro di Samuèle (2Sam 12,7-10.13)

In quei giorni, Natan disse a Davide: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Urìa l’Ittìta, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammonìti. Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Urìa l’Ittìta». Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (Gal 2,16.19-21)

Fratelli, sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,36-8,3)

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

 

«L’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo».

La frase di Paolo potrebbe essere usata come titolo per il vangelo di questa domenica. Gesù, infatti, pronuncia qui, come tante altre volte: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

Ciò che rimanda in pace la donna, che più volte nel testo è definita “peccatrice”, è la sua fede, il suo amore: «sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato».

Ma dobbiamo stare attentissimi, perché purtroppo la cultura cattolica in cui siamo cresciuti rischia di farci fraintendere il tutto e rovinare quello che, a mio giudizio, è uno dei più bei brani del vangelo. Il pericolo è, infatti, quello di interpretare la vicenda e le parole di Gesù dentro ad uno schema che, invece, Gesù stesso vuole far scoppiare dal di dentro.

Provo a spiegarmi.

Il testo è articolato in questo modo: da una parte c’è il fariseo, che si crede giusto di fronte a Dio (e probabilmente lo è davvero), e dall’altra c’è la donna peccatrice. In mezzo c’è Gesù, che ha il ruolo di mostrare il punto di vista di Dio (anche il fariseo gli riconosce infatti autorevolezza).

Il senso comune fa pensare che Dio considererà con benevolenza il giusto, mentre guarderà torvo la peccatrice. A meno che la peccatrice non si penta e non metta in atto dinamiche di penitenza e conversione.

Questo era il retro pensiero del fariseo e di tutti i farisei della storia.

I cattolici pensano di aver fatto un grande passo in avanti rispetto ai farisei, perché sanno che Dio non guarda storto i peccatori, ma è misericordioso e pronto a riaccoglierli. Forti di questa convinzione, di questo “guadagno”, non si identificano più col fariseo del vangelo e quindi non riescono a immedesimarsi nella vicenda, perdendo il vero fulcro del brano, che non è che Gesù non guarda male i peccatori, ma che non gli chiede un pentimento, una conversione, una penitenza per essere riammessi nella relazione con lui.

Perdendo questo, i cattolici interpretano tutto ciò che la donna fa e tutto ciò che Gesù dice, come un esempio di confessione riuscita: una peccatrice va da Gesù, Gesù è accogliente, lei esprime i suoi peccati (con le lacrime) e poi fa opere di penitenza (asciuga i piedi di Gesù con i capelli, glieli bacia, porta il profumo…). Gesù, infine, la rimanda in pace.

Detto un po’ meno poeticamente: una peccatrice va da Gesù e paga il perdono con lacrime, profumo e qualche gesto umiliante o per lo meno servile.

 

Pensare così di questa donna, di Gesù e di questo brano del vangelo vuol dire violentarlo.

 

Non bisogna infatti dimenticare che all’interno del testo è posta una parabolina, che Gesù racconta al fariseo («Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?»), dove il punto centrale è che i debitori non avevano di che restituire. Non ce l’avevano, non ce l’abbiamo e Dio lo sa. E cosa fa? Ci dà più tempo per raccogliere la somma? Ci tiene per una vita in scacco perché siamo debitori? No, ci libera dal giogo del debito, condonandolo.

Forse agli italiani onesti, la parola “condono” piace poco, ma piace poco perché è stata usata male, non perché sia brutta in sé. Anzi… Dio stesso potrebbe avere il soprannome di “condonatore”. Egli è colui che sa che non abbiamo, ne mai avremo di che restituire, e perciò ci libera dal giogo. Non vuole che la relazione con lui sia legata a un do ut des, ti perdono, se paghi con penitenze, sacrifici, o altro. La relazione da parte sua è sempre come vergine, animata dall’entusiasmo e dalla fiducia di chi ama per la prima volta («quante volte ho amato … come se non avessi amato mai», Vecchioni, Le rose blu).

Per questo lo ama di più colui che ha peccato di più, perché gli è stato condonato di più.

Ecco che allora tutti i gesti della donna, invece che essere stuprati dalla nostra interpretazione volgare che li leggeva come “prezzo” del perdono, diventano i gesti affettuosi e teneri di chi ama, perché per primo si è sentito amato nonostante fosse una schifezza («Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi», Rm 5,8).

E allora, ecco, che quelle lacrime, quei capelli, quel profumo, diventano i gesti della sensualità che si fa tenerezza, appartenenza, custodia… come quando, nelle nostre relazioni, i corpi si avvolgono reciprocamente e ognuno diventa nido per l’altro.

 

Paolo aveva capito tutto… «per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno», per questo aveva deciso di vivere «nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me».

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