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venerdì 11 luglio 2008

…il seminatore uscì a seminare!

Questa è una parabola importante, la più importante di tutte, perché è la chiave per capire le altre: «Se non comprendete questa parabola - dice Gesù - come potrete capire tutte le altre parabole?» (Mc 4,13).
Agli occhi del cuore di Gesù, la folla che si accalca sulla spiaggia di questo piccolo lago, in una terra sperduta dell’impero romano, si dilata a tutti i popoli fino alle frontiere dell’universo, fino alla fine dei tempi, lungo la storia tormentata dell’umanità, da quando è apparsa sulla terra, con il suo incancellabile anelito di speranza insoddisfatta – a domandarsi il perché del bene e del male, della gioia e del dolore, della luce e delle tenebre, della vita e della morte!
… tanti pensatori e sapienti, in vari modi, nelle varie culture e religioni, hanno tentato di capire e hanno suggerito alla gente varie soluzioni tristi, in genere. La terra e il suo prodotto più bello, che è il corpo dell’uomo, sono una prigione, una condanna, da cui uscire, dicono alcuni. Comunque, un passaggio effimero e insensato, marchiato dalla morte che lo corrode!… Le passioni e le emozioni umane sono da superare, censurare e cancellare, magari attraverso la fatica immane di varie reincarnazioni… dicono altri. E non c’è speranza, neanche per i saggi patriarchi della Bibbia: “Tutte le cose del mondo sono in sofferenza, e nessuno potrebbe spiegarne il motivo… non c'è niente di nuovo sotto il sole. C'è forse qualcosa di cui si possa dire: «Guarda, questa è una novità?» (Qo 1,8s). Gesù, pur lucidissimo e appassionato testimone della sofferenza delle folle stanche e sfinite, ha tutt’altra visione della storia. E racconta che la storia è nata proprio da una “novità” e la cova sempre dentro di sé: il seminatore uscì a seminare!... Non “un” qualsiasi sbadato propagatore di speranze fallaci… ma Lui, il “creatore”, che ha espresso il desiderio della sua mente e del suo cuore in questo lancio di germi, di semi, di promesse che è la terra… E poi si è ritirato, sicuro della potenza segreta, misteriosa, ma infallibile della sua Parola amorevole: la Parola uscita dalla mia bocca non tornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero!
Dio si è affidato alla terra!
… che si tratti di deriva sassosa o tratturo indurito o groviglio di spine o, infine, di terreno fertile… è sempre la nostra terra! Lì, nella nostra terra, pluriforme ma unica, Dio ha seminato dappertutto il soffio della sua Parola… E da allora (da sempre!) inizia il dramma di amore e dolore, alleanza e rifiuto, fascino e fatica… tra i due protagonisti della storia: la Parola (e dentro la parola, l’indomita speranza che la nutre) e la Terra (e dentro la terra, l’uomo fatto di fango). Proprio in questo cuore fatto di terra, Dio ha seminato il germoglio del suo amore, della sua divinità! Allora la soluzione, o almeno la luce che illumina non solo il fondo, ma il percorso del tunnel della storia, non è la fuga dalla terra, “prigione” che ingabbia l’anima, ma l’immersione nella terra, grembo dello spirito. Nella terra è seminato “il principio speranza”, ormai indissolubilmente coniugato alla nostra avventura di uomini fatti di carne mortale. Non è dunque “uscendo dalla materia”, ma “parlando alla materia”, che si è aperta la via della salvezza. Nella materia è seminata la speranza: il seme diventa “novità”, se si lascia trasformare e impregnare dalla terra. Deve in qualche modo “morire”, certamente, ma per “salvarsi”, e, nutrendosi di terra, produrre vita e continuare a trasmettere speranza!
Perché parli a loro in parabole?
I discepoli gli pongono una domanda esplicita! Loro, che si pensano privilegiati dalla spiegazione diretta del Signore, non capiscono per quale motivo Gesù parli in parabole alla folla, per poi costatare amaramente che non capisce. La questione sembra contraddittoria e senza uscita, se la si intende a livello intellettuale, di verità da capire con la mente, che allora sarebbe insensato presentare in modo così misterioso e immaginifico. Ma si tratta invece di una parola vitale, di una promessa di amore, che per iniziare e crescere ha bisogno dell’assenso e del coinvolgimento… dell’altro. Come quando si dice che due “si parlano”… per dire che inizia una storia di intreccio di due vite, che si avventurano in momenti esaltanti e difficili, di passione e repulsione, di comunione e di deserto… Allora, può capitare che gli occhi e le orecchie siano ammaliati da altri fascini o che il cuore si inaridisca, e poi effettivamente gli muore in cuore anche il germoglio che avevano… Ma può anche capitare che invece il bocciolo che gli è dato, cresca in cuore, e uno si trovi sommerso dall’abbondanza, e sempre più gli orecchi e gli occhi sentono e vedono l’amore che si dilata nel cuore… un poco, tanto, tantissimo… Ma questi misteri, vissuti nella trepidazione e nella riconoscenza, senza neanche sapere quanto sono nostri e quanto sono regali, come si potrebbero raccontare in giro, se non per simboli, con parabole, con poesie?… tali che chi (un po’!) li ha provati, lui sì che li coglie al volo e ne gioisce, e impara ancora di più! Ma chi non li ha provati, scuote la testa e ancor più ne è tagliato fuori! Non certo per un castigo! ma per provvisoria sordità interiore, mentre il seme, capace di sapiente pazienza nell’attesa… aspetta venga il suo momento, attende che si intenerisca la crosta dura del terreno, che si secchino le bramosie della fantasia!
quello che è stato seminato … è l’uomo che…
La Parola, seme di vita, diventa colui che la ascolta! Curiosa, questa trasformazione del seme/parola – nell’uomo stesso, che ascolta o non ascolta: fa parte dei misteri del Regno che ai discepoli è dato conoscere! la cultura occidentale è segnata dalla separazione tra le parole e i fatti, tra il messaggio che esce dalle labbra ed è accolto dall’intelletto di chi ascolta, e gli eventi della storia che non cambiano, ripetendosi fino a svuotare ogni speranza. La cultura orientale che è più attenta forse ai valori duraturi, rischia però di abbandonare al suo destino di consunzione la materia, le passioni, le emozioni… e, in fondo, i deboli della storia, che non diventeranno mai supereroi dello spirito! La cultura ebraica è permeata da una convinzione radicale che è fondamento e speranza di una storia plurimillenaria: parola e fatti devono fondersi. Si esprimono con lo stesso termine, con cui il seminatore ha detto/fatto/amato l’universo (in un passato sempre presente: benedice/fa/ama). Il credente è colui che guardando a ritroso alla ricerca del senso del mondo e della storia, e cercando nel suo intimo il germoglio del suo destino… si trova di fronte a questo misterioso evento fondante che è la Parola di Dio, libera forza d’amore, misteriosa madre di ogni cosa. Una Parola che impregna e conduce gli eventi della storia dell’universo, in una storia di cui sappiamo poco, se non che ultimamente ha avuto una sorprendente esaltazione, un sussulto di consapevolezza, addirittura una rifrazione divina nella “terra” del primo Adamo, e poi, una ancor più misteriosa e inaudita “incarnazione” nel secondo Adamo. In lui, per grazia, se pur con tante fatiche, perché la refrattarietà del terreno alla Parola è esperienza comune, il cammino dello spirito entro la terra, è divenuto accessibile a tutti noi… accompagnati dal gemito non solo dell’umanità, ma di tutta la creazione, che ne segue e attende l’esito, perché, appunto, la Parola sia “fatta”, tutta in tutti.
Allora, come la mamma di cui dice Gesù, che una volta visto il bimbo che è nato, non si ricorda più delle sofferenze del parto, ci accorgeremo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura. E magari già adesso potremo sperimentare (tra afflizione e speranza) che la spina sanguinante che ci trafigge comunque il cuore il troppo di dolore innocente e non… che c’è sulla terra! se ci annebbia un poco l’orizzonte, non ci avvelena – perché il nostro riferimento non è un motore d’energia muta che ci ha lanciato nella vita, ma un Volto che ci parla!

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