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mercoledì 30 dicembre 2009

Buon anno!

In questa seconda domenica di Natale (prima, del nuovo anno civile) la Chiesa ci invita a soffermarci sul Prologo di Giovanni. Esso è talmente ricco che provare a dirne qualcosa risulta davvero arduo: lì infatti si concentra come in un nucleo incandescente, la sintesi cristologica più alta che la tradizione scritturistica ci tramanda, come se tutto ciò che si può, si deve, si vuole sapere di Cristo sia lì condensato in maniera insuperata ed insuperabile.
L’accostamento delle letture tratte dal libro del Siracide e dalla lettera di Paolo apostolo agli Efesini, può però instradare verso alcune sottolineature; in particolare tre: innanzitutto la prospettiva che approccia il mistero del Figlio nella sua preesistenza rispetto all’esperienza storica di Gesù; preesistenza segnata tradizionalmente dall’accostamento alla figura della “sapienza”, rintracciabile soprattutto nel brano del Siracide, ma anche nelle espressioni paoline «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo», e certamente anche nella qualificazione cristologica di “Verbo”, parola, contenuta nel Prologo stesso, con tutte le affermazioni ad essa connesse, «il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste».
Questa prima sottolineatura, mette in luce quella che tecnicamente viene denominata “cristologia dall’alto”, il tentativo cioè – sempre a partire dall’esperienza storica di Gesù – di dire la sua personale differenza qualitativa rispetto a tutti gli altri uomini (Egli è Dio, è il Salvatore del mondo) e la differenza qualitativa della sua relazione col Padre (Egli è il Figlio, l’unigenito, della stessa sostanza…)!
Queste puntualizzazioni – forse un po’ scontate – risultano invece tanto più urgenti, quanto più ci si accorge che non siamo più abituati ad averle presenti. La loro eccessiva sottolineatura nel passato ha infatti come creato un “effetto pendolo” per cui oggi ciò che risulta strenuamente ed appassionatamente (e giustamente) sottolineata è soprattutto l’umanità di Gesù; la sua vicinanza a noi, più che la sua distanza; la sua consanguineità con la nostra carne, più che la sua preesistenza divina. Di questo figlio meticcio (razza umana – Maria – mescolata alla razza divina – Spirito santo) oggi si sottolinea pressoché univocamente quello che De Andrè in Laudate hominem Lyrics, magistralmente cantava: «Non voglio pensarti Figlio di Dio, ma figlio dell’uomo, fratello anche mio».

Ma come in tutti gli “effetti pendolo” il rischio è quello di buttar via, con l’acqua sporca, anche il bambino; in altre parole cioè, la giusta correzione della prospettiva cristologica, univocamente rivolta alla divinità, soprannaturalità, miracolosità di Gesù, non deve farci dimenticare che essa – prima di scadere in unilaterali incastri apologetici – in realtà stava lì a ricordare come l’uomo Gesù su cui si fonda la fede dei cristiani è realmente Colui che può salvare la vita, dunque Colui nel quale la suddetta fede è davvero ben riposta!
In questo senso i testi evangelici sono molto più trasparenti e limpidi rispetto alle tortuosità e fangosità della storia della loro comprensione. Non a caso la seconda evidenza che emerge dai testi proposti dalla liturgia è che questo “Verbo” viene a dimorare tra gli uomini.
Infatti, contro ogni possibile deviazione che la sottolineatura della sua divinità poteva lasciar profilare, il vangelo è immediatamente lì a specificare di quale inaudita divinità si tratti, di quale inaudita salvezza, di quale inaudito Dio!
Il “Verbo sapiente” che è il Figlio amato, è un Dio che prende casa, che prende carne: «Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti” . Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno. Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità, nell’assemblea dei santi ho preso dimora». Prospettiva culminante – evidentemente – nelle sbalordenti affermazioni di Giovanni: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità».
Un Dio dunque, affidabile davvero in quanto alla nostra salvezza, ma un Dio che sceglie di farsi uomo, di salvarci così, di essere così. È il mistero del Natale, che ancora celebriamo. È ciò su cui in questi giorni abbiamo sentito tante parole, abbiamo fatto tante considerazione… è ciò che quotidianamente cerchiamo di “fare nostro”…
Oggi perciò una sottolineatura diversa, l’ultima che proprio i testi di domenica suggeriscono: il modo di salvarci di questo Dio fatto uomo è quello di farci figli: «Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità», «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo», «A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio».
Molti sono i modi in cui potremmo arrivare ad immaginare la salvezza che un dio può portare agli uomini e molti sono i modi in cui i cristiani stessi la pensano… ciascuno di essi rispecchia l’immagine del dio che abbiamo in testa… Allo stesso modo, la scelta di salvarci, rendendoci figli, dice molto su chi sia Colui che questa salvezza l’ha pensata (e attuata!).
Purtroppo molto spesso l’uomo tra tutte le cose che pensa di dio, non arriva ad immaginarlo come Padre (molto più frequentate sono infatti le figure del “padrone”, del “dominatore”, del “soggiogatore”, in versioni più o meno evidenti); ma purtroppo molto spesso persino i cristiani, che dovrebbero fondare la loro fede sul vangelo, che non fa altro che ripetere precisamente la buona notizia che Dio è Padre, se la scordano e reintroducano le stesse figure pagane di un dio che semplicemente è altro da quello rivelato da Gesù.
Ma più radicalmente ancora, il problema sembra essere quello per cui anche chi incontra davvero questa buona notizia, fatica a convertirsi ad essa… a mantenerla salda in cuore… a tornare sempre a farci affidamento… La paura di un’orfanità in cui spesso ci sentiamo abbandonati e il gelo che essa fa scorrere per la spina dorsale sembra spesso prevalere… tornando a farci “vivere” da schiavi… imbruttiti dal timore della morte e dalla paura dell’altro che me la può dare…
In questo tetro scenario sentir risuonare la parola del Prologo di Giovanni, «A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio», diventa come un caldo balsamo che penetra i nostri terrori e apre scenari nuovi, riallarga gli orizzonti, dona ossigeno all’anima: un mondo fatto di figli… fratelli…
Chissà se riusciremo a dargli credito… per quest’anno… è il mio augurio più caro.

2 commenti:

'ntonia ha detto...

Il primo suggerimento che mi ha offerto il tuo commento è "l'essere scelti". E' un sentimento, uno stato di essere che non è banale... Ognuno di noi dovrebbe chiederselo, ma anche continuamente riaggiornare il suo vivere..Ogni attimo è sempre diverso dal precedente perchè nel frattempo si è vissuto, si è andati avanti, non si è immobili, ma sempre verso... Per che cosa, il Padre del Signore Gesù ci ha scelti e ci sceglie? Le tue ultime considerazioni sono fondamentali.
Anche a te il mio augurio più caro.

'ntonia ha detto...

Il primo suggerimento che mi ha offerto il tuo commento è "l'essere scelti". E' un sentimento, uno stato di essere che non è banale... Ognuno di noi dovrebbe chiederselo, ma anche continuamente riaggiornare il suo vivere..Ogni attimo è sempre diverso dal precedente perchè nel frattempo si è vissuto, si è andati avanti, non si è immobili, ma sempre verso... Per che cosa, il Padre del Signore Gesù ci ha scelti e ci sceglie? Le tue ultime considerazioni sono fondamentali.
Anche a te il mio augurio più caro.

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