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venerdì 11 giugno 2010

Il "mio" vangelo

«… ecco una donna, con un vaso di profumo…
… dove ha trovato questo coraggio, di sfidare un pubblico ‘perbene’ ed entrare già con l’intenzione di inondare Gesù della sua tenerezza? Perché questo, ovviamente, era il suo tormento: trovare qualcuno che si lasci davvero amare, curare e accudire, ma non a pagamento… Cercare qualcuno cui donarsi davvero “gratis”, per amore. È la sua unica possibilità di sapere che qualcuno la ama! Chissà quali parole o gesti di Gesù le hanno infuso questa fiducia di essere accolta e poter osare una libertà che sbalordisce il padrone di casa – e conquista la “scandalosa” connivenza di Gesù. E’ la prima persona veramente libera che Gesù incontra. Ha sperimentato in qualche modo che Gesù, a differenza di tutti gli altri, invece che schiacciarle addosso la pietra tombale del suo disgraziato mestiere, l’avrebbe accolta e amata, con tale fiducia e condiscendenza, da lasciarsi amare da lei con tutti i “sensi” dell’anima e del corpo… E proprio su questo Gesù richiama l’attenzione (vedi questa donna?), enumerando di nuovo i suoi gesti di tenerezza appassionata: con gli occhi (con lacrime irrorò i miei piedi); con i capelli (li asciugò); con le labbra (non smise di baciare i miei piedi!); con le mani (di profumo unse i miei piedi) … Lacrime e baci, carezze e capelli, profumo e contatto della pelle … che impregnano di sensualità amante i suoi piedi, lui tutto, … e l’intera casa. Le sono perdonati i molti suoi peccati perché ha molto amato!».
Giuliano

Ho voluto iniziare la riflessione sulle letture (bellissime!) di questa undicesima domenica del tempo ordinario con un pezzo significativo della lectio di Giuliano di tre anni fa… perché mi pare “metta lì” proprio bene quella che chiamerei l’ “icona” di questa donna, se “icona” non suonasse alle nostre orecchie occidentali come qualcosa di meramente simbolico, nel senso debole che si dà a questa parola oggi… “Icona” e “simbolo” sono invece parole forti, parole in cui non solo è evocata o rimandata una realtà, ma in cui essa è significata davvero. In questo senso la donna che Luca ci presenta in questo suo settimo capitolo è realmente icona, perché in lei si convogliano le esperienze storiche di tante donne di tanti tempi (oserei dire: di tutte le donne di tutti i tempi), ma non in una maniera che rende stereotipa, evanescente, meramente esemplificativa la sua vicenda: la sua storia, la sua esperienza, la sua relazione a Gesù è la sua… eppure è così vera che – avendo intercettato le coordinate fondamentali del suo essere donna – intercetta contemporaneamente quelle di ogni donna:

- Il bisogno di una visibilità pubblica dell’unicità del proprio amore;

- La “necessità” di sciogliersi in un’intimità che non ha ombre né paure;

- La condiscendenza dell’altro, «certezza di “indovinare”, questa volta, come amare».

- …

L’essere cioè guardata senza essere violentata, da quell’unico sguardo che permette di farsi vedere davvero, nella propria intimità più intima, senza dover costruire maschere, accettare etichette, fare continuamente i conti col “non essere come l’altro ti vuole/vorrebbe”… senza dover fare l’amore per soddisfare «le carezze di un animale» (De Andrè) o per ricatto o «per avercelo garantito» (De Andrè).

E questa qui è l’icona a cui Gesù chiede di guardare: «vedi questa donna?».
È dentro a questo specchio qui che il cristiano si deve guardare… Perché di fronte a quello che qui è raccontato (nel vangelo!!!) crollano tante (tutte?) le impalcature che ci siamo preconfezionati per scansare sempre – almeno un attimo prima – questo sguardo o l’intimità della gente… che così abbandoniamo e tradiamo veramente, rifugiandoci nelle nostre liturgie, nei nostri dogmi, nelle nostre banalissime pacche sulle spalle… senza mai entrare nei drammi veri della gente che ci vive accanto, nei suoi abissi, nelle sue disumanizzazioni… che anche noi – come figli di questo mondo – abbiamo contribuito a creare, o a rilanciare, o ad ignorare…

Quanta troppa poca gente rimandiamo in pace… come chiesa, come cristiani, come persone singole, impastate delle stesse paure e fragilità degli altri, dei loro stessi tradimenti e infedeltà, schifezze e meschinità, dimentichi che se appariamo solo po’ più bravini, lucidi, solidi, integerrimi, forti, è solo perché siamo dei privilegiati tra i derelitti della storia, ancora convinti che è per le nostre buone opere che siamo così (giusti!!?!?)… e non perché a noi è stata fatta una carezza e agli altri no; e non perché noi abbiamo da mangiare (tutti i cibi di cui si sazia l’uomo: pane, affetto, un tetto, un’istruzione, …) e gli altri no… Con una mentalità ancora anticotestamentaria per cui l’elezione (mia) è a scapito della non-elezione (di qualcun altro)… come se il nostro privilegio fosse un premio per le nostre opere buone e la loro dannazione (in terra) fosse figlia delle loro opere cattive (dei loro peccati, della loro ottusità, della loro malvagità o sfrenatezza)… Diceva un amico (il biblista Luca Moscatelli) in proposito: di fronte al mandato «tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19) dovremmo avere un sussulto di gioia perché a noi è dato di “sciogliere” tutti… e non dovremmo far altro che vivere per rimandare in pace la gente… e invece abbiamo fatto anche di questo un potere… sciogliendo qualcuno e non sciogliendo qualcun altro abbiamo inserito una discriminazione, su cui fondare il nostro potere…

Ecco… è il volto di dio che fonda questa discriminante (perché lui discriminatorio per primo) che Gesù – per tutta la sua vita e la sua morte – ha voluto distruggere… per rivelare l’unico vero Dio, l’Abbà suo… e nostro… che si tiene lì tra le sue braccia una prostituta (resa tale dagli uomini, come è di ogni donna) perché lui ci vede solo una “piccola” da pacificare – inglobandola nella sua tenerezza.

2 commenti:

maria sole ha detto...

Forse questa sera avevo bisogno di leggere prima il Vangelo, questo Vangelo e poi il tuo commento Chia e quello di Giuliano...... Oggi è tanto impossibile vivere questo tipo di "cristianità" anche tra..... conoscenti? amici? parenti? Clero? Vorrei essere un fiume ma invece mi sento goccia, eppure sta piovendo tanto, anche adesso, mi mancano alcuni amici... anche per cercare di far riemergere il desiderio di vivere questa realtà. Un grido: ma che posto ha tra "noi" Gesù, se poi con la nostra cultura, la nostra etica, la nostra politica, la nostra religione preferiamo stare con le persone che ci fanno stare bene, che conosciamo già, che non mi interpellano, che non mi chiedono.... Non basta dirsi che è impossibile vivere il Vangelo di Gesù, questo Vangelo.
E' lo stesso discorso di Roberto Saviano: basta essere una voce?
E non mi basta che mi si risponda che è questo vivere il Vangelo di Gesù, sentirsi inadeguati, sbagliati, fuori posto, ecc. Hai anche bisogno di sentirti, qualche volta, nel posto giusto

Mario ha detto...

Se sei sulla croce sei nel posto giusto... anche se non è una posizione molto comoda... ;o)

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