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martedì 27 settembre 2011

XXVII Domenica del Tempo Ordinario: I vignaioli omicidi

Il vangelo che la Chiesa ci propone per questa ventisettesima domenica del tempo ordinario è la diretta continuazione del brano di settimana scorsa: durante il duro scontro con i principi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, Gesù aveva proposto la parabola dei due figli e ora racconta quella dei vignaioli omicidi (domenica prossima racconterà la terza e ultima della serie: quella del banchetto di nozze – Mt 22,1-14).

Non si tratta più delle miniparabole sul Regno («Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo», Mt 13,44), ma di elaborazioni più complesse, che non a caso hanno uditori diversi (gli anziani, i sacerdoti…), anch’essi più “complessi” rispetto alle folle di semplici che circondavano Gesù all’inizio del suo ministero…

E, esattamente come settimana scorsa, la parabola è costruita con un marchingegno tale da rigirarsi contro gli interlocutori, chiamati a prendere posizione: «“Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?” – chiede Gesù. Gli risposero: “Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo”. E Gesù disse loro: “Non avete mai letto nelle Scritture: ‘La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri’? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare”».

Gesù, cioè, ribalta addosso ad essi, il giudizio che loro stessi avevano espresso… sono loro i vignaioli malvagi a cui sarà tolto il regno di Dio!

Interessante, allora, diventa andare a cercare che cosa ha reso questi “vignaioli”, cioè questi sacerdoti e anziani di Israele, talmente deprecabili da ricevere un giudizio così duro!

Per farlo, è importante andare a guardare anche alla I lettura, tratta da Isaia, dov’anche si racconta di una vigna… che – seppur ben curata dal suo padrone, aveva dato uva selvatica…

Fuor di metafora in Isaia il rimprovero a Israele era quello espresso dal v. 7 del capitolo 5: «La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi».

Ciò che quindi ha suscitato la delusione del Signore rispetto alla casa di Israele è stato lo spargimento di sangue e le grida degli oppressi, dove si aspettava giustizia e rettitudine!

Io trovo che questo sia un primo elemento fondamentale delle letture di questa domenica: ciò che dal punto di vista di Dio fa da discrimine tra la bontà di una vigna e, invece, una delusione rispetto ad essa è la giustizia fra le creature! Non altro!


Mi piace – a proposito – citare qualche frase di una conferenza del professor Silvano Petrosino sul tema del Regno di Dio, svoltasi all’Eremo del Carmelo di Cassano Valcuvia: «La Scrittura mette sempre in rapporto la santità che è del creatore e la giustizia, che riguarda il rapporto tra le creature. La trascendenza della santità, si manifesterà come trascendenza, nell’immanenza della giustizia. La santità che appare come qualità del creatore, è la stessa che definisce la qualità di quel certo rapporto tra le creature che la Bibbia chiama giustizia. Non c’è biblicamente alcuna possibilità di rapporto diretto con il Creatore che non passi dalle creature. Il rapporto diretto con il Creatore la Bibbia lo definisce una tentazione. Scriveva infatti Beauchamp: “Nessuna affermazione dogmatica, fosse pure la divinità di Cristo o la risurrezione della carne, regge, se rimane fuori dall’esigenza di giustizia. Essa è intrinseca alla verità, piuttosto che derivare dalla verità. Creare a partire dal nulla è dare la giustizia a un nulla di giustizia”. E Levinas: “La giustizia resa all’altro mi dona di Dio una prossimità inoltrepassabile. La preghiera e la liturgia senza la giustizia non sono niente”. Sembra quasi che la Scrittura – riprendeva Petrosino dopo le citazioni – dica a chi vuol difendere la trascendenza di Dio: non ti preoccupare di difendere la trascendenza del Creatore, preoccupati piuttosto della creazione; prenditi cura della creatura e così renderai gloria al Creatore.

Guardate a Dio in modo da non distogliere lo sguardo dall’uomo».

Questo sembra invece la grande dimenticanza – anche nel vangelo – di coloro che “hanno in mano” la vigna del Signore; ecco perché quel duro atto di accusa: «vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare».

In particolare nel vangelo, la parabola mostra come la mancanza di giustizia, sia da legare al fatto che i vignaioli si rifiutino di consegnare il raccolto al padrone, prima ammazzandone i servi, poi addirittura il figlio… Il loro scopo è quello di impossessarsi della vigna («quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l’eredità»), per diventarne, loro, i padroni, come mirabilmente descrive Dostoevskij ne “Il grande inquisitore”, riferendosi però alla chiesa: «Perché sei venuto a disturbarci? [dice il Grande Inquisitore a Gesù]. Tutto è stato da Te trasmesso al papa, tutto quindi è ora nelle mani del papa, e Tu non venirci a disturbare, quanto meno prima del tempo. [...] Abbiamo corretto l’opera Tua e l’abbiamo fondata sul miracolo, sul mistero e sull’autorità».

Ecco ciò di cui Gesù accusa i capi religiosi di Israele e ciò da cui anche la Chiesa deve sempre guardarsi: sostituirsi al Signore come padroni della vigna (cfr. Mt 23)!

Il meccanismo denunciato da Gesù pare essere infatti proprio questo: coloro a cui è affidata la vigna (Israele, i capi religiosi, la Chiesa) rischiano di dimenticarsi che il loro compito è quello di lodare Dio facendo la giustizia. Cioè dimenticano che al Creatore si arriva prendendosi cura della creatura! Dimenticano che il loro compito di vignaioli era prendersi cura di ogni pezzettino di carne umana su questa terra… Essi – piuttosto – si sentono come investiti della difesa di Dio, dei diritti di Dio (credendo che questo coincida col loro compito di vignaioli!), fin anche contro Dio stesso (il padrone della vigna) e suo Figlio!

La parabola troverà tragicamente conferma, infatti, nella vita di Gesù!

È infatti in nome della difesa dei diritti di Dio che Gesù verrà ucciso…

È infatti in nome della difesa dei diritti di Dio che migliaia di uomini sono stati uccisi lungo la storia… o umiliati, estromessi, scacciati, abbandonati…

Ma proprio questi “scartati” – pare dire Gesù – sono il nuovo popolo di Dio che farà fruttificare la sua vigna, inaugurando un Regno di giustizia, al cui centro ci sia – come unica difesa di Dio – la difesa di ogni uomo.

Il secondo punto di riflessione allora – per noi – è proprio questo: il riconoscimento che «Lui è l’amore innocente rifiutato, ma d’ora in poi chiunque sarà scartato e gettato via dagli uomini (anche per un amore sbagliato) diventa con lui membro di diritto del Regno del Padre. Ma ancor più paradossalmente, gli stessi assassini, una volta “giustamente” buttati fuori anche loro e spossessati della vigna, diventeranno anche loro pietre scartate, pronte per scoprire ed accogliere (finalmente!) l’umile disarmata ma invincibile “potenza” dell’amore (Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno!).

[…] Dunque rimane per noi l’annuncio che il metodo di Dio, quello usato con il Figlio suo, è sempre lo stesso. Usa le pietre scartate da noi (quelle respinte violentemente o subdolamente eliminate dalla nostra convivenza) per costruire anche oggi la sua chiesa e salvare l’umanità. La parabola rinnova per noi (come per gli uditori di Gesù) una specie di ultima ancora di salvezza. Mentre il nostro mondo occidentale implode su se stesso a livello tecnologico, economico e progettuale (cioè politico) ‑ la nostra chiesa è tentata da uno sterile ritorno al passato, e noi consumiamo le energie a difenderci e accusarci secondo la logica devastante delle istituzioni che decadono, rischiamo di perdere la sintonia profetica con il futuro che il vangelo ci insegna. Il futuro si costruisce sempre con le pietre scartate da noi! E il Padre… come ha fatto con il figlio suo, ancora va a raccogliere nei campi di profughi di ogni razza, nelle periferie delle metropoli, nelle schiere di esiliati o diffidati di ogni istituzione civile o ecclesiale, nelle fosse comuni dove sono sepolti i grandi misfatti della storia… i suoi poveri. Loro sono i nuovi fittavoli fidati, magari neanche consapevoli della storia di questa parabola… Ma nella loro carne si ripete il mistero di Cristo Gesù» [Giuliano].

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