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martedì 14 febbraio 2012

VII Domenica del Tempo Ordinario

In questa Settima Domenica del Tempo Ordinario, la Chiesa ci invita a proseguire la lettura del vangelo di Marco.
Subito dopo la guarigione del lebbroso (Mc 1,40-45), di cui abbiamo letto settimana scorsa, inizia una nuova sezione (Mc 2,1-3,6), in cui l’evangelista raggruppa una prima serie di cinque controversie: la prima coincide con quella del brano di vangelo proposto dalla liturgia di questa domenica (Mc 2,1-12) ed ha come tema la possibilità di Gesù di rimettere i peccati; la seconda riguarda la sua abitudine di mangiare con i peccatori (Mc 2,13-17); la terza, il digiuno (Mc 2,18-22); la quarta e la quinta, il sabato (Mc 2,23-28 e Mc 3,1-6).

«I cinque conflitti sono ordinati secondo una struttura letteraria che non sembra casuale. Passando dall’uno all’altro si assiste a una opposizione crescente (dapprima una reazione interiore, poi una reazione che si fa più esplicita, infine la decisione di uccidere Gesù). Così la serie delle controversie termina con il ricordo della croce. Paradossalmente, sembra di scorgere – man mano che l’opposizione cresce – che il motivo dell’opposizione al contrario si affievolisca: la reazione nasce dalla pretesa da parte di Gesù di perdonare i peccati (un privilegio di Dio) e termina con una disputa sul sabato (in fondo una questione dibattuta fra i dottori della legge). Il fatto è che Marco non è tanto interessato ai singoli motivi del conflitto, bensì a qualcosa che sta oltre, più a fondo: il Cristo è rifiutato al di là dei precisi pretesti che l’uomo sa scovare. Dunque, prendendo a pretesto alcuni casi particolari, Marco intende, da una parte rivelare le resistenze dell’uomo (non solo del fariseo, ma dell’uomo di ogni tempo) [1] e, dall’altra, rivelarci la pretesa messianica di Gesù, pretesa unica, che è la vera ragione del rifiuto [2]» [B. Maggioni, il racconto di Marco].

Già questi primi elementi ci obbligano a soffermarci a fare qualche riflessione.

[1] Innanzitutto una “psicologia ante litteram” su come “funziona” l’animo umano in una situazione di conflitto: l’opposizione ha una parabola che va crescendo; diventa sempre più pretestuosa; si “auto-fomenta” attaccandosi ad aspetti oggettivamente secondari se non addirittura irrilevanti; diventa omicida.

È innegabile che l’evoluzione che le cinque controversie di Mc 2,1-3,6 descrivono, riesca a cogliere un aspetto dell’animo umano, un suo modo di agire, che è presente ancora oggi; così tanto, da far concludere che siamo di fronte ad una struttura di sempre della conformazione umana, che è la seguente: l’uomo continuamente cerca ragioni per darsi ragione e quando trova qualcosa o qualcuno che è di ostacolo al consenso che si è costruito, al senso che ha dato alle cose, al mondo, alla vita, istintivamente diventa omicida. La sua reazione è cioè quella di “rimuovere” l’ostacolo: mettendolo in discussione, screditandolo, eliminandolo.

Questo avviene nel macrosistema (è ciò che è accaduto a Gesù, che – guarda caso – morirà proprio in nome della prima obiezione che gli viene mossa: «Si è fatto Dio»; un’obiezione che ha fatto strada! prima insinuatasi nei cuori; poi esplicitandosi a bassa voce, nelle mormorazioni di pochi; poi sempre più fomentandosi, fino ad essere urlata in tribunale e diventare causa di morte)…

Ma è anche ciò che avviene nel microsistema che è la nostra vita, dove continuamente abbiamo bisogno di dire “io”, prevaricando sugli altri… E per farlo studiamo tutti i metodi possibili immaginabili, da quelli più sofisticati e difficili da individuare; a quelli più maldestri e ingenui… che menomale che ci sono, perché ci permettono di imparare la struttura di fondo di questi meccanismi, che è uguale per tutti, dai più sempliciotti e subito smascherati a quelli più subdoli e nascosti.

Ma tutti – tutti! – siamo dentro a questo meccanismo. A volte – quando conviene al nostro “io” – il marchingegno della prevaricazione (non solo economica o predatoria; ma anche di stima e accettazione da parte degli altri; di lotta per il primo posto… che sia nella carriera o nel cuore di un uomo, ecc…) agisce attraverso la conformazione al parere predominante (e quante ragioni la nostra ragione ha cercato e cerca per difendere posizioni di questo genere); altre volte – per converso – il marchingegno dell’autoaffermazione agisce attraverso la non-conformazione, l’assunzione di posizioni volutamente non condivise dai più, il fare il “Bastian contrario”.

Quante volte nelle varie vicende (grandi e piccole della vita) abbiamo corso il rischio di agire così: di prendere una posizione, di fare una scelta, di determinarci in un certo senso perché condizionati dal bisogno di accettazione o di auto-affermazione (che sono le due facce della stessa medaglia) e poi continuamente rimuginare in cuore la ricerca delle mie ragioni… e poi nelle mormorazioni dei piccoli gruppi fomentarsi a vicenda nelle nostre ragioni… fino ad arrivare ad urlarle in faccia all’“oppositore”, che ormai è guardato come un nemico… e in quanto tale da eliminare… Perché poi le ragioni iniziano sempre ad essere circostanziali e poi arrivano sempre a tirare in ballo i massimi sistemi…

Ecco siamo così. E a Gesù è capitato proprio così: preso in mezzo a queste nostre dinamiche eternamente ferite dal bisogno di “contare qualcosa”, di prevaricare su qualcuno, di emergere, di dire “io”, di essere più importanti, più amati, più benvoluti degli altri.

I farisei siamo noi…

Proviamo a guardarli e vediamo se non ci riconosciamo: individuano in Gesù, in ciò che fa e dice, qualcosa che rompe il loro schema, il loro orizzonte di senso, il modo in cui collocavano le varie vicende della vita (Dio solo può perdonare… Se uno è malato è perché è colpevole… Coi peccatori non si deve avere a che fare… ecc… ecc… ecc…). Prendono dunque posizione, gli si oppongono: si accorgono che è uno bravino e che quindi potrebbe effettivamente mettere in discussione il loro primato, il loro primeggiare, il loro prevaricare, nell’ambito religioso… che allora voleva dire anche sociale, politico ed economico… e gli si oppongono…

Ma non fanno qualcosa di molto diverso dalle folle che invece si “alleano” a Gesù: anch’esse hanno di mira il “contare qualcosa”… e si alleano al più forte, a chi in quel momento pare vincente (infatti poi spariranno tutte!). Queste però sono meno sofisticate: finiti i benefici, finiscono le osannazioni.

Quegli altri invece sono più sotterranei… elaborano una strategia espulsiva (omicida) nei confronti di Gesù – dell’ostacolo alla loro buona riuscita – più complessa…

«Alcuni scribi pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?”»; «Gli scribi e i farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: “Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?”»; «I discepoli di Giovanni e i farisei vennero da lui e gli dissero: “Perché i tuoi discepoli non digiunano?”»; «I farisei gli dicevano: “Guarda! Perché i tuoi discepoli fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?”»; «Essi tacevano, uscirono subito i farisei con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire».

Ecco… questa prima serie di considerazioni credo possa già portarci a pensare e a ri-pensare il nostro modo di porci nella vita… ri-pensare al nostro modo di fare le scelte, ai meccanismi che attuiamo (magari del tutto inconsapevolmente – perché sono istintivi, infatti hanno a che fare con il nostro istinto di sopravvivenza nel branco… e lo siamo ancora tantissimo – un branco – e stiamo tornando ad esserlo sempre di più!), al perché siamo di questa idea e non di un’altra, al perché quella relazione con quella persona si è interrotta, non si è approfondita, non mi è più interessata… Non sarà forse perché la nostra ragione ha solo cercato ragioni per darsi ragione?

[2] Ma come uscirne? Come ha fatto Gesù? Come si è posto lui nella vita?

Ha detto la verità e non l’ha difesa: «Figlio ti sono perdonati i tuoi peccati», «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori», «Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi… ma vino nuovo in otri nuove», «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!»…

La sua verità infatti era che Dio è Padre, è cioè colui che ama, e per il quale è più importante – di tutto! – l’altro, l’uomo («Tu mi hai dato molestia con i peccati, mi hai stancato con le tue iniquità. Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati» dice Isaia nella prima lettura, cioè – specifica Paolo nella seconda – in Dio per l’uomo c’è solo un sì!) e questa era una verità indifendibile, perché difenderla voleva dire “armarsi contro l’altro” che la pensava diversamente… Ma “armarsi contro l’altro” contraddiceva la sua verità che era “sei più importante te di me, non alzerò mai la mano contro di te”. E infatti Gesù non usa mai la sua potenza miracolosa contro l’uomo (mai!); la usa sempre e solo per fare il bene all’uomo, per liberarlo dal male… in coerenza alla sua verità (sei più importante te di me!). Non la usa nemmeno per difendere le sue posizioni: mai quando gli chiedono un segno che attesti la sua veridicità lui agisce; sempre si sottrae, fino alla fine, quando non scenderà dalla croce, nonostante tutti gli dicessero «Scendi e ti crederemo».




 

 
Sabrina Taddei, acquarello su cartone.


Gesù dunque rompe dal di dentro questo meccanismo umano, lo fa implodere… rimanendo sempre fedele (a costo di morire!) alla sua indifendibile verità, che era una faccia, la faccia di Dio che gli uomini avevano così tanto deturpato e infangato da fargli dire e fare tutto e il contrario di tutto… rendendolo a loro immagine e somiglianza!

Ebbene, pare dirci Marco, il cammino del discepolato passa da qui.

Per questo è così difficile e contemporaneamente così tradito nella storia dell’umanità. Perché “avere gli stessi sentimenti di Cristo” vuol dire arrivare a rompere in noi questo meccanismo, che è strutturale e ancestrale: quello dell’istinto di sopravvivenza, cioè della prevaricazione, dell’approvazione del gruppo… meccanismo un tempo reso visibile nella lotta all’interno del branco per il più forte, oggi mascherato attraverso la ricerca della ragione di ragioni per darsi ragione.

“Avere gli stessi sentimenti di Cristo” vuol dire allora saper dire la Verità (cioè prima essersi fatti da essa incontrare e innamorare) e poi non difenderla, non difendersi, perché se la difendi la tradisci…
Noi forse – inguaribili idealisti – siamo pronti in momenti particolarmente entusiasti a promettere che “Daremo la vita per te” (come Pietro), ma poi non riusciamo a vincerci nemmeno un pochino nella quotidianità… Credo che da lì si debba partire, perché è evangelizzando i pezzettini, che poi si diventa capaci di vivere il vangelo in grande.

1 commento:

maria sole ha detto...

Grazie per l'ultimo capoverso.....
Anche per il resto........
Un abbraccio

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