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lunedì 9 giugno 2014

Il respiro di Dio


“Mostrò loro le mani e il fianco... A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,20.23). Sempre in Gesù il perdono è legato alle sue mani e al suo costato trafitto. Perché non c’è perdono senza croce. Non che la croce, il dolore, l’umiliazione, siano in sé qualcosa che possa cambiare la storia... o creare il perdono, la salvezza... anzi, semmai ispirano vendetta.

Gesù non ci salva perché è andato in croce, ma perché per la prima volta nella storia, un uomo che poteva sottrarsi alla morte, che poteva “vincere”, ha preferito perdere... ha rinunciato alla propria forza. Perché per farlo avrebbe dovuto usare i poteri che lo avevano crocifisso. L’agnello insomma avrebbe dovuto trasformarsi in lupo! Proprio quei poteri che noi stessi vorremmo avere, per far strage intorno a noi di ogni ingiustizia.
Invece Gesù ha rinunciato al proprio potere... ha dato spazio all’uomo anche se malvagio... pur di non sopprimerlo. Perché è meglio l’ingiustizia umana a una giustizia (foss’anche “divina”) che fa stragi intorno a sé!


È una verità per noi scomoda, ma se questo è il vangelo, e questo è il vangelo (un Dio che rinuncia ad agire “da dio”, ma vuole sempre tenere il legame che lo fa nostro fratello, amico, sposo, padre, madre...), ecco allora è necessario che questo modo di Dio di esser Dio, che non corrisponde alla nostra idea di Dio, diventi il nostro modo nuovo di essere uomini e donne... Uomini e donne nuovi, perché nuovo è il Dio che noi riconosciamo tale... E non abbiamo altro da testimoniare, se non questa impotenza dell’amore che si chiama perdono (e che non ha bisogno di convertire nessuno per manifestarsi tale)...

Ecco allora che non abbiamo altro da testimoniare se non la stessa testimonianza che ha dato Gesù Cristo. Per questo non si può dare questa testimonianza imitando come pappagalli Gesù. Gesù non si può imitare... a meno che Gesù stesso viva in noi e noi in lui... Ma allora non è più imitazione è comunione di vita...
Infatti, solo Gesù ha testimoniato e testimonia il Padre e solo Gesù può testimoniare lo Spirito d’amore che lo unisce al Padre. Per questo solo Gesù può testimoniare Gesù, ciò che Egli ha vissuto, vive... Nessun uomo può essere testimone di Gesù se lui stesso non ne dà testimonianza. Ecco la necessità che Gesù stesso dia testimonianza in noi del suo “amare ed essere amato”. Il dono dello Spirito è dono di questo Gesù. È il dono di ciò di cui Gesù vive!
Solo quest’Amore e nient’altro è in grado di testimoniare oggi ciò che lega il Padre e suo Figlio e i suoi figli.

Che altro c’è da testimoniare infatti se non quest’amore? Questo amore qui, che solo Gesù ha testimoniato: capace di lasciarsi trafiggere mani e costato, pur di rinunciare alla logica del potere che avrebbe potuto liberarlo. Non la croce quindi (anche se noi diciamo così per semplificare), ma il suo non scendere dalla croce, cambia le dinamiche violente della storia (“ci salva” noi diciamo sempre con troppa semplificazione).

Ecco allora che è strutturale al Vangelo il dono di questo Spirito d’amore che ci lega a Dio e che lega Dio a noi. Anche se malvagi. Ecco perché Gesù “sta soffiando” su di noi... Cioè ci immerge nel suo alito di vita.

Nel momento in cui Dio ha deciso di essere un Dio inaspettatamente umano, nella storia è entrato lo Spirito di Dio che questo processo ha voluto, guidato, realizzato.
E questo processo – presente fin dalla creazione (lo spirito che aleggia sulle acque) e manifestato negli ultimi giorni nell’annunciazione a una ragazzina laica mentre compie i suoi lavori domestici – non si interrompe con la morte di Gesù e col suo stare “alla destra del Padre” – questo ci dice la festa di Pentecoste – questo Spirito, come l’acqua impregna la spugna, permea la storia e il cuore di ogni uomo che si vuole assetato.

Il dono dello Spirito ci è dato, ci è consegnato, è l’aria in cui respiriamo e nessuno oramai può cacciarlo dalla storia, tocca a noi farci padroni del nostro destino lasciandoci immergere nella novità che solo la parola di Gesù, custodita attraverso gli apostoli, ci consegna. Ce la consegna, senza ritrarla mai più...
Non c’è nessun coraggio da avere qui, c’è da accettare la realtà che la novità di Gesù ha introdotto nella storia... c’è solo da dispiegare le ali e cominciare a volare o inevitabilmente precipitiamo.
Se quanto scritto vi convince, non possiamo non convenire sul fatto che una chiesa che pone dei limiti al proprio perdonare è una chiesa che ha deciso di scendere dalla croce di Cristo e di rifiutare lo Spirito, unico capace di testimoniare il Vangelo. Ed è ovvio che ciò che vale per la chiesa nel suo insieme, vale per ciascuno di noi!

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