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martedì 24 giugno 2014

Santi Pietro e Paolo


Dagli Atti degli Apostoli (At 12,1-11)

In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Àzzimi. Lo fece catturare e lo gettò in carcere, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua.

Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene, stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere.

Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Àlzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle mani. L’angelo gli disse: «Mettiti la cintura e légati i sandali». E così fece. L’angelo disse: «Metti il mantello e seguimi!». Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell’angelo: credeva invece di avere una visione.

Essi oltrepassarono il primo posto di guardia e il secondo e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città; la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l’angelo si allontanò da lui.

Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva».

 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (2Tm 4,6-8.17-18)

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.

Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.

Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.

Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 16,13-19)

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

 

In questa Domenica si celebra la Solennità dei Santi Pietro e Paolo.

È una festa che solitamente si celebra nel giorno della settimana in cui cade – facendone memoria la domenica solo nelle Parrocchie che hanno uno di questi santi (o entrambi) come patroni.

È l’occasione per me per andare con la memoria alla mia parrocchia di provenienza, quella della zona nord di Treviglio, dedicata a S. Pietro ap., che mi ha formato come donna e come cristiana.

È soprattutto per questo che nella mia riflessione vorrei concentrarmi su Pietro, uomo semplice (pescatore di Galilea, che – pare – non sapesse né leggere né scrivere) e contemporaneamente contorto (guida di tutti gli altri e rinnegatore di Gesù)… come forse un po’ tutti noi.

Ricordo che diversi anni fa, qualcuno mi disse: a me piace la gente dalla fede intonsa, non come quella di Tommaso o Pietro che hanno dubitato e rinnegato… perché se uno ci crede… ci crede…

Mi avevano stupito quelle parole – allora – e mi si erano incastonate – come a volte accade – in quegli spazietti della nostra testa che fanno un po’ da sala d’aspetto del dentista… in fila, in attesa del loro turno, ma pervicaci nel non andarsene fino a che non siano state esaminate.

Ed ecco che giorno per giorno tornavano a darmi da pensare…

La sensazione immediata era di nervosismo verso una persona che mi smontava un mito: san Pietro, il patrono della mia chiesa… come potevano dirmi che non aveva una fede intonsa?

Ma poi – scemata la reazione istintiva – tante domande: ma cosa avrà inteso con “fede intonsa”? Esiste una “fede intonsa”?

E pian piano si è fatta strada questa riflessione: ogni fede “intonsa” è falsa…

… perché salta la storia, cioè la temporalità e la carnalità, che sono i due ingredienti imprescindibili della nostra vita.

Così imprescindibili che Dio – quando ha voluto farsi conoscere definitivamente da noi – li ha assunti: si è fatto come noi, temporale e carnale.

La “temporalità” non vuol dire solo che il tempo passa, che si cresce, si matura, si invecchia e poi si muore… certo, anche questo: ma soprattutto vuol dire che per capire, per imparare, per abituarsi, per decidere, per valutare, l’uomo ha bisogno di tempo: un tempo in cui le sensazioni, le emozioni, i valori, le priorità, gli egoismi, gli slanci di gratuità sono tutti mischiati insieme come in un flusso – lento nell’insieme – ma con le varie correnti interne che vanno a velocità diverse – alcune velocissime, alcune al rallentatore.

Ecco perché – se non fosse troppo abusata – sarebbe proprio giusto ricordare la pertinenza della frase “ci vuole una vita…”…

… per imparare ad amare, ad esempio…

Cioè a far emergere da quel flusso una direzione che coincida con quella indicata da Gesù: dare la vita per…

Così come “carnalità” non vuol solo dire che siamo tentati da passioni erotiche o egoistiche… ma vuol dire che la nostra vita è un impasto di libertà (un amico diceva il 2%) e biologia, chimica, fisica…

Un impasto! Cioè non si può pensare che la nostra libertà sia separata dal restate 98%, ma che è la capacità – che solo l’uomo su questa terra ha – di indirizzare quel 98% verso qualcosa di diverso… che scegliamo noi!

Come dire: scegliamo chi essere, scegliamo che carne essere, cosa farne della nostra carne – che è la cosa più bella che abbiamo, perché senza di lei semplicemente non ci siamo, non esistiamo (tant’è che la fede cristiana proclama di credere nella risurrezione della carne e non dalla carne, come qualcuno – sbagliando – recita a messa e vive nella vita).

Ed è così che Pietro, che nella lettura di oggi dice una cosa strepitosa («Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»), tanto che Gesù lo loda e lo istituisce guida della Chiesa («Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»), è poi anche quello che lo rinnega e poi anche quello che prende per mano davvero la prima Chiesa e poi anche quello che non capisce l’apertura di Paolo verso i non ebrei, ma poi però – dopo una gran discussione (raccontata in At 15) – gli dà retta e poi va a finire sulla croce…

Davvero Pietro è da prendere da esempio nella sua fede non intonsa, non falsa, ma tanto storica e perciò vera.

Che vuol dire smetterla…

… di credere di essere cattivi credenti perché non abbiamo fedi indefettibili, pure e sempre sorridenti…

O … di far la fine di chi smette di credere perché pensa di non essere all’altezza…

Ma finalmente convincersi che essere veri cristiani significa essere veri umani…

… ricordando che se ci vien facile dire che chi ammazza, violenta, percuote è disumano…

… forse lo è molto di più convincersi che chi ammazza, violenta, percuote non è uomo.

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