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sabato 25 luglio 2009

La condivisione moltiplica, non diminuisce il dono!

Condivisione
La liturgia della chiesa sospende la lettura del vangelo di Marco e per le prossime cinque domeniche sposta la nostra attenzione sul VI capitolo del vangelo di Giovanni. Un lungo e vivace dibattito animato da diversi personaggi: la folla, i giudei, il gruppo dei discepoli e i dodici. Al centro, protagonista, Gesù, il pane della vita! Come prima, con Nicodemo, il “nascere di nuovo” e poi, con la Samaritana, “l’acqua zampillante”, Gesù gioca sul fraintendimento tra l’uso normale della parola e l’uso simbolico, che rimanda ad un altro significato vitale di cui il primo è segno... e che, alla fine, è il rapporto di salvezza con Lui stesso, Gesù! Dunque la stessa domanda centrale del Vangelo di Marco: chi è Gesù? Ripresa però quando già tutti i vangeli erano stati scritti, la comunità di Gesù aveva ormai fatto un lungo cammino tra successi e difficoltà, conflitti e persecuzione, con una comprensione del mistero del Signore risorto molto più approfondita e completa. Ma come è avvenuta questa ulteriore comprensione della verità, che Gesù aveva preannunciato, donandoci il suo stesso Spirito come accompagnatore? Attraverso la riscoperta delle Scritture provocata dagli eventi complessi e contraddittori della storia, alla luce di quanto Gesù stesso aveva detto e fatto, perché “di Lui le Scritture antiche parlavano”, di lui parlano anche tutti gli eventi e tutte le cose, sia quelle naturali che quelle elaborate dal fervore creativo dell’uomo, perché ”tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”.
Eliseo profeta: la condivisione moltiplica, non diminuisce il dono
L’episodio parte da un gesto di generosità che intende onorare il profeta con un dono: venti pani, frutto del nuovo raccolto:, un gesto di riconoscenza a Dio e all’uomo di Dio, insieme! Ricevendo il dono, Eliseo ordina al servitore di condividerlo con tutta la comunità (forse il gruppo dei profeti suoi discepoli), suscitando la sua meraviglia, poiché i pani sono vistosamente insufficienti per tanti commensali. Ed ecco la solenne proclamazione della Parola del Signore: «ne mangeranno e ne lasceranno». La “Parola” si avvera e diviene fatto. Tutti ne mangiano e ne lasciano ancora in avanzo. La Parola di Dio si manifesta nella sua pienezza: non è parola vuota, e nemmeno semplice riconoscimento e comunicazione, ma produce quanto proclama, è parola efficace! Parola ed evento si legano misteriosamente, per cui la parola diviene fatto e il fatto parola. Questa esperienza è vissuta e tramandata come viva indicazione della strada della salvezza: il Dio d’Israele, attraverso la sua Parola, apre la strada di salvezza efficace per il popolo di Israele, se gli sarà fedele. Cioè se, appunto, crederà alla forza invincibile della sua Parola e la seguirà con amore senza riserva.
tanti secoli dopo...
...i discepoli di Gesù si trovano in un simile frangente, in proporzioni ancora più grandi. E non sanno come affrontare la responsabilità di tutta quella folla affamata. La sfida è oltre ogni misura: cosa sono, infatti cinque pani d’orzo e due pesci, dinanzi a quella moltitudine di affamati. Il racconto di cosa succede (l’unico tra i miracoli di Gesù che è narrato da tutti gli evangelisti – e per sei volte), in Giovanni, ancor più che negli altri vangeli, mette al centro Gesù. È Lui che vede il bisogno della folla, che attira l’attenzione dei discepoli e che poi – addirittura! –distribuisce il pranzo. Tutto è orientato verso Cristo; non solo per sfamare la folla senza risorse e senza denaro, ma per imbandire un vero banchetto. Alla gente viene ordinato di sedersi e il verbo usato è, appunto, quello dell’accomodarsi a mensa: ma si tratta ben più che di soddisfare la fame di un momento, come si può vedere da ... i tre passi con i quali si avvia ormai al mistero eucaristico: Ma tutto è preceduto dalla domanda tragica, incessantemente ripetuta da quando l’uomo è sulla faccia della terra – fatta propria da Gesù stesso: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?» e poi dalla successiva riflessione della voce fuori campo, che è la voce per noi, per tutti i tempi: diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere e infine la fuga solitaria sul monte!.
1. ... per metterlo alla prova
È questo il problema della storia ... o del senso della fede nella storia. Cioè della fede nel mezzo delle vicende della vita, dei legami affettivi, economici, politici in cui siamo avvolti e coinvolti... che ci interpellano, ci provocano, “mettono alla prova”l’autenticità del nostro rapporto con Dio, “mettono alla prova” la fede stessa di Gesù, che è il prototipo della nostra. Gesù conosceva le Scritture, conosceva l’esperienza dei profeti nel tentare di capire il senso della storia e la Parola di Dio che la illumina. Aveva provato sulla sua pelle le tentazioni del deserto! Conosceva l’esperienza del profeta Eliseo, in questo caso di particolare somiglianza, nella provocazione ad affidarsi alla parola, la quale afferma che distribuire il poco che abbiamo è moltiplicare – contro ogni logica aritmetica. E Gesù assume questo antico “vangelo” profetico, che sfida le misure entro le quali l’uomo è imprigionato dalla paura e rinnova l’efficacia della parola: distribuisci i pochi pani che hai alla moltitudine e ne avanzeranno! Si accende un circolo luminoso tra la provocazione della storia, che ripropone in forme sempre nuove la fame ancestrale dell’uomo e lo sbilanciamento verso l’antica Parola già risultata efficace per la fede dei nostri Padri. E avviene il miracolo definitivo in Gesù! Cioè il “segno” su cui fondare la nostra fede, per farci ripartire, nelle vicende della nostra vita, con lo sbilanciamento verso la Parola nonostante l’angustia e la paura che l’insufficienza dei mezzi a disposizione induce nel cuore. L’andamento del racconto è paradigmatico: la moltiplicazione avviene solo dopo la divisione e la con/divisione del pane avviene solo dopo che un «piccolo» mette a disposizione di tutti le sue minuscole risorse. Quei poveri, piccoli pani si moltiplicano man mano che si dividono! Finché ne vollero... furono saziati È l’abbondanza promessa dai profeti per il tempo della compiutezza di ogni attesa – il banchetto escatologico di tutte le genti. Quindi mai compiuto storicamente, verso cui dobbiamo con fatica camminare, un banchetto di incessante fede operativa. Senza illusioni miracolistiche o derive populiste di un nuovo potere che domini la gente, sfruttandone la fame!
2. ma ... egli sapeva quello che stava per fare...
...non solo sapeva il segno che avrebbe illuminato per un poco la folla, ma come subito la folla ne sarebbe ammaliata. Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Il circolo della fede si è appena acceso e già la tentazione del potere lo insidia e vuole requisirlo. Infinite volte nella storia della nostra fede di chiesa e di singoli discepoli del Signore scatta questa trappola. È qui il punto più delicato di tutto il discorso di fede, nella stessa vicenda umana di Gesù, tra la fame che “mette alla prova” la nostra fede e ci fa dubitare di Dio e la tentazione di sfuggire il problema proiettandolo alla fine, dopo la storia. “Questa folla che vuole fare re” l’uomo del miracolo è dominata dall’istinto di potenza: avere un capo che assicura il pane miracolosamente sembra la soluzione del problema, ma priva l’uomo della sua libertà responsabile. Gesù si ritira, fugge. Non vuole servi, ma amici. Fugge dalla storia? perché la storia, nel concreto suo divenire, è una lotta per raggiungere il pane, per raggiungere la giustizia economica. Gesù in questo momento è isolato, non c’è! Egli va ad occupare e preoccuparsi, per così dire, dell’orizzonte ultimo e sembra essere assente dalle tappe del cammino storico. Non accende, forse, così facendo, luci ambigue sugli obiettivi estremi della storia, lasciando però al buio il presente? Proprio per rispondere a questi interrogativi non possiamo non tener conto dell’evoluzione culturale avvenuta all’interno della coscienza dell’umanità. Gli eventi degli ultimi secoli hanno mutato la comprensione che l’uomo ha di sé. Sono emerse possibilità nuove culturali e tecnologiche che investono con imprevedibili provocazioni (mettono alla prova!) la fede cristiana e la sua natura profetica. Il messaggio profetico è tale proprio perché, pur espresso in formulazioni di una data cultura, le supera e man mano che la storia illumina possibilità nuove, domanda nuove sintesi, apre nuove strade. E ripropone al discepolo la forza e il fermento della fede di Gesù e del suo amore... Chi pensava nel mondo antico ai poveri, cercava di alleviare la loro miseria e li assisteva con amore, senza mettere in discussione l’assetto socioeconomico stesso della società che produceva quei poveri – ritenuto sostanzialmente “naturale”, immutabile, pur con tanti limiti provocati dall’egoismo. Oggi è impensabile! e da un secolo ormai la chiesa cerca la strada per combinare la profezia evangelica, schierata coi poveri e la struttura socioeconomica che è la vera causa della povertà.... Fino alla recente enciclica: Caritas in veritate, che è un’articolata analisi storica proprio di questo sforzo del Magistero di capire e illuminare il dramma tragico della società moderna che ha a portata di mano un’opzione unica nella storia : la possibilità “tecnica” di saziare la fame di pane dell’umanità, senza trovare la volontà politica di attuarla.
3. “il profeta”... senza il potere che la gente vuole, sarà mangiato come pane!
La folla non si sbaglia su di lui, quando pensa che Gesù «è davvero il profeta che deve venire nel mondo», che inaugura i tempi messianici imbandendo un banchetto gratuito e abbondante, come promesso dai profeti antichi. Ma cade subito nell’ambiguità della tentazione del potere miracolistico – che deturpa l rapporto tra Dio e l’uomo. Giovanni ripensa e centra il punto nevralgico dell’avventura umana del Cristo: l’ora in cui l’umiliazione di Dio coincide con la manifestazione della sua gloria “paterna”, cioè il paradosso della salvezza divina nell’impotenza umana – l’ulteriorità seminata nella morte della carne, la quale diventa, da cuore fragile della logica mondana, luogo segno e mezzo di resurrezione e vita eterna (chi mangia la mia carne…). Di certo si intravede già il cuore del mistero eucaristico che insieme travolge Gesù e salva il mondo, ma con questa drammatica premessa pregiudiziale: non ci si può avvicinare autenticamente ad esso, se non passando prima attraverso il problema della fame “fisica e storica” dell’umanità abbandonata nel mondo, che rende ambigua e avvelenata ogni offerta eucaristica sull’altare.

1 commento:

maria sole ha detto...

Parole sempre vive, che ti parlano, ti smuovono dentro, per mai dimenticare, per fare memoria continua e che resistono, grazie a Dio, anche per merito di questo blog.

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