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venerdì 18 marzo 2011

Anatomia di un disastro: le menzogne strutturali


L’articolo di Carlo Bonini, qui sotto, che ho tratto da repubblica.it, fa la cronistoria delle menzogne (sempre a fin di bene, per non allarmare la popolazione! – lo dico ironicamente) del governo giapponese e della società che gestisce gli impianti e della società statale di controllo. Tutti mentono!

Dall’articolo però si potrebbe trarre la conclusione che da noi queste menzogne non accadrebbero. Falso! Quando gli incidenti dei reattori accaddero negli USA e in Francia, come in Gran Bretagna e altrove… tutti mentirono a loro tempo! Anche gli USA e la Francia che qui fanno la figura di guardiani della trasparenza. A suo tempo il governo francese, mentì persino sulla estensione e sul livello delle radiazioni di Chernobyl in territorio francese, i cui cittadini al nord mangiarono allegramente frutta e verdura dei loro orti e campi, ignari del pericolo a cui andavano incontro!

Non è un problema di “onestà”: la menzogna è “strutturale” a questo sitema
Queste società che hanno come fine ovvio e di per sé legittimo di guadagnare dalle loro attività produttive, hanno tutto l’interesse a nascondere la propria (vera o presunta) inefficienza! Ecco perché mai è accaduto che una società di qualunque tipo, riveli subito al mondo gli “incidenti” sulla propria attività produttiva. Almeno fino a quando non ci scappa il morto e non si riesce a nascondere il cadavere. Da parte loro i governi e le agenzie di controllo, che hanno concesso le autorizzazioni necessarie all’attività lavorativa, e hanno il compito di vigilare al rispetto delle norme, soprattutto se riguardano un’attività delicata, tendono naturalmente a nascondere (fin che ci riescono) le proprie, seppur a volte indirette, responsabilità.

Una ragione in più, se ce ne fosse bisogno di mettere al bando ogni attività non solo nucleare che comporti, anche se ci fossero indiscussi vantaggi economici (cosa da escludere per le centrali nucleari ove i dati dei nuclearisti sono necessariamente manipolati in quanto non considerano né le spese stoccaggio e riciclaggio rifiuti, né le spese di dismissione della centrale: come dire la menzogna fin dall’origine) rischi per la popolazione. È chiaro che una tale decisione comporti la necessità di rivedere in profondità fine e forma del presunto progresso. Conoscete voi dei politici capaci di questa rivoluzione copernicana? Io no!

Nel giorno sei della Grande Paura, sostiene Washington e, nei fatti, Parigi, che Tokyo abbia sin qui nascosto la verità. Cosa è successo, dunque, e cosa può ancora davvero accadere nella centrale di Fukushima Daiichi? Di quali e di quante informazioni "privilegiate" il governo di Tokyo, l'agenzia nazionale per la sicurezza nucleare (la Nisa), il gestore dell'impianto (la Tepco, Tokio Electric power company) non hanno reso partecipe il mondo?

LO SCHIAFFO AMERICANO
Il pugno sul tavolo battuto dagli americani è storia di ieri. Ma a Vienna, già martedì sera, il giapponese Yukia Amano, direttore dell'Aiea (Agenzia Internazionale per l'energia atomica), mette da parte ogni diplomazia: "Abbiamo bisogno di maggiori informazioni, di più dettagli, di tempi più rapidi di comunicazione". Nelle stesse ore, il russo Iouli Andreev, uno degli specialisti che lavorò allo "spegnimento" del mostro di Cernobyl, è di una franchezza brutale. "So per esperienza - dice alla Reuters - che le autorità giapponesi sono in una situazione di tranquillo panico. Le loro parole e le loro azioni, come quelle della Aiea, dipendono dall'industria atomica, che richiede disciplina e burocrazia". Una "verità" che Kuni Yogo, ingegnere della "Japan Science Technology Agency", declina al New York Times in modo ancora più asciutto: "Il governo giapponese e la Tepco stanno svelando solo ciò che ritengono necessario".

È un fatto che l'agonia dei quattro reattori di Fukushima appare oggi non solo e non tanto la sgomenta presa d'atto di un incidente in divenire. Ma il progressivo svelamento di una verità che il governo giapponese e la Tepco intuiscono già nelle prime ore della catastrofe, ma provano ostinatamente a dissimulare. Nella speranza che quei reattori possano tornare sotto controllo prima che il mondo cominci ad averne paura.

EMERGENZA PRECAUZIONALE

Conviene dunque tornare alle 19.46, ora di Tokyo, dell'11 marzo. Sono trascorse cinque ore dalla scossa al largo del Pacifico e meno di quattro dall'onda di Tsunami. La Tepco sa che i sistemi di raffreddamento dei reattori 1, 2 e 3 di Fukushima sono fuori uso. È avvertita del rischio legato a un prolungato surriscaldamento del loro combustibile. La Tepco ha una storia di significativa opacità. Nel 2002, ha ammesso di aver falsificato negli anni '90 e '80 i test di sicurezza delle sue centrali (e tra questi quelli di Fukushima). Nel 2007, ha mentito sull'entità di una fuga radioattiva dalla centrale di Kashiwazaki-Kariwa dopo una scossa di terremoto. Anche l'11 marzo, non brilla per loquacità. In modo asciutto informa il Governo del "problema del raffreddamento dei reattori". Ma la circostanza, nelle parole che alle 19.46 pronuncia Yukio Edano, portavoce del premier giapponese, non appare neppure sullo sfondo. "È stata dichiarata l'emergenza nucleare a scopo precauzionale - spiega - Non c'è fuga radioattiva. La linea di evacuazione è di 3 chilometri dal sito". Nella notte, i toni si fanno ancora più rassicuranti. Perché se è vero che alle 21.55 fonti del governo ipotizzano già "una prima fuga radioattiva" dalla centrale, all'1 e 27 del mattino, la prefettura di Fukushima informa che per il pomeriggio del 12 marzo "i sistemi di raffreddamento dei reattori saranno nuovamente in funzione".

INCIDENTE DI LIVELLO 4
In realtà, nella notte tra l'11 e il 12, la Tepco sa che il sistema di raffreddamento dei reattori non ha nessuna possibilità di riprendere vita. Al punto che, nella mattinata del 12, il gestore avverte che nei reattori 1 e 2 il livello dell'acqua che copre le barre di combustibile è sceso per la progressiva evaporazione e che "un rilascio di materia radioattiva è possibile". La notizia è propedeutica allo sfiato controllato nell'atmosfera di vapore di idrogeno radioattivo che abbassi la pressione nei reattori. Manovra che il governo autorizza. Insieme al pompaggio nel sistema di raffreddamento di acqua marina e boro. C'è una prima esplosione che scoperchia l'edificio del reattore 1. Ma a Vienna, la Aiea, sulla scorta delle informazioni che arrivano da Tokyo, rassicura. La sera del 12, quando in Giappone è ormai la mattina del 13, un comunicato annuncia infatti che "la Nisa ha classificato l'incidente di livello 4 della scala Ines. Con conseguenze locali".

IL NERVOSISMO FRANCESE
C'è un'oggettiva incongruenza tra le rassicurazioni di Tokyo e le misure che il governo dispone sul terreno. Il 13 marzo, l'area di evacuazione intorno alla centrale sale a 20 chilometri e comincia la distribuzione di pillole di iodio alla popolazione. Mentre alle 11 del mattino del 14 marzo un'esplosione scuote l'edificio del reattore 3. È la prova che a Fukushima, a distanza ormai di tre giorni, le operazioni di raffreddamento dei reattori, non hanno prodotto nessun effetto. Ce ne sarebbe per rivedere il giudizio sulla classificazione dell'incidente. Ma le autorità giapponesi non tornano sui propri passi. Neppure la mattina del 15 marzo, quando si liberano due esplosioni dai reattori 2 e 4. Il primo ministro Naoto Khan ne viene informato dalla stampa e, pubblicamente, mostra la sua furia con la Tepco: "Vorrei sapere che diavolo sta succedendo". Quindi, aggiunge: "Il rischio di fuga radioattiva sta crescendo".

LA VERITÀ VIENE A GALLA
È Parigi, allora, a decidere di bucare la bolla di dissimulazione. Il livello di radiazioni registrate nella centrale il 15 marzo - i primi a essere diffusi - documentano 400 millisievert l'ora. Duecento volte la dose che un essere umano assorbe naturalmente nell'arco di un anno. Di più: i francesi, sulla base di proprie informazioni (hanno un team della Protezione civile a Sendai), ritengono di poter affermare con sicurezza che il nocciolo e il combustibile di almeno due dei tre reattori "è danneggiato" (circostanza che i giapponesi confermeranno solo nelle 24 ore successive). Che l'esplosione dell'edificio che ospita il reattore 4, in corrispondenza della piscina di decadimento del combustibile esausto aggiunge un nuovo elemento di assoluta criticità. Che, come era possibile prevedere, la catastrofe ora si allarga anche a quei reattori che pure erano in manutenzione al momento del terremoto. "È un incidente di livello 6". È la verità, appunto. Che, ora, anche i giapponesi cominciano ad ammettere.

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