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domenica 17 aprile 2011

La solitudine dell'Amore

Klaas Muller, "Ecce Homo"
Scuola fiammingo-italiana, metà XVI secolo, olio su tela
Brussels Antiques & Fine Arts 2009

Commento alle letture liturgiche della Domenica delle Palme (Anno A)
Le parole che abbiamo ascoltato sono il cuore della stessa storia umana. Gesù Cristo appare qui veramente la chiave per comprendere tutta la Scrittura e tutta la Storia. E tutto ciò che Gesù Cristo ha detto e fatto, trova qui, nella “sua ora” un senso compiuto.

Io però vorrei soffermarmi solo su due figure apparentemente marginali nel racconto: il centurione e la moglie di Pilato. Perché a ben guardare ci rivelano qualcosa che è centrale nella nostro cammino di fede. D’altronde questa è la dinamica presente in tutta la Bibbia e il Vangelo: solo gli ultimi – coloro che sono considerati “ai margini della società” – colgono la verità che sta loro di fronte…

“Davvero costui era Figlio di Dio!”
Il centurione – il suo essere boia lo evidenzia – ci dice che l’unico luogo adeguato per dare risposta alle nostre domande è “stare dentro la crocifissione”… Esserne dentro, vuol dire né prima, né dopo (troppo rapidamente “saltiamo alla resurrezione”), e ben oltre il devozionale “stare ai piedi della croce”.

Perché solo collocandosi nella Passione, possiamo posizionarci nell’unico punto di prospettiva che ci consenta di giudicare e ci comprendere la totalità della nostra esistenza. Questo significa il suo grido: “Davvero costui era Figlio di Dio!”

Accade invece che noi “di norma” ci poniamo di fronte ai grandi problemi dell’esistenza, personali e collettivi, a partire dal nostro centro esistenziale, dalla nostra condizione umana. Senza però accorgerci di ciò che ha di menzogna. Allora tutte le nostre domande che pretendono risposta, sono false, perché falsa è la posizione da cui partono. E necessariamente false sono anche le nostre risposte.

Gesù invece ci parla sempre – fin dall’inizio del Vangelo – all’interno della prospettiva della sua Croce. E così fanno gli Apostoli che lo annunciano… Perché solo “da lì” è possibile cogliere e accogliere il mistero e comunicarlo. Essere suoi discepoli vuol dire “rivivere”, in qualche modo, questa Croce.

“Perché mi hai abbandonato?”
Tra Gesù che entra liberamente nell’ombra della croce e tutti i protagonisti della Passione, c’è come una distanza, un muro. Il sonno degli apostoli, il suo ripetuto silenzio, il tradimento di Giuda e lo stesso amore di Pietro che la paura trasforma in tradimento, sono mostrati come lo specchio della nostra autentica condizione umana, rivelando noi a noi stessi. Nella Passione di Cristo, la verità della nostra menzogna si manifesta come una luce improvvisa e dal suo buio tutto ci appare chiaro: il potere, la passione politica, la menzogna, la paura, persino le cose che noi consideriamo belle come l’amicizia ci si manifestano omicide perché nostre! Le nostre passioni sono inadeguate a trovare una risposta all’esistenza e come il centurione, con tutte le nostre buone intenzioni di servire il bene, siamo costretti a riconoscerci “boia”. Per questo Gesù appare, rispetto alle nostre dinamiche, sempre dall’altra parte: Solo!
E la solitudine in cui l’abbiamo confinato ci mostra chi è l’uomo vero e che cosa rende l’uomo vero: “Davvero costui era Figlio di Dio!” ci ricorda che non si è uomini veri se non si è figli di Dio così!

La solitudine di Gesù paradossalmente rivela non la sua, ma la nostra autoreferenziale solitudine.
La sua solitudine invece nasce dall’estrema comunione con coloro che lo abbandonano, lo tradiscono, lo torturano e lo uccidono… Tutti Gesù vince con le “mani disarmate” dell’amore sconfitto: “Rimetti la tua spada al suo posto” dice a ogni discepolo, a ogni integralismo.

Mani così disarmate da esserlo anche davanti a Dio, rifiutando di far valere davanti al Padre, il suo “essergli Figlio”, come invece gli chiedono fin sotto la croce coloro che vorrebbero “salvarlo” e “salvarsi”: l’autoinganno di molti discepoli che vogliono “salvare” la Chiesa e il Vangelo, si protrae nella storia…
Il grido “perché mi hai abbandonato?” non è una richiesta di intervento divino (il Padre non potrebbe non esaudirla!), ma è una manifestazione di una “scelta di stato” di chi, persino da Dio, si lascia abbandonare, “tradire” e consegnare a una storia di morte.

Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito
Perché amare, amare veramente conduce alla solitudine: perché chi più ama più sente la falsità delle verità costruite per zittire le coscienze in facili risposte… e infatti Gesù tace! E Dio con lui.
E ci si scopre soli, impotenti, privi di potere adeguato a cambiare la storia dell’odio… Chi ama, vive nella solitudine di un sogno apparentemente irrealizzabile.

Ma avendo Gesù creduto a questo amore impotente noi non possiamo esimerci da un confronto con lui per cogliere la verità di ciò che siamo e di ciò che siamo chiamati ad essere.
Per questo essere cristiani vuol dire imparare a non mentirsi, facendo finta che il mondo abbia senso perché abbiamo imparato a memoria le risposte del catechismo. Perché una fede che non sa giungere fino alla oscurità della Croce è una fede che fugge se stessa. La morte, come inesorabile fatalità incombe su di noi e non c’è risposta che tenga se non quella che ci viene dalla totale solitudine della Croce.

Questa è la vittoria della risurrezione, che seppur raccontata dopo, è un mistero all’interno alla stessa crocifissione (E. Balducci). Mentre noi troppo spesso come Pietro diciamo per paura “il Vangelo non sempre si può applicare” anzi “è meglio non conoscerlo”: questa è la vera ragione perché “non troviamo mai il tempo” di studiarlo.

Il sogno di Maria, oggi!
E “lo spessore” di questa fede Matteo lo mette in bocca alla moglie di Pilato: “Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua”. Ma quand’è che la gente dà ascolto alle visioni (sogno e visione sono sinonimi nella bibbia)? Di una donna poi! (E. Drewermann). E infatti Pilato non le diede ascolto! Come non le daranno ascolto i discepoli il giorno di Pasqua… E noi con loro…

Eppure la fede è credere in un’utopia, credere in quell’amore impotente nel quale Gesù si consegna. Questa sogno che turba la moglie di Pilato in Matteo, è “coerente” con la visione che ha turbato Maria in Luca (Lc 1,28s). Di Maria conosciamo il contenuto del sogno: “Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.
Non mi sembra che il racconto della Passione confermi questo sogno… per ora…

Ecco cos’è la fede: è credere e continuare a credere in un sogno fatto a una donna, nonostante la storia sembri smentirlo. La fede è vivere nella solitudine della Croce continuando a credere al sogno di Maria. E la Pasqua ci sveglierà (Gv 11,11!) non più soli!

1 commento:

maria sole ha detto...

Grazie del non sentirmi mai sola quando leggo i tuoi commenti.

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