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domenica 31 luglio 2011

Oltre la rassegna(a)zione: ascoltare la Parola per vivere da liberi



Abbiamo davanti agli occhi, la fatica quotidiana per riuscire ad arrivare alla fine del mese. Conosco gente che oramai per vivere, per riuscire a mantenere il suo tenore di vita (quello cioè che il “sistema” gli impone come dignitoso per sé e “solo per sé”), si sente “obbligata” a fare tre lavori. Uno ufficiale, l’altro di frodo quando capita, il terzo in permanenza, anche al bar, come venditore occasionale di cose tanto inutili quanto credute indispensabili.

Forse oggi riusciamo a capire meglio il grido di ben 2500 anni fa, di Isaia e ribadito da Gesù e dai cristiani di ogni tempo: solo un mondo fondato su una autentica giustizia (quella del Padre) rende possibile un equo sostentamento materiale e quindi un’autentica “adorazione”.

Abbiamo creduto che per poter vivere la vita concreta di ogni giorno, le sue leggi e le sue regole, dovessimo ignorare quelle evangeliche, come se queste appartenessero a un mondo ideale (e irreale) proprio di “persone speciali”, come i religiosi o i santi e che non potevano essere vissute da “uomini umani” (Pasolini). Ci rendiamo conto oggi più che mai, che invece quando l’ideale evangelico è ignorato, diventa vano ogni tentativo di attuare ciò che è umano. A furia di ignorare il Vangelo “perché impossibile da vivere in questo mondo”, ci stiamo rendendo conto che le leggi di questo mondo (anche la semplice buona educazione!) sono impossibili da vivere senza il Vangelo.

Un’economia (con tutto quello che la compone, formule finanziarie comprese) crea veramente profitto solo quando al proprio interno sono compresi i principi fondamentali del Vangelo. Solo la gratuità della charis rende possibile il profitto! Altrimenti quello che si produce non può che essere continua perdita anche per i pochi che si illudono di arricchirsi solo perché possiedono più degli altri.

C’è un nesso inscindibile tra economia e fede e spiritualità… Tra libertà religiosa e libertà economica: senza questa non c’è quella. Mosè, Isaia, Gesù, Paolo e i primi cristiani, Francesco e Gandhi… l’avevano capito! Cosa aspettano i cristiani se non a testimoniarlo almeno a riconoscerlo?

La vera fede è solo quella capace di costruire una nuova economia dove ciascuno possa uscire da un vano agitarsi (nei vari Egitto, Babilonia… e Pomigliano… sparsi nella storia) per poter finalmente trovare l’autentico frutto del proprio lavoro: Qui non ci sono luoghi da citare… né serve che ci siano delle “città di Dio” perché è il pianeta intero ad essere chiamato a risorgere e non una sua parte!

Come?
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.  Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene.

Il primo movimento è la compassione… quella di Dio che si manifesta concreta in Gesù Cristo, non quella effimera di una smemorata emozione che dura il tempo di un Tg o di una “pacca sulle spalle”.

Il secondo movimento è non aspettare di avere a sufficienza per cominciare a dare, spezzando la logica (dis)umana di un’economia individualista (vadano a comprarsi da mangiare), per condividere il niente che abbiamo. Per poter cominciare a condividere finalmente il necessario e non il superfluo. Ché, se superfluo, non serve (a) nessuno!

Il terzo movimento è uscire dalle dinamiche sacralizzanti che riducono il brano evangelico (nella quasi totalità dei commenti) a una prefigurazione e preparazione dell’istituzione dell'Eucaristia. Semmai – come il racconto dell’Ultima Cena di Giovanni intende – è il contrario: è l’Eucaristia – e quindi la Croce – ad essere prefigurazione e preparazione e costruzione di un’azione divina nella storica che cambi il modo e il mondo delle nostre relazioni economiche (notare che non ho scritto “ancheeconomiche”: perché persino l’amicizia si fonda su una dimensione esistenziale che permetta una relazione economica gratuita. Infatti le amicizie economicamente interessate non sono amicizie! Da ciò si può capire come la dimensione economica – come quella politica e religiosa – è una dimensione trascendentale che comprende tutto l’uomo e il suo agire).

Solo così “celebrare l’Eucaristia” non si riduce a una messinscena, vuota di incontri (nonostante lo sforzo di renderle solenniin un teatrale e spesso roboante quanto infecondo liturgismo), ma diventa un autentico celebrare la Vita Nuovache si è instaurata non solo nel nostro cuore ma anche nelle nostre tasche anche loro aperte come vasi comunicanti. E le nostre celebrazioni diventeranno allora il luogo dove si realizza e si manifesta al mondo intero la gioia evangelica di una solidarietà rinnovata che la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada e le vecchie e nuove ideologie xenofobe e “identitarie”, non potranno far altro che rinforzare, rinsaldare e rivitalizzare.

In questa chiave, tanto per restare ancorati alla nostra storia, non basta più, come ai tempi di Zaccheo, restituire quando si è legalmente rubato costruendo sull’ingiustizia la propria fortuna… E se si vuole anche dissolvere ogni dubbio sull’ennesima machiavellica furbizia, occorre cominciare a pensare e a costruire una economia che al suo interno abbia come profitto la capitalizzazione di ogni giustizia. Un astuto servitore del dio Mammona come GeorgeSoros se vuole fare ammenda veramente di aver usato la finanza come legale arma di distruzione di massa a proprio vantaggio, dovrebbe cominciare da qui. Questo sarebbe veramente restituire la dignità a chi è stata tolta… E ciascuno di noi, per niente estranei all’attuale catastrofe economica mondiale (con l’ingiustizia globale che ne consegue) per la parte che gli compete (più di quanto si pensi!), dovrebbe fare altrettanto. Cominciando, ad esempio, a istituire nelle nostre parrocchie una solidarietà economica che manifesti concretamente la comunione di fede tra di noi. E non passare il tempo a rompere questa comunione con giudizi sprezzanti sulla “non voglia di sacrifici” degli altri…

Se la fede nell’Eucaristia non arriva fin qui essa è mera alienante idolatria. Sì! anche l’adorazione eucaristica può essere idolatrica, perché nessuno si illuda, non basta che l’Eucaristia sia vera, per rendere vera ogni nostra sincera modalità di officiarla!

2 commenti:

maria sole ha detto...

Nel mio piccolo, molto in piccolo, il mio credere, il mio essere discepola è come una spremitura di un arancia biologica colta dal tuo stesso albero.
Un abbraccio

greg50 ha detto...

Ciao Mario, non ti leggevo da un po': ben tornato! Sono d' accordo con quanto scrivi nei contenuti e nel tono. In particolare sulla 'sacralizzazione' dell' Eucaristia che quasi vuol nasconder la Croce. Il 'pane degli angeli' è più tranquillizzante e dopo l' adorazione, pur sincera ed esemplare, tutto resta come prima. E mi vien da dire, forse banalmente, che si continua a morire nel Corno d' Africa e nelle altre tante, troppe parti del mondo. Greg50 Vedo che il Carisma Carmelitano è ben vivo e questo mi riempie il cuore....

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