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martedì 2 febbraio 2016

V Domenica del Tempo Ordinario


Dal libro del profeta Isaìa (Is 6,1-2.3-8)

Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 15,1-11)

Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 5,1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

 

Continuiamo con la lettura del vangelo di Luca, l’evangelista di quest’anno.

Domenica la liturgia ci propone il brano di vangelo che narra l’incontro di Gesù con i suoi primi discepoli, in occasione di quella che diverrà nota come “la pesca miracolosa”.

Ciò che ha attirato la mia attenzione questa settimana sono alcune espressioni usate dai protagonisti in questa vicenda.

Innanzitutto la constatazione di Pietro, quando Gesù gli suggerisce di prendere il largo e gettare le reti: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla».

Quando Gesù si imbatte nelle persone, la sua proposta è sempre una proposta vitale, che suscita energie positive, che muove a rientusiasmarsi per l’esistenza: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca».

La risposta di Pietro, come credo potrebbero essere le nostre, rimanda invece ad una disillusione: tutta la notte (cioè tutta la vita) abbiamo faticato invano… Ci abbiamo provato davvero, e non per modo di dire, a vivere intensamente e con speranza la vita, ma il risultato è stato deludente… che fatica…

Pietro però aggiunge qualcosa: «ma sulla tua parola getterò le reti». Pietro cioè fa la scelta di ri-fidarsi della vita, nonostante la disillusione, la stanchezza, la mortificazione delle speranze… Torna a fidarsi della vita, che gli si presenta nelle vesti di Gesù, quel rabbi in cui ha intravisto qualcosa di promettente. Si fida della sua parola. E il risultato è sorprendente: un pieno di vitalità che contrasta fortemente con la desolazione precedente.

L’evangelista Luca pare suggerirci allora – attraverso questo episodio – cosa accade quando ci si imbatte in Gesù di Nazareth: ci raggiunge nelle nostre vite affaticate e deluse, ci fa una proposta che promette un’iniezione di vitalità e mantiene le sue promesse: «presero una quantità enorme di pesci».

Ma non si tratta di una magia estemporanea, un’euforia passeggera che a breve ci rigetterà nella mediocrità delle nostre sterili fatiche: è un’iniezione di vitalità che apre possibilità nuove, che abilita a fare passi inaspettati, ad instradarci in percorsi insospettati: «d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

Chi si lascia fare da Gesù (cioè chi si fida della sua Parola) la puntura di vitalità che propone (l’iniezione del suo spirito nelle nostre vene) diventa capace di trasformarsi da pescatore di pesci a pescatore di uomini, cioè diventa uno che può tirar fuori dal mare (cioè dal male) gli altri uomini. La sua iniezione di vita diventa contagiosa.


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