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martedì 9 febbraio 2016

I Domenica di Quaresima: Le tentazioni secondo Luca


Dal libro del Deuteronòmio (Dt 26,4-10)
Mosè parlò al popolo e disse: «Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 10,8-13)
Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».
 
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 4,1-13)
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la dò a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
 
In questa Prima Domenica di Quaresima, la Chiesa ci propone il brano delle tentazioni secondo l’evangelista Luca.
È un testo con cui abbiamo già avuto a che fare molte volte e sul quale già è stato detto molto. Quest’anno vorrei concentrarmi su uno dei tanti punti di vista da cui questo testo può essere guardato, ed in particolare provare a guardare alle tentazioni di Gesù come al messia che avrebbe potuto essere e che, invece, ha scelto di non essere.
Dietro a questo approccio restano sullo sfondo due questioni fondamentali per tutto il Vangelo: chi è Dio e che dio ha deciso di non essere; che uomo decido io di essere e dunque che tipo di uomo decido di non essere.
Ma torniamo al testo.
La prima tentazione secondo Luca è «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane».
Gesù cioè avrebbe potuto essere il messia che fa le magie, quello che affronta e risolve i problemi della vita (la fame è quello primario per ciascun uomo) attraverso prodigi.
Come ha ben messo in luce Dostoevskij nel Grande inquisitore (capitolo insuperabile de I fratelli Karamazov), in questo modo, Gesù avrebbe incontrato un grande – forse un indiscusso – consenso.
Eppure… avrebbe rinunciato a instaurare con l’uomo una relazione libera. L’uomo l’avrebbe sì seguito, gli avrebbe dato ascolto, avrebbe fatto tutto quello che Egli voleva. Ma non per amore, bensì per il pane, per vedere soddisfatti i propri bisogni.
E Gesù ha deciso di non essere questo tipo di messia.
Dovremmo farci interpellare molto da questa sua scelta: troppo spesso noi abbiamo instaurato e continuiamo a instaurare con lui una relazione che ha queste caratteristiche: gli chiediamo di intervenire nella storia per risolverci i problemi (dai più sciocchi “Fammi andar bene l’interrogazione” ai più seri “Fammi guarire dal tumore”) e siamo disposti a fare di tutto in cambio dei suoi prodigi (quanti voti, quante preghiere, quante rinunce…). Ma, ponendoci in questo atteggiamento, ci stiamo rivolgendo alla persona sbagliata: Gesù ha deciso di non essere questo tipo di messia. Il Dio che ci ha fatto conoscere non è un dio così e non vuole uomini così.
La seconda tentazione, secondo l’evangelista Luca, suona in questi termini: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la dò a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo».
Gesù cioè avrebbe potuto essere il messia che domina, con potere e gloria, il mondo, rinunciando ad essere figlio del Padre e adoratore del divisore (diavolo vuol proprio dire “colui che divide”). In gioco non ci sono le accuse medievali di adorazione del demonio; qui il diavolo è una figura letteraria che serve per esplicitare le tentazioni e che non a caso Luca chiama “diavolo” (divisore) e a cui non a caso fa dire «se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo»: infatti ciò che “sarà suo” è il potere e la gloria, cioè ciò che di più divisorio esiste al mondo, come mirabilmente ha colto anche De Andrè: «Non ci sono poteri buoni». Il potere infatti divide sempre il mondo tra chi non ce l’ha e chi ce l’ha. Non può esserci il “potere di tutti”, altrimenti non è più potere.
Gesù ha perciò rifiutato di essere il potente che decide per gli altri, che fa andare bene le cose con l’imposizione, l’autorità, con la sua scelta. Fosse pur stata una scelta buona, una decisione giusta, il solo fatto che venisse imposta la rendeva coercitiva. Ma come dirà altrove, Egli non voleva servi, ma amici e gli amici si conquistano nella storia delle libertà, non con la forza.
Anche questa tentazione dovrebbe interpellare da vicino la nostra relazione con Lui: quante volte ci siamo riempiti la bocca di “fare la sua volontà”, interpretando la parola “volontà” assimilandola a quella di un imperscrutabile sovrano, che non comprendiamo, ma che sicuramente – se ci obbliga – ci obbliga per il nostro bene? Ci siamo costretti e abbiamo costretto altri dentro a dinamiche di potere, di coercizione, di soffocamento, di mortificazione, di sudditanza attribuendo questo atteggiamento alla volontà di Dio, mentre suo figlio, quel modo di essere “Signore” lo aveva rifiutato in nome di una relazione diversa con gli uomini.
La terza e ultima tentazione è infine: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». È la più subdola e la più pericolosa: se la prima riguarda l’economia (il pane) e la seconda la politica (il potere), la terza riguarda la religione (il volto di Dio). La figura letteraria del diavolo si fa infatti più raffinata e cita per ben due volte la Scrittura (cita la Bibbia, non qualche giornaletto porno!); e la cita per dire una cosa verissima e bellissima del Dio che il popolo di Israele aveva conosciuto: Dio è un custode.
Come se il diavolo dicesse: “non vuoi essere il messia delle magie, che cerca il consenso dell’uomo intervenendo nella storia risolvendogli i problemi; non vuoi essere il messia potente, che governando la storia col suo dominio può farla andare per il verso giusto; vorrai almeno essere il figlio di un Dio che custodisce?”. Il gioco del diavolo è quello di andare ad attirare Gesù dentro al suo territorio, di dargli ragione, di parlargli di un volto di Dio consonante a quello che Lui ha in testa: un Dio che non cerca consenso con le magie, un Dio che non vuole dominare la storia con la coercizione, un Dio custodente. Ma ecco il colpo dello scorpione: se è un Dio che custodisce, perché non ti butti giù e lo dimostri a tutti e prima di tutto a te stesso (che Dio è davvero così)?
Ma Gesù non si butta (così come non scenderà dalla croce), non accetta cioè di essere quel messia che dimostra come è fatto Dio, che ne dà una prova. Perché la dimostrazione, la prova, così come il pane e il potere impediscono di intessere una relazione personale, da cuore a cuore, da storia a storia, da libertà a libertà.
Anche questa tentazione, anzi, forse soprattutto questa, dovrebbe farci riflettere sulla nostra relazione col Signore: quante volte riduciamo la sua personalità ad uno schemino in cui tutto torna, quante volte citiamo la Bibbia solo in funzione di questo schemino e quanto poco lo lasciamo essere ciò che ha deciso di essere.

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