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venerdì 8 maggio 2009

Diventare suoi discepoli: il frutto della risurrezione


Sull’immagine biblica della Vigna converge il fascino dell’antica appassionata promessa di Dio di accudire l’uomo e insieme lo scoramento del cuore dell’uomo nel rifiuto di Dio o comunque nell’incapacità a intendersi con lui e dare frutti adeguati al suo amore! Piantare una vigna è una sfida di amore alla vita, al futuro, perché esige cura e passione, fa parte della casa e del pasto, si eredita come bene prezioso di famiglia, è luogo di lavoro e di incontro, di fatica e di gioia… per la vendemmia, il mosto, il vino! Ma la vigna è anche il luogo della delusione suprema di Dio e dell’uomo, il luogo del conflitto insanabile che porta all’uccisione del figlio del Signore della vigna, dopo lo sterminio dei suoi profeti (Mc12,1 e paralleli)! Dopo millenni, ancora, al nostro sguardo e alla nostra esperienza, rimane drammatico e insolubile il male nel mondo, ed ha ancora uno strascico tragico nella nostra storia l’antica disperazione di Dio, secondo il profeta: Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?... Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha fatto uva selvatica? Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi (Is 5,4ss). La vigna è uno delle grandi similitudini che Gesù ha scelto per dirci con linguaggio umano, nel contesto vitale della nostra cultura mediterranea, chi è lui per noi: “IO SONO” il pane, la luce, la porta, il pastore, la via, la verità … e la vita! Oggi ci dice: io sono la “vite” vera! come ci ha detto: io sono il pane vero ,la vita vera, il vero pastore… Per annunciare che in Lui finisce la storia dell’ infedeltà dell’uomo al suo stesso Padre, che l’ha piantato nel mondo. L’Agricoltore vede finalmente una vite fedele e feconda nel Figlio, nel quale tutti noi diventiamo, come discepoli, i suoi rami, la sua vigna – il popolo nuovo, redento e fedele per sempre
io sono la vera vite e il Padre mio è l’agricoltore!
Proprio per la sua densità di significato nel linguaggio biblico, la similitudine della vigna nel Vangelo di Giovanni contiene questa eccezionale garanzia: che da qualche parte, nel misterioso progetto di benevolenza di Dio, noi siamo radicati, vitalmente desiderati e legati da amore indissolubile, come nelle profondità della terra la vite è abbarbicata alle sue radici, che la nutrono e la fanno vivere. Non siamo orfani, isolati e abbandonati alla nostra sorte da un creatore inafferrabile e invisibile. Non siamo destinati a esaurirci nel nulla da cui siamo provenuti. Ma ancor più! L’annuncio (il Vangelo) che si fonda su questa garanzia di un legame vitale, va ben oltre. Tutta la vita di Gesù e la sua predicazione è mirata a coinvolgere l’uomo in questo progetto del Padre, realizzato finalmente nel Figlio, mandato nel mondo per salvarci. La fede dei discepoli consiste nel prendere atto di questa sorgente vitale da cui proveniamo e “rimanere” saldamente connessi ad essa. Gesù ci implora che rimaniamo in lui (8 volte in positivo e in negativo), perché solo così la sua opera di salvezza si comunica ai discepoli, i tralci di ieri e di oggi. Solo uniti al figlio siamo anche noi intimi a Dio. Rimanete in me… allora io rimango in voi … perché senza di me non potete far nulla! L’esigenza è così vitale e discriminante che sembra una minaccia, ma si tratta di conseguenza non punitiva ma naturale, vitale, come è appunto del tralcio se si stacca dalla vite: non è la vite che lo punisce, ma presto gli mancherà la linfa e si seccherà. Tutto è contenuto in un’unità di progetto, di amore vitale, di dedizione: un attaccamento esistenziale reciproco tra noi e Dio, in Cristo, che ne fa il mistero centrale del mondo e della sua storia, la convergenza in lui di tutto ciò che esiste.
se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi…
Rimanere in lui non è un riferimento sentimentale, un simbolico legame di riconoscenza, ma una spinta propulsiva intima che sconvolge il cuore e la mente con un preciso nuovo progetto di vita, che è forza e modello insieme: lui e le sue Parole, lui e i suoi comandamenti, lui e il suo legame vitale al Padre. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui! Una comunione di assimilazione vitale interiorizzata dall’uomo, non una precettistica morale dall’esterno. Il discepolo si trova coinvolto attraverso questa comunione dinamica vitale, in un tessuto di relazioni vive, dove i personaggi della similitudine giocano ognuno il proprio ruolo, assumono un volto preciso nell’intreccio di amore, conoscenza e liberazione dell’uomo, che è il Regno di Dio, che cresce nella storia. Il Padre, è l’Agricoltore. Gesù, è la vite nuova nella vigna ostile del mondo. Noi, siamo i tralci chiamati a “divenire” suoi discepoli, proprio perché coinvolti e immersi nella dinamica di Cristo crocifisso e risorto, che si ripete e si comunica a noi. Lo Spirito, è il sigillo di garanzia di questa nuovo contesto di relazioni vitali, di cui dice la lettera di Giovanni: in questo riconosciamo che lui rimane in noi: dallo Spirito che ci è dato! La descrizione della presenza misteriosa di questo vitale intreccio trinitario nella nostra umile storia è descritta da Gesù con parole forti e insistenti, che possono apparire similitudini oscure, ma a chi si arrischia in quest’avventura fanno ben capire cosa gli sta avvenendo:
rimanere … in lui, anzitutto, nella sua parola, nel suo legame, che attraverso di lui ci collega al Padre. Rimanere nelle conseguenze talora dolorose della sequela del suo Vangelo. Ma rimanere anche nella scoperta progressiva e liberante che davvero quanto succede (e ci succede!) per quanto possa sembrare così avverso ed ostico, va ricompreso, pregato e vissuto come sua vera quanto imprevista risposta a ciò che chiediamo: Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. Non tanto perché esaudisca i nostri desideri, che la sua Parola ci rivela piccoli e di corto respiro, ma perché li dilata secondo le sue promesse, rimettendoci in cammino verso i suoi orizzonti e dilatandoci il cuore secondo le sue misure. E così finiremo per chiedere quello che vuole lui… ed essere quindi sempre esauditi noi che, man mano che cresciamo, sappiamo sempre meno cosa domandare, e ci affidiamo all’anelito del suo Spirito, che geme in noi l’attesa del Padre nostro!
potare – Gesù stesso è stato potato così drasticamente da morirne… e solo così è stato abilitato nostra guida e salvatore. La potatura fa piangere la vite… gli taglia ogni illusione di estendersi dove la linfa naturale la spingerebbe: delusioni, lutti, malattie, ma soprattutto contrasti e conflitti e … incomprensioni, proprio con coloro che camminano con noi, nella stessa fede. Per S. Paolo il tormento dell’incomprensione delle esigenze superiori della fede da parte di chi faceva chiesa con lui, è stata la scarnificazione incessante di una vita. Il più delle volte ci ribelliamo, cerchiamo di proiettare ogni colpa nei vari soggetti coinvolti e perdiamo l’occasione di vedere la mano del Padre che taglia, pota, lega e slega, per non lasciarci nascondere ed illudere dietro il nostro fogliame infruttuoso. Una mano, la sua, talora indiscreta, se taglia non solo il tralcio che non porta frutto, ma anche ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto! Anche le opere buone può essere bene che siano tagliate!
produrre i frutti : c’è infine una realtà, sottesa tacitamente a tutta la similitudine evangelica della vite ed essenziale nella realizzazione vitale del cammino del discepolo: la linfa! Cioè lo Spirito, con il quale il Padre e il Figlio si amano, che ci tiene in vita nel legame alla Vite e al Vignaiolo, lo Spirito che piange con noi nelle nostre potature, il vero produttore dei “nostri” frutti … Solo lui può verificare in noi (come ha fatto in Gesù!) che… non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. Così si avvicina la meta di ogni cammino: In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. La trasformazione che il rimanere in Gesù e l’accogliere le potature della storia, induce nel credente, lo fa “diventare” sempre più discepolo di Gesù. Vuol dire che sempre più si identifica (come il figlio) nella volontà del Padre, sempre più aumenta la sua disponibilità riconoscente ad accogliere nella vita i “diversi” progetti di Dio, che portano la salvezza al mondo… La preghiera diventa l’implorazione che attende e che fa … il Nome – il Regno – la Volontà del Padre. Questo vuol dire glorificare il Padre suo e nostro!
… la chiesa era in pace… si consolidava e camminava!
In tempi difficili e conflittuali, per la comunione ecclesiale (anche i nostri!) ci suona provocatoria e consolante insieme questa annotazione di Luca. La Chiesa si cui parla era appena uscita dalla persecuzione di Paolo stesso, e stava entrando nel conflitto interno drammatico dell’accesso dei pagani alla fede e nella persecuzione esterna di Erode, con l’assassinio di Giacomo e la dispersione dei discepoli… Ma di che pace si tratta? La chiesa vive entro una dialettica generata dai due fuochi che la tengono viva nella storia: il legame vitale al Cristo nel suo corpo che è la chiesa, attraverso la quale ci e donato Battesimo, Parola ed Eucaristia e la sollecitudine appassionata per chi è fuori della chiesa, la missione inarrestabile verso chi è lontano e diverso e rifiutato, e, proprio per questo, intimo a Gesù, che sulla croce coinvolge nell’amore del Padre persino i suoi uccisori! Infatti non saremo in pace finché non riusciremo a fare dell’umanità una sola famiglia, con tutte le creature, liberate dalla corruzione e dalla morte. Allora c’è una pace profetica, già disponibile prima della pace finale, mentre siamo ancora immersi nella complessità conflittuale e talora oppressiva della storia: purché sia sempre orientata all’universalità dell’amore. Non è la pace auto centrata e aggressiva di una setta. È una pace che per adesso è unilaterale ed eccentrica, perché non ha il baricentro in sé, ma lancia instancabilmente il ponte della benevolenza lontano da sé, presso l’altro che è ostile, dove il Padre ci aspetta. Per questo anche se i sentimenti sono feriti, le risposte deludenti, amare o aggressive… e spesso il nostro cuore ci rimprovera, perché ci sentiamo incapaci a reggere, sappiamo che Dio è più grande del nostro cuore. E tiene fede alle sue promesse!

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