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martedì 26 novembre 2013

I Domenica di Avvento


Dal libro del profeta Isaìa (Is 2,1-5)

Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 13,11-14a)

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 24,37-44)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

 

Domenica inizia un nuovo anno liturgico, l’anno A, al seguito del vangelo di Matteo. Con esso – si apre ovviamente anche un nuovo Avvento, una nuova attesa… l’attesa della celebrazione del Natale del Signore, certo, ma – in essa – anche l’attesa, sempre presente nella vita del credente, della venuta (quotidiana) del Figlio dell’uomo.

La sua attesa escatologica, infatti, e tutti gli “avventi” liturgici che la Chiesa inserisce nel suo calendario, non devono offuscare, ma anzi servono per tenere viva, l’attenzione al quotidiano essere presente del Signore nella nostra vita.

Ricordavamo infatti già qualche settimana fa, quando la Liturgia ci presentava un testo di Luca, simile a quello proposto per questa Prima Domenica di Avvento, come questi brani – cosiddetti “escatologici” – che paiono parlare del “futuro” (e che a noi a volte risultano enigmatici, per non dire spaventevoli per il linguaggio tipico con cui sono costruiti – che però, appunto, è solo un linguaggio…), in realtà abbiano di mira la rifocalizzazione dell’attenzione degli ascoltatori non sul futuro, bensì sul presente.

Scriveva p. Giuliano Bettati: «L'evangelista che tramanda le sue parole vuol rinsaldare lo spirito della comunità smarrita dalla necessità di gestire il quotidiano, con tutte le sue sollecitudini e dispersioni, infiacchita dalla delusione per la mancata realizzazione delle promesse… Se guardiamo all'orizzonte complessivo della storia e della vita della Chiesa, o allo spazio più ristretto della nostra vita personale, comunitaria, famigliare e personale, la parola di Gesù rompe i nostri schemi limitati, ci invita a guardare ad un futuro che trasforma in attenzione vigile ed affettuosa il presente: "così sarà la venuta del Figlio dell'uomo". Nella semplicità talora monotona o banale della nostra quotidianità, sta in realtà irrompendo il ladro, nell’ora e nei modi che non pensiamo».

La questione centrale – allora – delle letture odierne (le quali – ciascuno a suo modo – si concentrano sulla venuta del Signore), è proprio quella della decisività dell’oggi…

Il poema di Isaia, per esempio, non è una banale previsione del futuro, bensì una lettura teologica della storia (possibile oggi!): quest’ultima ha il suo senso, il suo polo attrattivo nella parola del Signore (intesa in senso forte, non come un insieme di precetti, ma come la volontà del Signore, il suo sguardo benevolo sull’umanità) che attira tutti a sé («Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore»). Una Parola – e dunque una storia – che ha come fulcro la nobilitazione dell’uomo, la sua piena umanizzazione (nell’aldiqua!). Isaia infatti parla di uno scenario di pace, cioè della fattiva trasformazione di ciò che insegna la logica umana (la guerra, la morte) in Vita («Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore»). Che è la medesima dinamica messa in campo da Paolo, che, parlando ai Romani, dice: «Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce»!

Una dinamica che – con l’avvento di Cristo – non può che ritradurre la profezia di Isaia in termini cristici: per cui, per Paolo, la scoperta che il senso della storia è la vita e non la morte (anzi la trasformazione della morte in vita), coincide con il fatto che il senso della storia è Gesù. È lui la Vita annunciata dai profeti. È quella vita lì che ha vissuto lui, quel suo modo di stare nel mondo, di passare per le strade, di fermarsi di fronte alle facce degli uomini e delle donne, di amare teneramente e tenacemente, di morire affidando e affidandosi, di offrire il suo corpo e il suo sangue… è quel suo modo lì di essere uomo e di essere Dio, la Vita per l’umanità tutta e in essa per ciascun uomo!

Ecco perché Paolo non può che dire: «Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo»! “Rivestirsi”, “con-morire”, “conformarsi”, “partecipare”… sono tutte categorie che l’Apostolo mette in campo per portare avanti quella che secondo lui è la verità della storia: è nell’intrecciare la propria libertà (il nostro esser-ci) con quella di Gesù, che il nostro esistere diventa Vivere e le nostre morti, Vita!

In questo senso – come accennavamo – va letto anche il vangelo, dove al centro sta la sottolineatura dell’urgenza e della radicalità del porsi nella Vita (o meglio nel lasciarsi porre in essa).

Non è una questione morale, non si tratta di un’etica da rispettare, di un codice deontologico da seguire: in gioco c’è tutto quello che siamo, l’opzione fondamentale della nostra vita, l’orizzonte di senso che ci orienta… è una scelta di campo: o la vita, l’amore, la donazione, la tenerezza… o la morte, l’odio, la sopraffazione, la violenza… una scelta di campo che ogni istante della vita ci si pone davanti… il solo già esser-ci, esistere, implica inevitabilmente e continuamente un decidere chi essere (oggi, ora, adesso…)! La questione è dunque chi sono io, chi voglio essere… Chi sono / chi voglio essere alla luce del fatto che tutta la storia della salvezza, attraverso le sue Scritture, riecheggia la testimonianza che c’è la possibilità della Vita, di una vita buona, bella, piena (perché donata)…? Chi sono io di fronte al fatto che questa è la buona notizia della storia? (nella consapevolezza che ciò che sono, ciò che scelgo di essere lo costruisco in tutta una vita… vivendola, giocandomi nella praxis, non nei buoni propositi)… Chi decido di essere oggi, considerando che ciò su cui, alla fine, misureremo la consistenza della nostra vita, sarà l’amore?

Questo è il centro delle letture odierne, questo il punto focale che la Chiesa decide di mettere all’inizio dell’anno liturgico… La custodia del fatto che per la Vita (che è l’equivalente che dire “per Gesù”) ci si decide oggi… Non è questione di ritagli di tempo, di atti religiosi, di celebrazioni liturgiche… siamo proprio su un altro piano… è la determinazione più profonda del proprio essere… per il vangelo (per la consegna di sé per amore di tutti)… o per qualcos’altro… che – proprio perché determinazione profonda di sé, cioè costituzione del nostro io più vero e intimo e denudato – non può che darsi/farsi/mostrarsi ad ogni istante, ad ogni respiro… come se – tendenzialmente – il nostro vivere e il nostro vivere di Cristo, si sovrapponessero… «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me»… un Cristo che – non a caso – non ha vissuto atti sporadici di consegna… ma ha incarnato (ogni attimo) la logica della consegna, che – proprio perché ne era impregnato – gli ha poi permesso di vivere anche momenti puntuali di consegna… fin sulla croce, come abbiamo visto settimana scorsa.

Ecco questo è il punto di non ritorno che la liturgia pone lì subito in partenza d’anno… Perché non si travisi di che cosa si tratta!

 

 

 

Il mio Canto per Oggi

        1  La mia vita è un sol attimo, un'ora di passaggio.

La mia vita è solo un giorno che svanisce e fugge.

O mio Dio, tu sai che per amarti sulla terra

non ho che l'oggi!

        2  Oh, t'amo, Gesù! L'anima mia a te anela.

Resta per un sol giorno il dolce mio sostegno.

Vieni a regnare nel mio cuore, dammi il tuo sorriso,

        3  Che m'importa, Signore, se oscuro è l'avvenire?

Io pregarti per il domani, oh, no, non posso!

Puro conserva il cuor mio, con la tua ombra coprimi, Sal 118,80

solo per oggi. Sal 90,4

        4  Se penso a domani, io la mia incostanza temo,

e in cuore tristezza e affanno nascere mi sento.

Ma la prova e la sofferenza voglio, Dio mio,

solo per oggi.

        5  Io presto devo vederti sulla riva eterna,

o Pilota Divino che mi porgi la mano.

Sui flutti in tempesta guida la mia nave in pace,

solo per oggi.

        6  Lascia che nel tuo Volto, Signor, io mi nasconda. Sal 30,21

Là non udrò più del mondo ogni rumore.

Dammi il tuo Amore, la tua grazia serbami,

solo per oggi.

        7  Io tutto dimentico presso il tuo Divin Cuore,

e le paure della notte non temo affatto. Sal 90,5

Ah, Gesù, un posto nel tuo Cuore a me concedi,

solo per oggi.

        8  Pane vivo, pane del Ciel, divina Eucarestia, Gv 6,33.48.59

o Sacro Mistero che l'Amore ci ha donato!

Vieni, Gesù, Ostia Bianca, ad abitarmi il cuore,

solo per oggi.

        9  Degnati, Vite Santa e Sacra, che a te m'unisca Gv 15,5

ed il mio fragile tralcio ti darà il suo frutto:

un grappolo dorato potrò, Signore, offrirti

già da quest'oggi.

      10  Ho solo questo giorno fugace per formarti

il grappolo d'amore dove ogni chicco è un'anima.

Dammi, Gesù, il fuoco d'un Apostolo,

solo per oggi.

      11  O Immacolata Vergine, sei la Dolce Stella

che mi dona Gesù e a Lui mi unisce sempre.

Che io riposi sotto il velo tuo, o Madre cara,

solo per oggi.

      12  Sant'Angelo Custode, tu con l'ala coprimi;

con la tua luce il cammino che seguo illumina.

Vieni a guidarmi e i passi aiutami, ti prego,

solo per oggi.

      13  Senza veli o nubi vederti voglio, Signore,

ma ancora esule languisco da te lontana.

Non mi sia nascosto il tuo viso amabile, Is 53,3

solo per oggi.

       14  A dire le tue lodi volerò io presto.

Quando il giorno senza fine per me scenderà,

allor sulla lira degli Angeli io canterò

l'Oggi Eterno!

[Teresa di Gesù bambino]

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