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giovedì 28 febbraio 2008

Colui che parla con te... è proprio lui!

io sono la luce del mondo!
difficile dire se questo brioso racconto della guarigione del cieco nato sia stato, nelle prime comunità cristiane, una delle ispirazioni determinanti per capire il sacramento del battesimo e disegnarne il rito, o sia stata la comprensione sempre più profonda del mistero battesimale che ha fatto riscoprire la forza educativa di questo “segno” di Gesù, come un eccezionale percorso paradigmatico di scoperta e maturazione della fede in lui! Il resoconto di questa vicenda, come è adesso nel vangelo, è comunque una delle descrizioni più appassionate di come Gesù compie l’ “opera” di colui che lo ha mandato per salvare il mondo ‑ come “luce” del mondo! Dunque, per l’uomo sembrerebbe una questione di vista, difettosa dalla nascita, per cui non riesce a vedere bene le cose, né se stesso, né Dio. Ma di fatto, l’intervento di Gesù è descritto come una “creazione nuova”, dai simboli forti e sorprendenti. La vista è ricreata dalla polvere della terra, impastata come fango con lo sputo (l’ “alito” umido della bocca di Gesù). Con questo sembra imbrattare e oscurare ancor più gli occhi. Ma il cieco si fida e va alla fonte dove Gesù l’aveva inviato, e di fatto, una volta lavati gli occhi, “ tornò che ci vedeva”! Se fosse stata solo una questione di vista, il miracolo è finito qui – un generoso gesto di misericordia.
... ma c’è una premessa: il primato dell’amore sul peccato.
una premessa discriminante, che va chiarita fin dall’inizio, per non trascinare un’ambiguità di fondo che avvelena poi tutta la vita ( e la nostra teologia!). Alla domanda antica quanto l’uomo: chi ha peccato? Gesù risponde decisamente: la causa del male radicale dell’uomo (la cecità dalla nascita!) non è colpa dell’uomo, né come singolo, né come famiglia umana... Anche se la voglia di accusare (è colpa tua!) resta invincibilmente radicata nel cuore dell’uomo, al punto che ha poi bisogno di un capro espiatorio e tutta la storia delle religioni è insanguinata dai sacrifici delle vittime su cui si è tragicamente proiettato questo inspiegabile male che ci soffoca la vita, prima ancora che ne siamo colpevoli. Tanto più che l’accusa viene contemporaneamente tanto introiettata dentro di noi, soprattutto nei più deboli (è colpa mia!) – fino da uccidere in loro il gusto della vita e la possibilità di ritrovare speranza (che è la luce della vita!). Gesù non da spiegazioni ulteriori, ma annuncia e rende vera una notizia lieta (un vangelo): le situazioni più dolorose ed oppressive nelle quali l’uomo si trova invischiato, qualunque ne sia la causa, non sono mai un castigo di Dio, sono piuttosto il luogo della manifestazione delle “opere di Dio” ‑ prima c’è sempre l’amore - la salvezza dell’uomo! ... Di qui comincia il cammino di speranza di chi accoglie la luce.
la costruzione della nuova identità
Infatti vedere la luce è solo l’inizio – perché da qui in avanti “credere” diventa soprattutto una questione di cuore, al quale la Parola di Gesù, che ha guarito la vista, apre orizzonti impensati – addirittura di rovesciamento e ricostruzione totale della “identità umana”, trasformandola progressivamente in identità “cristiana”, propria del discepolo di Gesù. La Parola, infatti, manifesta al discepolo verità nuove, che i sapienti e gli intelligenti di questo mondo non capiscono o ritengono follia o stoltezza: le beatitudini, il perdono, anzi l’amore dei nemici, la misericordia come essenza di Dio e chiave per capirlo... e infine seguire Cristo nel portare il male del mondo fino a consegnare la propria vita per testimoniare che solo l’amore è efficace a costruire di qua l’al di là!
Ecco i tratti vivacissimo di questo cammino esemplare di maturazione della fede:
1. il discepolo neofita non sembra più lui. L’identità è un processo complesso, un intreccio di relazioni che costituiscono l’io, intessendo la sua autobiografia vivente. Ma i nuovi occhi, spalmati dal contatto così “terrestre” con l’umanità di Gesù, riplasmati dalla sua Parola (vai, lavati!) vedono irrompere nella nuova consapevolezza di sé orizzonti, criteri, schieramenti completamente nuovi e disomogenei. Attorno a lui, i più vicini, stupiti, se ne accorgono subito, proprio a lui, pongono il dubbio sulla sua identità. E lui, che davvero è cambiato, ribadisce con una decisione che non vuole dare spazio a ripensamenti: sono proprio io! Ma cosa ti è successo? Come mai ci vedi?... Nasce la sua prima vera testimonianza “cristiana”: è stato quell’uomo, chiamato Gesù! Infatti, Gesù, riconosciuto Signore, l’ha fatto signore... e re, cioè libero dalla pressione sviante della gente, ma dipendente solo dalla Parola, che l’ha unificato e identificato!
2. l’impatto incombente con l’ordine costituito! un prodigio così impressionante come risanare dalla cecità, vuol dire trasformare un uomo. Non può non avere un impatto sociale eversivo. I maestri e detentori del potere, colti quanto interessati, si dividono sull’interpretazione del fatto, sbalorditi dall’evento, ma ancor più preoccupati dalla violazione della legge del sabato... I Farisei di ogni tempo sanno la teologia e la morale ma non sono più appassionati alla vita, puri esecutori d’ogni piccola regola che impongo indiscriminatamente, perché non si commuovono mai. Scrutano i codici e non vedono più la faccia della gente! Il credente vede la differenza con l’esperienza di luce, di vita e di libertà che ha ricevuto. La provocazione gli fa fare un passo importante: capisce che chi gli ha aperto questi orizzonti non può che essere un profeta, qualunque cosa si dica di lui!
3. il distacco dalla tribù del sangue. Ma nessuno è profeta in patria sua. Vedere le cose dal punto di vista della Parola di Dio, vuol dire partecipare della sorte del profeta ... Chi ti era vicino fino a ieri, adesso ha paura. I vincoli di prossimità del sangue non tengono, se non sono convertiti in quelli della fede e della speranza. I ricatti del potere, il terrore di perderne la protezione e il consenso, genera distacchi, misconoscimenti e perfino tradimenti... La solitudine mette a dura prova la fede nella Parola... Ma bisogna insieme rimanere fedeli ed insieme aver compassione di questi poveri spaventati e smarriti.
4. la reazione immunitaria. Il problema dell’autorità non è il prodigio che un cieco adesso ci veda, che un ignorante gioisca della verità che lo rende uomo, che il deserto di solitudine del suo cuore fiorisca di speranza... Costoro si preoccupano soltanto se tutto è fatto secondo le loro tradizioni e sotto il loro controllo... Hanno una sapienza mortifera che si basa sul passato. Non vedono più i germogli che premono alla vita. Sanno già tutto. Il nuovo non è previsto, dunque non esiste – o comunque va soppresso. Il loro potere cresce solo sulla paralisi dell’amore e della compassione. E se vogliono mantenere questo monopolio del potere, hanno ragione, perché un briciolo di verità della più mite e semplice dialettica lo fa crollare: questo è strano, che voi non sapete da dov’è, ...ma se non fosse da Dio non avrebbe potuto far nulla! E lo espulsero fuori, anticipando in lui il sacrificio sacerdotale del suo maestro (Eb 13,12s). Infatti, rimasti senza argomenti efficaci, non rimane che tornare al primato del peccato sull’amore liberante, per mettere zitta la verità dei fatti (sei tutto concepito nel peccato, e tu insegni a noi?)
5. solitudine e compagnia del cristiano. Ormai senza famiglia, senza sinagoga, senza elemosina (perché ormai ci vede)... è un emarginato totale! Allora Gesù lo cerca e lo incontra: credi tu nel figlio dell’uomo? Non è un incontro “spirituale” autoprodotto dalla tensione interiore... Sono maturate le condizioni storiche, interiori ed esteriori, di uno sradicamento doloroso e violento da ogni acquiescenza alla logica pervasiva della competizione del sapere e del potere – e così avviene uno sbilanciamento totale, interiore ed esteriore, verso la Parola ascoltata e perseguita. Ma chi è Signore, perché io creda in lui? Gesù risponde: lo vedi! colui che parla con te, è lui stesso! Configurato a lui attraverso le tappe sconcertanti e quasi trascinato sulla strada stretta ... dietro la Parola che lo ha risanato – la Parola stessa si manifesta come “persona”, come amore, compagnia e accudimento ... sperimentato (lo vedi!). E gli avvenimenti e le Scritture non trasmettono più soltanto la Sua voce, ma lui stesso “fa” l’identità del cristiano (...colui che parla con te, è lui stesso!).

approfondimenti sul percorso...
“...per avvicinarsi al tema dell’esperienza di Gesù dobbiamo distinguere tra identificazione e identità. Molti cristiani si appagano dell’identificazione di Gesù: un uomo, figlio di Maria, che è vissuto a Nazaret, è morto su una croce sotto Ponzio Pilato, è risorto... e tutti gli altri dati che la tradizione ci ha tramandato per identificarlo. In questo modo sappiamo di cosa parliamo – ma non necessariamente conosciamo chi sia. L’identificazione di Gesù di Nazaret, che ci dà la possibilità di non confonderlo con nessun altro personaggio, non è la stessa cosa che la sua identità, che ci dà la possibilità di conoscerlo.
Per conoscere l’identità di una persona ci vuole amore, ci vuole fede, occorre che uno la scopra personalmente, si apra ad essa. È in questo incontro faccia a faccia, da persona a persona, da tu a tu, da amante ad amante, che l’altro viene conosciuto nella sua personalità e che il conosciuto trasforma il conoscente e il conoscitore il conosciuto. Questo è il mistero dell’identità della persona. La madre conosce l’identità del figlio, mentre i dati anagrafici servono solo per la sua identificazione.
Per conoscere l’identità di Gesù di Nazaret è necessario incontrare la sua persona. La storia ci descrive solo i personaggi. Ma non possiamo incontrare una persona nel passato. Del passato si può avere un ricordo, un’anamnesis, una credenza ‑ e una credenza fragile, certamente, perché fragili sono i suoi paradigmi storici. Possiamo credere negli avvenimenti di Betlemme o credere in altri fatti della vita di Gesù, ma non possiamo dire che abbiamo l’esperienza di Betlemme, dell’Incarnazione e della tomba vuota, perché non eravamo là e non abbiamo veduto. L’esperienza non è un ricordo, l’esperienza è un fatto che ci accade e ci trasforma, anche se può trovare il suo fondamento in una memoria attualizzata, nel qual caso è una memoria ritrasmessa dalle generazioni precedenti.
Se Cristo è solamente un personaggio storico, l’esperienza del cristiano si riduce all’esperienza esistenziale prodotta dal ricordo della sua vita, ritrasmessa mediante la memoria che di lui si è conservata. In questo caso gli esperti hanno la massima autorità e il cristianesimo si riduce ad una religione del Libro!
Ma per il cristiano, l’esperienza di Gesù è l’esperienza di Gesù Risorto, vale a dire del Cristo vivente, hic et nunc, oggi e sempre, per dirla con S. Paolo. Non è un’esperienza storica ma metastorica, personale e intrasferibile. Avviene nel tempo, ma non è storica, questo è ciò che rende tale esperienza così potente e allo stesso tempo così difficile da comunicare. È l’atto di fede che attualizza questa esperienza dell’ineffabile, che per i cristiani si realizza “in e attraverso Cristo”. Chi non ha avuto l’esperienza di essere risuscitato da Cristo ‑ anche se si definisce cristiano e si ritiene ortodosso (identificando doxa con dottrina) ‑ non potrà dire come i samaritani. “...non è più sulla tua parola che noi crediamo ...noi stessi abbiamo udito e sappiamo...” Non potrà capire l’incipit ‘sensuale’ della prima lettera di Giovanni, né la maggior parte dei testi delle Scritture – e anche della tradizione ‑ cristiane. Il Cristianesimo non è una religione del Libro, ma una religione della Parola – della Parola viva udita e colta nella sua forza trasformante, da coloro che hanno orecchie per udire...”
[R. Panikkar, L’esperienza di Dio, Queriniana 1998, p. 71]

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