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venerdì 8 febbraio 2008

Il lungo cammino per imparare ad amare

Nella vita di Gesù le beatitudini sono il traguardo luminoso della sua personale ricerca del volto paterno di Dio nelle vicende umane. Nella comunità di Matteo, diventano le “congratulazioni” di Dio che confortano il cammino difficile dei discepoli nella storia. Sono il nucleo esplosivo del messaggio cristiano. Analogamente le tentazioni sono le alternative diaboliche (de/vianti, per/verse) proposte alla sua libertà, nei passi determinanti del cammino di immersione nella storia degli uomini. Nei tre lapidari dibattiti con satana è concentrato simbolicamente il dramma di tanti scontri e collisioni della sua vita tra le due alternative, nella conquista interiore di un’assoluta consegna, (adora il Signore Dio tuo!...) consegna totale, senza remore, ma irta di trepidazione, di sofferenza, di preghiera, di audacia inventiva, spesso dissidente rispetto al contesto socio-religioso nel quale viveva, che fa emergere in ogni frangente lo sbilanciamento di Gesù per il Regno del Padre (...e il suo nome e la sua volontà!). Un’esperienza di guerra totale contro il male, pagata sulla sua pelle, per imparare ad amare sempre, senza cedere mai alla paura e all’egoismo, senza tentennamenti né pentimenti, tanto è totale il suo amore. Perché non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici. Ma dare la vita, “tutta una vita”, non è stata una passeggiata programmata sui sentieri della Palestina, con le sue tappe e le sue visite, gli incontri che si snodano quasi fossero sacre rappresentazioni, come lascia intendere talora una agiografia un po’ monofisita. Che non sembra molto convinta che Gesù ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana. Nella quale costruisce la propria identità solo progressivamente, nel travaglio della debolezza della carne, in una sfida rinnovata ogni volta nelle scelte drammatiche e dolorose, quando perfino sua madre e si suoi fratelli lo ritenevano “fuori di sé” (Mc 3,21). Quando la delusione per l’insuccesso del sogno di un Messia potente svuoterà la fede dei discepoli che lo lasciano solo, come nell’angoscia mortale che offrirà a Satana “il suo momento” per l’estrema tentazione (Lc 4,13).
I bisogni primari nella vita di Gesù… Non si trattava soltanto di sopravvivere, lui e si suoi...il mangiare, bere, vestirsi… la casa e gli affetti, e le varie necessità essenziali pur semplicissime, che dopo l’infanzia imparò a soddisfare con il lavoro duro delle sue mani, come la tradizione e le Scritture insegnavano. Ma soprattutto era in gioco la compassione per i bisogni ... disattesi o disprezzati, dei poveri, malati, oppressi …che costituiranno apertamente i suoi interlocutori preferiti degli anni della vita pubblica … L‘impazienza di intervenire e lo struggimento dell’impotenza di fronte al male, avranno fatto venire anche a Gesù un’umanissima voglia di miracolo, pur di soccorrere il disperato che non ha più dove sbattere la testa, il piccolo violentato nella sua crescita umana, l’affamato che si è smangiato ogni sentimento umano perchè non ha cibo per il suo stomaco né tenerezza per il cuore. Ecco il desiderio che il Padre trasformi non solo le pietre in pane, ma le rocce in case e il deserto in scuole e ospedali e rifugi d’accoglienza per chi ha perso ogni riparo… E invece gli tocca – anche a lui! imparare ad amare E anche lui dopo quel poco che può fare, dichiararsi servo inutile per questo tipo di bisogni. Ed abitare nella nostra stessa impotenza, accanto alla sofferenza senza rimedio. Ed imparare quanto è amaro e duro, rinunciare ad usare Dio per tappare i vuoti della nostra storia, cercando invece di accompagnare umilmente la gente nel deserto inospitale della vita. E ascoltare quale Parola esce dalla bocca di Dio, dentro le situazioni senza uscita nelle quali lascia vivere i suoi figli. E, infine, imparare ad amare, senza pretendere inutili miracoli!
L’ingombro dell’io nel cammino della consegna di sé al Padre. Si può chiamare questa tentazione in tanti modi, perchè plurime sono le modalità e le metamorfosi dell’io – il nostro “io” che è un intero ufficio di regìa, misteriosamente installato nella corteccia cerebrale, ma di fatto ‘signore’ del cuore dell’uomo. Dove, con tanta trepidazione e altrettanto irrefrenabile presunzione, cerca di imporre una strategia unitaria nella costruzione della nostra identità. In questo lavoro di una vita, il potere, il piacere, la fama, la cultura… perfino la santità, secondo la storia di ognuno, diventano il materiale di costruzione della “figura” di sé, questo idolo (o ideale!) da perseguire a tutti costi nella vita. Da qui nascono le nostre laboriose fabulazioni per rivestire il nostro personaggio di pregi e di successi, per non sentirci nudi nei vari campi in cui ci spendiamo, nei pochi anni che ci sono dati! Anche Gesù era un uomo, necessariamente in scoperta e costruzione progressiva della sua identità, nello specchio d’amore del Padre. È partito da una consapevolezza forte di Messia salvatore, che a breve avrebbe salvato Israele, come sembra di vedere al battesimo o nella sinagoga di Nazareth e in tanti incontri di guarigione e di perdono… nei primi mesi della sua missione di profeta e taumaturgo itinerante.
Il potere e la violenza. Ben presto, il fallimento della missione in Galilea e la tragedia finale che incombe lungo tutto il viaggio verso Gerusalemme, la durezza di cuore sempre più esplicita di avversari e discepoli, ma soprattutto la sua irrinunciabile fedeltà al primato dell’amore, gli rivelano sempre più aspramente la “sua” verità. E corrodono la “figura” fallace del Messia che la gente attendeva come profeta di gloria e potenza religiosa e politica, che doveva ricostituire finalmente il Regno di Israele. Sempre più lucidamente, invece, coglierà la perversione diabolica di questo miraggio, di conquistare il mondo al progetto del Padre con mezzi potenti, miracolosi e irresistibili. E gli nasce dentro la domanda lancinante i tutti i giusti: Sarà inevitabile la violenza contro il male, per poter instaurare un Regno di amore? Questa tentazione (la prima e l’ultima, la più tragica e irriducibile dell’uomo) si rivela come la vera alterativa antagonista, la più intelligente e subdola sul campo della dura logica della competizione: politica, economica, affettiva. Quella che ogni uomo, fin da bambino, impara e pratica per la propria sopravvivenza… per essere “qualcuno”. Quella che necessariamente fa abbandonare il debole per privilegiare chi ‘serve’ di più… Il potere è monopolistico! Non ammette concorrenti, e quindi si gioca sulla sottomissione di ogni altro contendente – per il primato, in una sfida che diventa sempre necessariamente spietata ed omicida.
Adora il Signore Dio tuo e lui solo servi vuol dire conquistare la libertà da ogni altro potere alternativo, per non sacrificargli mai nessuno. Vuol dire imparare ad amare Dio non perchè ti sostiene nei tuoi progetti, ma perché è lui il progetto di amore sul mondo. Affidarsi a questo Progetto, che non tollera piani di esecuzione che non siano amore e misericordia, porta Gesù ad immedesimarsi nel servo sofferente, condotto come pecora al macello, perché sulle sue spalle si abbattono i poteri minacciati dalla sua irriducibile disarmata verità, fino a dissanguarlo e ucciderlo. Quando la fine è imminente nessuno più oserà seguirlo su questa strada, e lo rinnegherà anche chi l’aveva confessato “Figlio di Dio” – Cefa, la pietra di fondazione della Chiesa … la quale non per niente patisce ancora oggi questa infezione di illudersi che il potere possa diventare strumento evangelico di libertà e di amore.
Anche il povero ”io umano” di Gesù una pulitissima e mitissima voglia di vivere!– quello che pregava il Padre di liberarlo da morte, ha sentito premere dentro di sé l’alternativa deviante (passi da me questo calice!). Ma ha scelto di mettere il suo destino nelle mani del Padre, pur sapendo che queste mani non l’avrebbero sostenuto dall’abisso. Ma proprio per la sua fedeltà al Padre (e ai suoi figli perduti), ha aperto la strada della nostra salvezza.

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