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venerdì 20 giugno 2008

Perché la paura?

Gli uomini vanno a Dio nel loro bisogno
Implorano aiuto, invocano pane e fortuna,
salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.
Tutti, tutti, cristiani e pagani

“gli uomini vanno a Dio nel suo bisogno
Lo trovano povero, umiliato, senza tetto né pane,
lo vedono soffocato dai peccati, dalla debolezza, dalla morte.
I cristiani stanno vicini a Dio nella sua sofferenza”

Può sembrare strano il fatto di postulare per l’uomo forte e adulto un Dio crocifisso e impotente. Già, ma è lui che si è rivelato così e poi questa è l’unica maniera di respingere ogni forma di integrismo e eteronomia in forma clericale. La terra è laicamente liberata dai cortocircuiti dell’oggettivazione teologica per le realtà mondane, e Dio gli sta sofferente nel cuore come imprevedibile fermento: Fonte di pietà senza fine, capace di attrazioni amorose, come quelle che portarono Bonhoeffer sulla via della sequela e della consumazione. Se “Dio onnipotente” atterrisce oppure crea l’ubriacatura del dominio, il “Dio impotente” attrae come un destino di partecipazione.

C’è poi un altro motivo per questa scelta biblica e cristiana, che rappresenta un “rovesciamento” teorico e pratico di fronte alle teologie dell’onnipotenza, ed è quello che solo nel senso di questa logica teologicamente depotenziata e umanisticamente esaltata porta Dio in Gesù ad essere totalmente per l’uomo. Il crocifisso infatti dice due cose molto importanti: l’antitrionfalismo e la totale immersione con la caratteristica tutta teologica della sostituzione. Il crocifisso infatti implica l’impotenza che Dio si sceglie per lasciare posto alla potenza dell’uomo: Il crocifisso non è allora un evento capitato a Dio, ma l’essenza del suo essere nel mondo. Il cristiano deve sapere che il modo cui il suo Dio vuole essere presente nel mondo è quello dell’assenza. La logica teologica non può essere giudicata con i parametri logici normali. Chi può insegnare a Dio come essere potente?

Inoltre il crocifisso è segno di un nuovo senso dell’essere di Dio, quello del consumarsi per l’altro. In ciò è Gesù che rivela compiutamente. La nuova stoffa dell’essere teologico è dunque definitivamente fissata così: “l’esistere per gli altri”. Ecco come si esprime Bonhoeffer nel ricordato schema per un saggio . “Chi è Dio? Non è prima di tutto fede generica in Dio,nell’onnipotenza di Dio e via dicendo. Questa non è autentica esperienza di Dio,ma un pezzo di mondo prolungato- L’incontro con Gesù Cristo è prendere coscienza che qui è avvenuto un rovesciamento di ogni essere umano, che Gesù “esiste solo per gli altri

Nasce così un nuovo concetto di trascendenza e nuovi compiti infiniti: il trascendere non l’uomo, creando un pericoloso”in alto” tanto vicino al trono dei potenti, ma il trascendere l’io, in una tensione e svuotamento inesausti: Bonhoeffer insiste in questa nuova maniera di fare esperienza di Dio e su questa che è chiaramente una trascendenza mondana. «l’“esistere per gli altri” di Gesù è la presa di coscienza della trascendenza. Dalla libertà da se stessi, dall’ esistere per gli altri fino alla morte scaturiscono l’onnipotenza. l’onniscienza, l’onnipresenza. Fede è partecipare a questo essere di Gesù (incarnazione, croce, risurrezione). Il nostro rapporto con Dio non è un rapporto religioso con l’essere più alto, più potente, più buono: questa non è vera, autentica trascendenza; il nostro rapporto con Dio è una nuova vita nell’ “esistere per gli altri”,nella partecipazione all’essere di Cristo. Il trascendente non è… doveri infiniti, irraggiungibili, ma il prossimo, dato volta per volta, raggiungibile».

L’inaudito tocca la sua più alta espressione“Dio in forma umana”


[Italo MANCINI, Scritti cristiani, Marietti, pg 9s]

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