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sabato 17 aprile 2010

Mi ami più di loro?...

Mi ami più di loro?! … ma che cosa significa veramente “amare di più”? Difficile da dire, ancor più difficile, come ogni paradosso esistenziale, collocarlo con equilibrio nella complessità delle relazioni. Ma ogni innamorato l’ha provato! Forse siamo al mondo (come un po’ troppo schematicamente diceva l’antico catechismo) per imparare proprio questo. – e ci vuole una vita! Ognuno con la sua storia, le sue ferite, i suoi fallimenti e le sue illusioni… E i suoi ricominciamenti, che – secondo Gesù – la vita sempre riconcede. Perché, appunto, è inesauribile la fame che ci muove di essere “amati di più”. E quando questa fame fosse finita siamo finiti anche noi, svuotati come viaggiatori senza meta. Il Vangelo è lo smascheramento delle illusioni o ambiguità o falsità del cammino, con un rigore ed una tenerezza sconcertanti – che inchiodano alla propria debolezza impotente chiunque lo ascolti con sincerità e non cerchi di mascherare dietro le insufficienze altrui le proprie paure e delusioni. E la voglia di tornare indietro. Di “amare di meno”, per soffrire di meno! Il Vangelo non ci insegna una tecnica psicologica o psicanalitica, ma ci è presenta un personaggio – il protagonista di questa “buona notizia” del possibile ricominciamento – che ci chiama ad un percorso dietro lui : va a dire ai miei fratelli che li aspetto in Galilea. La Galilea è il posto da cui era partito per il suo viaggio finale. Fino alla sua passione, morte e risurrezione. Quante attese, quanti entusiasmi, quanti passi di gioia e condivisione e quanti momenti duri e amari… per arrivare fino a lì – per imparare ad “amare di più”. Con la sua famiglia e le inevitabili incomprensioni, con i compaesani delusi e aggressivi, con i capi e i maestri del popolo, ma soprattutto con gli amici, i discepoli e le donne, a cui ha aperto il cuore e la mente … senza risultati immediati, ma senza pentimenti! Fino a patire all’estremo, nella pelle e nell’anima, cosa vuol dire “amare di più”. Gesù ha mantenuto vivo questo fuoco (e la passione perché divampasse nel mondo), nella fatica, nell’abbandono e nella solitudine – senza mai prendere occasione dalla debolezza e nemmeno dal tradimento per diminuire l’amore! È il segreto misterioso di questa qualità divino/umana dell’amore che vuole illuminare quest’ultima pagina pagine aggiunta al vangelo di Giovanni, dopo che già era stato raccontato tutto.
“Rivolgendosi a Simone Gesù gli chiede: “Mi ami tu più di costoro?”. Richiesta esorbitante, non solo perché rivolta a chi aveva rinnegato il suo Signore, non solo per quel curioso “più di costoro”, ma anche e specialmente perché Gesù usa il verbo amare / agapào che indica l’amore totale, esclusivo, incondizionato cioè perfetto, “santo”. Pietro non osa rispondere con lo stesso verbo (forse lo avrebbe fatto prima di conoscere l’amara esperienza del tradimento): risponde semplicemente e poveramente “Ti voglio bene”, usando il verbo dell’amore amicale philéo. Nella seconda domanda Gesù insiste con la richiesta dell’amore totale e Pietro insiste nella seconda risposta con l’offerta del suo povero, umile, amore. Alla terza domanda e risposta non è Pietro che cambia il verbo: è Gesù! “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?” e Pietro – sebbene “addolorato che la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?” (che fosse cioè Gesù ad avere dovuto cambiare il verbo dell’amore) – gli risponde: “Signore, tu sai tutto, sai che ti voglio bene”. Si potrebbe quasi dire che non è Pietro a convertirsi a Gesù, ma è Gesù che “si converte” a Pietro, si adatta al suo linguaggio e alle sue possibilità. È questa “conversione di Dio” che mi colpisce profondamente: anche perché è a partire da essa che Gesù pronuncia l’imperativo nel quale sbocca tutto l’itinerario educativo con cui aveva formato il suo apostolo: SEGUIMI!” (Gv 21, 19). Così dal fallimento è cominciata la storia nuova della santità personale di Pietro, spinta fino al martirio, quando egli dirà, non più con le parole, ma con il gesto della vita donata e con il silenzio eloquente della morte, la parola dell’amore esclusivo e totale per il suo Signore!” (card Martini).
Gesù vive questa qualità dell’amore che è entrare nell’amore dell’altro, e lasciarsene mangiare Ci vuole una libertà interiore totale, di fronte alla quale la “diversità” (fosse anche l’immaturità!) dell’amore dell’altro non è un limite, ma una sfida. Che esige un “di più” di amore e niente da perdere, come dice Giovanni di Gesù : avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine! Il giovane ricco era ricco di doti morali e di beni materiali, ma aveva paura di perderli. Gesù, comunque, lo guardò e lo amò! E di certo il suo amore è rimasto dentro il giovane … ad attendere la maturazione delle possibilità di germogliare. Pietro ha percorso tutte le tappe dell’immaturità dell’amore: la presunzione (anche se tutti ti abbandonassero, io darò la vita per te!), il rinnegamento, ribadito e drammatico (non conosco quell’uomo!). Ma l’amore di Gesù lo riaccoglie e lo ama così com’è: Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro … (Lc 22,61). Ed ecco nell’ultima pagina del vangelo, il perdono come rifondazione tenera e appassionata dell’amore, instancabile e rigeneratore, sempre a partire dalle umane fragili possibilità soggettive. Chi “ama di più” entra nell’amore dell’altro, accogliendolo e soffrendolo così come è – perché si fida più della potenza mite ma inarrestabile (divina!) dell’Amore che della impazienza prepotente fremente della propria fame!
Nel gioco sottile delle sfumature delle diverse parole sta forse nascosto il segreto della proposta “cristiana” dell’amore, inaugurata da Gesù con l’esempio della sua vita. Lui ha amato ognuno di noi “più di loro – nessuno ci ha amati così!”. Ha dato la vita per me, mentre io non ero ancora capace di amare. E accoglie ognuno come è, più o meno capace di ricevere il suo invito, affidandosi alla forza stessa interna all’Amore – come si accudisce un germoglio senza poterlo forzare, dandogli il suo tempo. Questo vuol dire, nel limite storico della nostra quotidiana debolezza, il dono pasquale: Ricevete lo Spirito santo! Gesù ha chiamato, accolto, lodato, rimproverato, perdonato… Pietro – sempre nel segno dell’amore, sostenuto da una pazienza “materna” inesauribile, che solo la piena gratuità della dedizione può sostenere. Forse ogni amore deve essere così: bisogna che l’altro cresca e che io lo attenda, a costo di diminuire, a rischio di morire, prima che mi ami di ritorno. Amami più di tutti, vorrà dire questo? Rendere Pietro (e tutti noi!) consapevole che l’amore che Gesù ha per lui è così! Il “di più dell’amore”… vuol dire questo, dunque! E quando l’altro s’accorge e si strugge [… addolorato, che per la terza volta gli domandasse : mi ami tu …?], forse gli matura dentro la dinamica vera dell’Amore e scoppia la possibilità di un salto di qualità. Che non è prodotto della nostra umanità di carne, ma dallo lo Spirito che lui ci ha mandato… e geme dentro di noi…
«Se si potesse possedere, afferrare e conoscere l’altro, esso non sarebbe l’altro. Possedere, conoscere, afferrare sono sinonimi di potere. La relazione con altri è l’assenza dell’altro; non assenza pura e semplice, non l’assenza del puro nulla, ma assenza in un orizzonte di avvenire, un’assenza che è il tempo» ( Emmanuel Lévinas)-
Il tempo per maturare! Amare di più è accettare la sfida del tempo, dell’amore che non c’è ancora – dunque la sfida della precarietà, ma anche della fecondità creativa! È affidarsi davvero all’altro, alla sua libertà trepida e fragile, alle sue paure e al suo desiderio di ricomporre l’armonia della sua dedizione, di reimparare ad amare… E per resistere, nel nostro piccolo struggente dramma quotidiano, all’assenza dell’amore, alla solitudine che dà spazio all’altro di essere se stesso… occorre l’aiuto di Chi nella concezione dinamica cristiana di Dio è l’Amore… che si vogliono gli altri Due! Neanche nel nostro piccolo, infatti, ci può essere Pasqua (l’incontro con il crocifisso risorto!) senza Pentecoste: senza che il suo Spirito ci entri nel cuore e lo coinvolga nella dinamica del suo amore, lavandolo progressivamente da ogni ambiguità!

1 commento:

Danila ha detto...

Commento oggi, perché in questa omelia-lectio, non saprei come altro chiamarla, Giuly ha scritto il suo testamento: un testamento di grande Amore ed un'analisi profonda di come sa amare Gesù, di come dovremmo imparare ad amare come Lui!Ci ha lasciato un compito, sta a noi eseguirlo!! Grazie Padre Giuliano, porterò questo messaggio nel cuore!

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