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giovedì 11 settembre 2008

Lo scandalo che ci salva!

Annichilì se stesso… fino alla morte, e alla morte di croce!
Non la croce, ma il crocifisso, è lo “spettacolo” storico (Lc 23,48) definitivo, che ci è lasciato al centro di ogni vangelo… Un uomo, che si proclamava figlio di Dio, appeso al patibolo “maledetto” degli schiavi, la croce, “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani” (1Cor 1,23). Questo è lo spettacolo nel quale Dio si è rivelato storicamente al mondo. Sotto la croce si sente scherno e paura nei nemici. Abbandono e solitudine totale degli amici. Soltanto “alcune donne stavano ad osservare da lontano” (Mc 15,50). Ma ben più profonda è la solitudine di Gesù, abbandonato anche dal Padre. “Mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. Questo è il mistero della croce: un uomo – che tra l’altro più di tutti è un uomo di Dio – e ne sa la premura e la passione per gli uomini, sperimenta l’abbandono totale di Dio, il suo silenzio, la sua immobilità di fronte ad un giusto innocente calpestato dalla malvagità.
… un centurione, vistolo morire in quel modo, disse: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”… A questa fede sono chiamati i suoi discepoli, che l’hanno visto predicare o fare miracoli, ma adesso, che ha perso tutto ed è in croce, sono fuggiti! Fuggiti, come invincibilmente anche noi oggi, dallo “spettacolo” più scandaloso che Dio dà di sé nella storia, quando si immerge e sparisce nell’abbandono, nel dolore, nella sofferenza. Ove soltanto si può dire “Tutto è compiuto” (Gv 19,30). È il mistero supremo, all’interno della fede, quando, per il figlio dell’uomo, l’eletto, non ci sono più ragioni e motivi per fidarsi di Dio, fino alla spogliazione ultima, il “salto mortale” di ogni uomo. In questa tragedia, il Salmo 21, recitato da Gesù in croce, partendo da questa disperazione, confermare la sua permanente totale assurda fiducia in Dio! Con la risurrezione Dio garantisce – dopo: è extrastorica! – quell’atto supremo, e ne fa la sorgente della vita per il mondo: bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Solo lui – il crocifisso! – poteva salvarci!? (…nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso!)
Cristo vuol dire “unto”, cioè permeato dello Spirito di Dio, consacrato da Dio con un’unzione assolutamente unica: in definitiva vuol dire “l’eletto”. In Cristo si condensa tutto il mistero della elezione divina, predisposta e preparata nell’elezione del popolo di Israele e in Cristo, l’unico che può salvare, estesa all’umanità intera, secondo il disegno di Dio, che vuole tutti gli uomini salvi. Ma Gesù, l’eletto, è il Cristo paziente inchiodato sulla croce: ecco che cos’è elezione nel cristianesimo. Ed essere cristiani significa riconoscere il contenuto proprio dell’elezione in questa scelta di sofferenza, posta dal Padre in modo assolutamente unico sul capo di quest’uomo, concentrando in lui tutto il peccato e tutta la sofferenza dell’umanità e dando così la chiave di interpretazione suprema di ogni sofferenza. La crocifissione è l’elezione e l’elezione è la crocifissione!
Il crocifisso ci salva coinvolgendoci nella sua elezione
(… quando sarò innalzato attirerò tutti a me!)
… dobbiamo prendere coscienza di questa cosa: dire ‘cristiano’ vuol dire immediatamente elezione, ed elezione condensata al massimo grado in uno a cui tutti ci ricolleghiamo per poter essere anche noi oggetto di scelta divina. Se non si accetta pregiudizialmente questo, il cristianesimo si dissolve totalmente. Non esiste più il Cristo, non esiste più il cristianesimo, se non si accetta pregiudizialmente che Dio possa scegliere, abbia voluto scegliere e abbia condensato questa elezione in grado supremo e unico nell’uomo Gesù, figlio di Maria, sposata a Giuseppe, e che abbia fatto di quest’uomo il Salvatore: l’unico che può salvare, unico che può far sì che questa scelta si estenda al altri sino a raggiungere, nel disegno di Dio, che vuole tutti gli uomini salvi, l’umanità intera. Ma non per i meriti che ci possono essere in ogni uomo o nel seno dell’umanità tutta, ma unicamente per l’accettazione umile e grata di questa scelta divina in Gesù. I cristiani non sono tanto i seguaci di Gesù Cristo, quanto piuttosto gli eletti in Gesù Cristo, che accettano e riconoscono con gratitudine, per sé e per tutti gli uomini questa unica via di salvezza che Iddio ha predisposto… Questa è l’elezione nel cristianesimo. L’essere cristiano è precisamente il riconoscere il contenuto proprio dell’elezione in questa scelta di sofferenza posta dal Padre in modo assolutamente unico sul capo di questo uomo, concentrando in lui tutto il peccato e tutta la sofferenza dell’umanità. Elezione sì, ma questo tipo di elezione.
Il segno della sofferenza… redenta e glorificata: la croce! (Proprio per questo Dio lo ha esaltato!)
Il privilegio dell’elezione non è un privilegio di successo o di potenza, non è neppure privilegio di salvezza e di sopravvivenza terrestre: quando la Chiesa si mette su questa strada incontra i suoi più grandi e drammatici naufragi, perché non può sfuggire, non agli uomini che lottano contro di lei, ma a Dio, che ha posto sul popolo che si è scelto in Cristo, il segno della sofferenza, che è la stessa cosa del segno dell’elezione.
Sfuggire alla sofferenza, sfuggir e alla morte nel cristianesimo è assolutamente impossibile: sarebbe riprodurre la storia di Israele secondo la carne, che in tutta la sua vicenda non ha fatto altro che sfuggire a questo, ed è sempre stato perseguitato da Dio, nel senso che appunto dice la terza Lamentazione … Dunque la crocifissione va interpretata nella chiave dell’elezione: è la suprema manifestazione dell’elezione di Dio… La crocifissione è l’elezione è l’elezione è la crocifissione! Detto questo è detto tutto: milioni di problemi, anche i più densi, della teologia di oggi, si dissolvono di fronte a questo.
L’amore crocifisso ci sollecita a chiederci quanto abbiamo avuto consapevolezza del doppio segno che è stato posto sopra di noi con il battesimo… il problema non deve essere affrontato dal punto di vista della adesione volontaria, della volontà umana consensuale a questo atto; il problema è un altro: capire che il battesimo è un’elezione preveniente che sigilla una creatura col segno della croce! Certo il crocifisso non è solo: è nel mezzo del dolore del mondo. Sì, i cristiani non sono i soli che soffrono… Ma questa società cristiana, che cerca il benessere credendo così di sfuggire alla croce, è segnata da un sigillo di croce.
Anche nel momento della concentrazione suprema della sofferenza, perché è la concentrazione suprema dell’elezione, Gesù non è solo, è in mezzo ad altri due crocifissi, è in mezzo al popolo dei crocifissi di tutta la terra e di tutte le età. La diversa reazione dei con-crocifissi con lui di fronte al mistero della sofferenza in sé e in quell’uomo, propone subito il dilemma: la sofferenza ha due facce, una che salva, una che non salva. Dal punto di vista della sofferenza in sé, tutti e tre sono crocifissi, dal punto di vista del risultato e dell’efficacia, diverso è il segno per l’uno e per l’altro dei due con-crocifissi, in dipendenza unicamente da una cosa: il riconoscimento dell’eletto. Quindi, nemmeno chi è sotto il peso della croce, ci dobbiamo dire, è sicuro della salvezza, a seconda del segno che dà a questa sofferenza in rapporto a Gesù.
Bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo… perché chiunque crede in lui sia salvato
Dunque questo amore crocifisso è per gli altri generante, costituente… è un amore tutto proiettato verso gli altri, creatore rispetto agli altri. La sofferenza non lo ripiega su di sé, Gesù sente anzi veramente che quella è la sua ora, l’ora in cui, più che mai, egli, Figlio di Dio fatto uomo, è il creatore dell’universo, è il creatore della nuova creazione: E predispone tutto un ordine nuovo di generazione soprannaturale, costituisce nuovi rapporti di generanti e di generati. Più che mai, in questo momento, è un amore proiettato verso la generazione di altri nella sfera di Dio… … e questo dice a noi che proprio quello è il momento in cui se Iddio ce ne ritiene degni, diventiamo generanti… Questo è il momento discriminante la verità o la non verità della nostra vita… Questo è il momento che in modo supremo condiziona tutto il resto, e condiziona proprio in radice la risposta che noi abbiamo creduto di dover dare alla scelta esplicita fatta da parte del Signore… Altrimenti nulla ha senso…
Il segno che salva
(ha mandato il Figlio nel mondo … perché il mondo sia salvato per mezzo di lui!).
Se noi non riusciamo ad accogliere il dono di Dio, il dono di una sofferenza che ci consenta di essere in quel momento meno chiusi su di noi e più aperti alle potenze nuove di generazione che proprio in quel momento il Signore ci consente di avere, la nostra vita non ha senso… E questo tra l’altro ci impedirebbe di adempiere la nostra vera funzione , ce ne distoglie, ci fa invertire i rapporti e le proporzioni delle cose; ci rende anche meno pacifico il nostro convivere, perché concentrando maggiormente la nostra attenzione su altre cose importanti ma strumentali e meno direttamente su questa che è l’assoluto, ci fa più facilmente trovare diversità di opinioni, com’è ovvio. Ma se noi fossimo tutti d’accordo, in modo esplicito, senza ritegni e senza falsi pudori, che in fondo l’unica cosa che veramente dobbiamo fare è partecipare alla sete del Signore per la salvezza nostra e degli altri, sarebbe tanto più facile trovarci tutti d’accordo sempre. Perché, momento per momento, non ci sarebbe altro da fare che accettare la sofferenza che il Signore ci manda e perfino quella che ci procuriamo reciprocamente, perché anche quella diventa perfettamente giustificata e trova la sua ragione e la sua efficacia salvifica.

[i testi in corsivo sono presi di peso da G. DOSSETTI, Omelie e istruzioni pasquali, Paoline, pag 239ss passim – convinto che non avrei potuto dire meglio, in così poche righe,… su un tema così “bruciante” e centrale! E me ne scuso.]

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