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venerdì 16 maggio 2008

Un Dio vicino, come non avremmo mai pensato!

… un Dio che cammina in mezzo a noi!
… a conclusione del lungo periodo pasquale, e, insieme, come cerniera con il tempo “ordinario” della liturgia cristiana, frutto della Pentecoste, sta questa festa della Trinità. Nome un po’ astruso (e non biblico) per indicare, per quel poco che possiamo dire o balbettare, che noi viviamo, nello spazio e nel tempo, dentro l’abbraccio di un amore unico e molteplice – trinunitario, appunto! del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo! Questi, sì, sono i nomi che la Parola del Nuovo Testamento ha preso dalle più intense esperienze di tenerezza umana, per esprimere l’intimità di Dio, manifestata in Cristo Gesù. Un amore che ci coinvolge in un dialogo multiplo di salvezza che gli orientali chiamano “economia” (in greco: amministrazione domestica) come ad indicarne la dinamica “famigliare” di salvezza entro la quale lo Spirito di Gesù ci trascina. L’Antico Patto non sapeva ancora di questa intima dinamica trinitaria di Dio, ma aveva acquisito nei secoli un senso profondo della libertà e pienezza di vita e di amore del Signore misericordioso e longanime, pieno di grazia e benignità, senza nessuna concessione magica, ma in un rapporto personale di libertà e di amore, che, nonostante la dura resistenza della nostra ostinazione ed ambiguità, vorrebbe diventare compagnia quotidiana: un Dio che cammina in mezzo a noi, perdona le nostre colpe e i nostri peccati e ci prende come “suoi”
Mosè… con le due tavole di pietra in mano!
… le prime tavole le aveva già spezzate, dalla rabbia e dall’angoscia per l’infedeltà del popolo, che non uscirà mai da questa contraddizione drammatica. Israele cerca un Dio che gli sia vicino e gli offra una legge (un’identità!) che lo “liberi” non tanto dalla schiavitù d’Egitto, ma dalla “perversità originaria” del suo cuore, ma poi nel deserto della vita quotidiana si costruisce un vitello d’oro da adorare. Poi, insoddisfatto, si pente e cerca sui monti “religiosi” l’incontro con il Dio che è sparito nella nube… È un evento fondante della storia di Israele, ove si delinea una triplice scansione della dinamica della fede. La legge è il primo approccio, il primo manifestarsi di Dio, ancora carnale, psicologico, culturale… ma assolutamente necessario per umanizzarsi e iniziare il cammino della consapevolezza umana e della coesione di una comunità, perché l’uomo ha la testa dura e ha bisogno di una traccia di comportamento, anche se rigida come le tavole di pietra. La legge però può soltanto introdurci, come un pedagogo, a prendere coscienza delle profondità irraggiungibili di Dio “dentro” l’uomo che lo cerca. Non risolve il problema più tragico che l’uomo ha, appunto, dentro di sé: l’anelito incolmabile di amore, di pace, di continuità che gli è stato seminato in cuore. La legge si scontra con il male, la debolezza, la malvagità di noi singoli e della società, … e si rivela tanto necessaria quanto sterile e inefficace, cioè inadeguata al suo obiettivo, perché non dà la forza di fare ciò che comanda. Ogni uomo, anche se spesso non sa dare un nome alla propria ansia insoddisfatta, ne fa l’esperienza in proprio e negli altri…
… allora il Signore scese nella nube, si fermò là, presso di lui e proclamò il nome del Signore!
Proprio attraverso le buone intenzioni della legge, si entra così nella nube oscura della vita, dove le certezze traballano e le speranze si annebbiano, dove siamo chiamati a rinunciare alle maschere. E la propria debolezza s’impone come irrimediabile. Dove l’esperienza di laici e monaci, asceti e gaudenti, atei e credenti, se cercano la verità, potrebbe farsi comune. Scoprendo che è illusoria ogni salvezza “fai da te”. Sia per i singoli, che per la comunità e per la chiesa stessa. Abbiamo pagato troppo caro le presunzioni ideologiche, politiche, affettive e religiose di salvare noi stessi e la gente che ci si affida, strumentalizzando più o meno ingenuamente il nome di Dio… e spacciando la legge o la morale per “grazia”! Allora tutto si è fatto incerto e oscuro. Non si sa bene più cosa sia la fede, ma da questa oscurità esistenziale, soltanto, può uscire … e come rinascere la “novità” della Parola nella nube (perché il Signore è nella nube!)… Come dono di una proposta “personale e libera” che ci chiama e ci rifà umile popolo di credenti, senza più presunzione di sapere niente più degli altri, ma piuttosto testimoni soltanto di quanto il Signore dice di sé stesso. Che diventa il cardine della nostra fede… : Il Signore passò davanti a lui proclamando: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà…”. Questa esperienza di ambiguità di ogni nostra ricerca religiosa e di riscoperta della Parola come fulcro incrollabile della nostra fede è lo specifico cristiano, come spiega un grande mistico, proprio perché è trinitario.
“Ma ora che la fede è fondata in Cristo e la legge evangelica è promulgata in quest’era di grazia, non c’è più motivo d’interrogare Dio come prima [nell’antico Testamento], perché ci parli o risponda come faceva allora. Avendoci, infatti, donato suo Figlio, che è l’unica sua Parola, egli non ha altra parola da darci. Ci ha detto tutto in una volta e una volta per sempre in questa sola Parola, e non ha altro dà aggiungere..Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi (Eb 1,1-2) … ora tace: non ha altro da dire, perché ciò che aveva detto in parte mediante i profeti, l’ha ora rivelato completamente nel suo Figlio, e ci ha donato così il tutto, che è suo figlio.( Giovanni d. 2S 22,2ss).
Dio ha tanto amato il mondo…
… la preghiera di Mosè (venga il Signore in mezzo a noi!) è stata esaudita in modo superiore ad ogni aspettativa, per quanto avvolto nel mistero, proprio con la presenza viva in mezzo a noi della sua “Parola”, nel silenzio di Dio! Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.(Gv 14,22)- Lo stesso si dice dell’Eucarestia : ”Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per m (6,56) L’energia che si sprigiona dalla vittoria di Cristo sulla morte è tutta legata al dono dello Spirito, che personalizza per ognuno e per la chiesa il mistero pasquale : Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza;(15,26). Sono promesse ormai a noi accessibili, delle quali non si può pensare maggior intimità e immediatezza, ma sono avvolte nel silenzio, come il fermento nella pasta o il seme sottoterra... La tentazione nostra e della chiesa è di riempire di rumori questo silenzio, perche lo stile discreto e tacito dello Spirito non ci soddisfa … Il vangelo non è un esposizione dottrinale della verità di Dio, ma è il racconto dell’apparire ed entrare del Padre nella nostra vita umana, attraverso suo figlio. Nelle sue preghiere e nei suoi comportamenti, Gesù lascia intravedere il mistero intimo di Dio nel quale ci offre di coinvolgerci. La presenza di Dio in noi (il desiderio che fa impazzire l’umanità!) si realizza attraverso il dono dell’Amore (o Spirito) … dato a noi e a tutta l’umanità il giorno di Pentecoste. La Pasqua non avrebbe efficacia, senza la pentecoste. Non applicherebbe alla chiesa, nella storia, i frutti della redenzione. Il rischio della vita cristiana di perdere significato vuol dire che teologia, liturgia, pastorale non fanno “corpo” con “Dio/Amore” nella vita quotidiana del cristiano…e diventano dogma o culto o riti magici o dottrina, ma non conversione vitale ad un dialogo… che fermenta la vita.
… vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi.
Paradossalmente Gesù, divenuto il Cristo, asceso alla destra del Padre, è sottratto alla nostra sensibilità e alla nostra brama di possesso non per assenza, ma per eccesso di presenza! È immerso in Dio, ma nel Dio che è “dimorante” dentro noi, come Padre! A noi tocca “disseppellirlo”, farlo emergere da dentro di noi. La sua forza ci è trasmessa in modo tacito e pacato, ”quotidiano”, attraverso il dono e il frutto dello Spirito che si fa testimone e consolatore all’anima, nell’alveo della comunità ecclesiale, dove l’interiorizzazione e il sostegno della Parola e dell’Eucaristia, suscitano l’adesione della fede e lo slancio dell’amore… Un criterio fondamentale di autenticità è la pace, il frutto dello Spirito che svelenisce il cuore dal male radicale della competizione… nella famiglia, nel lavoro, nella convivenza sociale, e lo riapre alla sfida instancabile dell’amore dialogico, che è il nucleo incandescente del nostro Dio. Se questo sale diventa scipito, con che altro l’umanità si salverà?

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