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venerdì 23 maggio 2008

Chi mangia di me vivrà per me

Io darò la mia carne per la vita del mondo
La domenica del “Corpo del Signore” chiude simbolicamente le “feste” pasquali del Dio della nostra salvezza, perché il dono dello Spirito della Pentecoste, che ci ha rivelato il misterioso abbraccio Trinitario in cui viviamo, ci lascia in dono questo cibo essenziale alla “sopravvivenza”, nel cammino difficile della storia in cui noi ancora viviamo, dopo che Gesù ci ha lasciato ‑ prima che ritorni.
Giovanni non racconta l’istituzione dell’Eucaristia, già ampiamente spiegata negli altri testi dei vangeli e di Paolo, che giravano nelle prime comunità cristiane. Al suo posto mette la lavanda dei piedi, come gesto in cui condensa il senso dell’esistenza di Gesù e questo lungo capitolo 6°, nel quale il Maestro stesso spiega “l’eucaristia” (come noi diremmo). In questo serrata discussione con i giudei, ove la provocazione è evidente, per smuovere l’attenzione dei discepoli e di quelli che sono disposti ad ascoltarlo, fino ad oggi, Gesù non espone una proposta religiosa, una formula di preghiera o un rito simbolico riservato ai discepoli privilegiati – ma il senso e la salvezza del mondo intero. Non usa il termine “corpo”, come negli altri testi eucaristici del N. T., ma ‘carne e sangue’, ad indicare ancora più crudamente la dimensione fisica, biologica, corruttibile e precaria dell’ “animale” umano trafitto, che deve essere assolutamente “mangiato”! Il riferimento all’agnello pasquale richiama il retroterra simbolico antico dell’avventura fondante per Israele: la liberazione dalla schiavitù egiziana e l’errabonda parabola del deserto… allargata oramai alla salvezza dell’umanità intera. Solo attraverso e dentro questa umanità di carne donata e mangiata “scandalosamente” si apre la possibilità della salvezza eterna (cioè totale, storica, presente tra noi quaggiù ‑ e futura, che duri per sempre!). Con una ripetizione martellante dei termini “mangiare/bere carne/sangue e vita vera/eterna, si stringe un legame fisico tra di loro tanto indissolubile che esclude ogni possibilità di interpretazione psicologica o spirituale o sentimentale.
In una storia assetata senz’acqua, … c’è un segreto nel cuore dell’uomo
Nella terra arida, luogo di serpenti velenosi e scorpioni… è capitato il miracolo che indica presente la tenerezza di Dio che accudisce il suo popolo oppresso e disperato. Dalla roccia durissima è scaturita l’acqua, e in un deserto grande e spaventoso è arrivata la manna sconosciuta alle generazioni precedenti… Senza chiudere gli occhi sulla sofferenza e sul dolore, la sete e la fame, il lamento e la ribellione che segnano di lacrime e sangue la storia del popolo e dell’umanità tutta, la lettura che ostinatamente Israele si propone della propria vicenda storica è sempre aperta alla speranza: “ricordati!”... Tutto il cammino che il Signore ci fa fare nel deserto della vita ha questo scopo: perché si sveli a noi stessi “cosa abbiamo in cuore”. Non è per umiliarci o farci soffrire che instancabilmente Dio si occupa dell’uomo, nonostante la durezza della sua “cervice”. Ma lo accompagna per fargli scoprire il segreto per divenire “umani”, cioè per superare la soglia dell’animalità della carne che vuole sopravvivere ad ogni costo ed incattivisce perché non lo può! È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita (63).
Non di solo pane vive l’uomo… ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio.
La Parola che si rivolge ad un volto” per farlo rispecchiare in sé , per farlo crescere in ciò che lui ha già nel cuore, è l’unica risposta adeguata all’anelito insopprimibile di libertà e amore che c’è nel cuore dell’uomo. Dunque, solo la “parola” di Colui che l’ha creato a propria immagine e somiglianza, lo può liberare. Ogni altro legame è costituzionalmente “servile”, al di là delle buone intenzioni, delle dipendenze educative, delle regressioni insuperabili … Tutto l’alveo delle relazioni nelle quali siamo intessuti fin dal ventre della madre, che modella la nostra vita affettiva, economica, politica (e ci fa uomini) è intossicato dai serpenti avvelenati e dagli scorpioni, dai quali già i nostri padri sono stati contagiati. Il suo motore è la competizione drammatica per la vita, che oppone carne a carne, in una guerra all’ultimo sangue, ove il più forte sopravvive mangiandosi il più debole… mors tua, vita mea: la tua morte è la mia sopravvivenza!
Il rovesciamento eucaristico
Le religioni hanno tentato di assumere e trasfigurare questa dinamica tendenzialmente omicida nel rito del “sacrificio”, per cui si offre a Dio quanto si ha di più caro e prezioso per sé e per il proprio futuro (sostentamento e prosecuzione della vita… come i primogeniti, le vergini… e poi, in sostituzione, gli animali…), come capri espiatori! Ma proprio perché ancora piccoli e indifesi… sono le vittime scelte dal potere sacro del sacerdote. La proposta di Gesù è tanto eversiva che genera continui fraintendimenti negli ascoltatori… ma soprattutto è tanto radicale e coinvolgente che provoca repulsione e rifiuto. Eppure questo è il centro di fuoco del messaggio e della vita di Gesù. Il senso della sua esistenza e la sua dinamica esplosiva di salvezza. Il sacerdote e la vittima in lui si identificano, eliminando ogni violenza sull’altro: solo sé stessi si può offrire in sacrificio! solo di sé si può dare da mangiare la carne e da bere il sangue. Non facendo deliberatamente del male a sé stessi, ma assorbendo su di sé il male del mondo, opponendosi al suo potere oppressivo e menzognero, per fermarne il contagio. Questo è l’unico modo non violento che ci è possibile. A partire da Gesù, il dono della propria vita per nutrire gli altri, diventa il cuore del cristianesimo: il “servizio” di amore che ci ha donato per contagiarne il mondo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
Questa è l’arma segreta invincibile e necessaria: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Nel buio della nostra storia anonima, lenta e faticosa, è questo l’estremo rimedio ‑ decisivo per vincere la competizione, la contesa, la sopraffazione che avvelenano la vita degli uomini, con la connivenza di ogni potere ‑ religioso compreso. Ogni autorità o potere o interesse, infatti, che non accettasse logica, vuol dire che è disposto ad autodistruggersi, perché crede più nella forza inerme dell’amore che nella forza armata del potere. Ma è l’unica strada per fare di tutta l’umanità un solo corpo, come dice Paolo.
Questo linguaggio è duro!
…infatti questa è la versione eucaristica del nocciolo duro del messaggio evangelico: Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà (Lc 17,33). L’unico punto su cui Gesù non può cedere e si gioca l’abbandono dei discepoli stessi: volete andarvene anche voi? È ancora Pietro che ci offre l’uscita che mette insieme la debolezza tonta che ci accumuna a tutti, con la consapevolezza di sapersi chiamati per grazia: Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!

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