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martedì 4 novembre 2008

Il conflitto cristiano e gli anticristi


Durante una riflessione sul “rinnovamento” di una coscienza missionaria cristiana, mi sono incamminato verso prospettive sempre più nuove che aprono a un’accoglienza ulteriormente dell’annuncio evangelico. Ancora una volta, ciò che è in gioco è il coraggio a lasciarci convertire fino al capovolgimento culturale del nostro modo di intendere e di volere come dice già Isaia 55,8: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri né le vostre vie sono le mie vie»…

Fin dall’inizio mi sono “focalizzato” in quel momento sorgivo dell’azione storica di Dio inaugurato nel movimento nuovo di liberazione che avviato in Mosè si compie, senza esaurirsi perché storicamente continuo, in Gesù di Nazareth… Questo è l’orizzonte fondamentale che non ho mai dimenticato e che ho sempre cercato di ripercorrere…

Cerco qui di approfondire ulteriormente questo “fatto”, riprendendo un discorso che ho maturato col tempo, proprio grazie alle difficoltà che ho dovuto affrontare e “sciogliere” in me prima di tutto. D'altronde le mie riflessioni non possono essere che la continuazione di ciò che io stesso vivo e ho vissuto, non potendo dare altro cibo se non quello di cui io stesso mi nutro…

Già da tempo mi ero presto reso conto, che tutte le difficoltà che incontriamo sono chiaramente “presenti” nella stessa vita di Gesù così come ce la descrive il Vangelo. Arrivai così ben presto a vedere come tutta la storia dell’umanità, come anche quella di ogni vita di ogni uomo e donna, presa nella sua totalità e in ogni suo frammento, nel tempo e nello spazio, è “riassunta” e “rivelata” nelle sue dinamiche più profonde proprio dal Vangelo, attraverso la vicenda storica di Gesù di Nazareth.

Per “dinamiche” non intendo semplicemente “i fatti”, la storia, il “ciò che accade”, ma l’intellezione cioè la “comprensione profonda dell’intelligenza e del cuore” attraverso lo svolgimento degli avvenimenti, del «“perché” “accade ciò che sta accadendo”»! Fondamentalmente esso risponde alla domanda: «Qual è il “meccanismo” che genera gli avvenimenti? In me, negli altri, in noi… in Dio?»

Mi è parso subito significativo a questo proposito, la dinamica del conflitto tra Gesù e gli altri (compreso il tradimento dei suoi discepoli) così come si manifesta nel periodo che va dal giovedì santo fino alla domenica di risurrezione… Questi “tre giorni”, me ne rendo conto sempre di più, sono la chiave d’interpretazione, la “cifra ermeneutica” di ogni “fatto” storico! Questo conflittoè” il perno su cui ruotano anche le diatribe presenti nel Vangelo, sia prima di questi “tre giorni” (andando quindi indietro nel tempo fino agli inizi della storia), sia dopo, nella storia della chiesa nascente fino alla fine della storia umana stessa, passando per quella che stiamo vivendo noi. Insomma, è lo stesso dramma che stiamo rivivendo. Sempre!… Cambiano cioè le persone, cambiano i nomi, cambia e avanza la storia, ma è sempre “la stessa storia” che stiamo vivendo nelle sue rappresentazioni esistenziali. E ciò su cui noi dobbiamo deciderci, è scegliere quale “ruolo” interpretare: questa è, e sarà, la sfida e lo scontro permanente, in noi, negli altri e nel nostro rapporto reciproco.

È assolutamente fondamentale abituarci a leggere la nostra vita e la Storia a partire da questa chiave di lettura. Altre letture non arrivano veramente a dare ragione fino in fondo della radicale “fatica di vivere”… e di morire!
Il nostro “unico” lavoro quotidiano è quello di continuamente leggere e rileggere lo stesso Vangelo e anche tutta la Bibbia in questa prospettiva, per comprendervi questa “struttura” in tutta la sua ampiezza e profondità (Ef 3,18)… E constateremo che la nostra storia, non è altro che la continuazione di quella.

Questo dramma sarà sempre presente nella storia tutte le volte che ci sarà un uomo sulla faccia della terra… fino all’ultimo respiro dell’ultimo uomo. Pertanto è illusorio ogni tentativo di voler eliminare questo conflitto: il “Dio tutto in tutti” (1Cor 9,22) è proprio del “tempo escatologico” cioè di quel “tempo senza tempo” proprio della fine di questo mondo e di questa storia che solo il Padre conosce (Mc 13,32).
E non solo è illusorio ma è anticristiano, in quanto è possibile solo con la soppressione della novità del messaggio evangelico di Cristo e di Mosè…

Ecco perché il Faraone, biblicamente parlando, non è affatto una figura marginale, in quanto ci aiuta a capire, sintetizzandolo in sé, non solo “da” cosa il Signore vuole liberarci ma anche, seppur negativamente, il “come” deve farlo.

Dio infatti, sebbene la sua azione liberatrice non possa non scatenare in coloro che non l’accolgono un’avversione violenta, non può “riprodurre”, nemmeno come reazione, le dinamiche proprie del Faraone, altrimenti non ci sarebbe vera liberazione, ma semplicemente un traslocare da un padrone a un altro Padrone, da una schiavitù ad una ben peggiore… E Dio non sarebbe più un Dio liberatore… Nasce così un itinerario educativo dell’umanità in cui Dio ci trasmette non solo la propria libertà ma ci aiuta a vivere una modalità nuova di libertà: quella specifica del Padre!

La figura storica del Faraone, presa anche nel suo significato simbolico, ci aiuta inoltre a comprendere perché la Buona Novella della liberazione incarnandosi nella storia, entra “necessariamente” in conflitto con quelle dinamiche schiavizzanti e antisalvifiche proprie di ogni “faraone”, (di ieri, di oggi e di domani, sia in noi che negli altri), che si oppongono all’azione liberante di Dio. Proprio come la luce con le tenebre (cfr Gv 1,5)! Lo ribadisco ancora, perché culturalmente non siamo abituati a rifletterci: L’eliminazione del conflitto esigerebbe la soppressione della luce, ma in questo caso ripiomberemmo nelle tenebre e finirebbe ogni speranza di salvezza-liberazione per l’umanità…

Dico “necessariamente” non in senso deterministico (indipendentemente cioè dalla volontà) ma per la logica profonda del cammino di liberazione: se “dove c’è lo Spirito c’è libertà” (2Cor 3,17), necessariamente cessa non solo ogni schiavitù, ma per così dire, anche ogni schiavista si trova disoccupato e ogni “faraone” si trova spodestato! (cfr i “potenti” nel Magnificat, ma anche la “caduta” di san Paolo in Atti 9,4; vedi anche quanto scrivo più sotto).


Se l’annuncio missionario-cristiano non può non farsi carico di questa liberazione per cui Dio ci fa Apostoli, non solo non può impedire il conflitto, ma “deve” provocarlo! (Gv 7,7). Altrimenti non c’è evangelizzazione in quanto non si libera realmente e ancor meno si salva, ma si dicono parole e si compiono azioni che come pula, il vento della storia non potrà che disperdere (cfr Salmo 1), perché finiscono per favorire proprio ciò che si doveva eliminare. Tradendo così il proprio mandato!

L’azione di Dio invece, proprio perché “violenta” la struttura mondana del potere (anche religioso) senza riprodurla, estende la propria Paterna salvezza anche sui potenti che “costretti” a tornare umili (cfr “aborto” in 1Cor 15,8 e Mc 10,25), imparano la “grandezza” nella “piccolezza” trasformando la cecità del potere istituzionale nella creatività del servizio carismatico (Atti 9,8; 13,11; Lc 22,26; Mc 10,42)… Anche ai faraoni infatti è annunciata la liberazione (Es 3,10; 5,1; Mt 2,1ss; Lc 21,12ss) purché imparino a servire e non a farsi servire (Lc 22,26!); a non ridurre in schiavitù ma a liberare (Is 45,1ss)… Dopotutto, in ciò sarebbero in buona compagnia in quanto questo è proprio il “movimento” stesso di Dio che, in Gesù Cristo, da potente che era, “umiliò se stesso” … cioè, da potente si fece “piccolo”, “povero in spirito” (Fil 2,6-8; Magnificat; Beatitudini)…
Perché anche la pace di Dio, è una pace altra rispetto a quella che vuole offrire la logica del mondo dei faraoni (cfr Gv 14,27: «vi do la mia pace… non come la dà il mondo»)…

Possiamo capire allora con luce nuova quelle strane frasi del Vangelo in cui Gesù sembrano inneggiare alla guerra (Mt 10,34-36: «Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a mettervi la pace, ma la spada. Perché io sono venuto a mettere disaccordo tra figlio e padre tra figlia e madre, tra nuora e suocera, e i nemici dell'uomo saranno quelli di casa sua»; Lc 12,51ss). Esse non hanno niente a vedere con una distinzione morale tra buoni e cattivi e ancor meno giustifica una blasfema “guerra santa”, ma sono una rivelazione delle dinamiche conflittuali che la reazione al suo annuncio mette in atto! Necessariamente! E questo conflitto evangelico è storicamente essenziale per alimentare in noi la speranza certa di un “mondo nuovo”! Non solo perché se c’è, vuol dire che la pasta sta lievitando (Lc 13,21), ma anche perché non si potrebbe essere altrimenti “felici nella persecuzione” senza alienarsi dalla storia! (cfr 1Pt 1,6-9; 3,14ss; 4,14; e anche la perfetta letizia francescana).

Come insegnano anche le Beatitudini (Mt 5,3ss; Lc 6,20) mostrando che la “logica” che presiede alla gioia evangelica (makàrioi in greco è molto più che il nostro “beati”) è determinata dalla presenza attuale (notare il tempo presente) in Gesù Cristo del Regno di Dio (Mc 1,15; Mt 12,28!) accolto solo dai semplici (Mt 5,3: i poveri in spirito: i non-faraoni), provoca i conflitti descritti dai versetti successivi (soprattutto 5,11)… Conflitti la cui soluzione è rimandata al piano di Dio (si noti il seguito con i verbi al futuro) ma che è già presente là dove il Regno è accolto: che “cieli” di 5,12 non sia l’aldilà ma la pienezza del Regno nel “cuore” di ognuno lo si evince dal confronto tra Mt 5,12 e 12,28! Anche per questo i verbi successivi al versetto 5,3 sono al futuro in quanto indicano progressione storica e non semplice rinvio nell’oltre della storia in un aldilà disincarnato.

Se capiamo questo capiremmo meglio anche “il Natale”, questo misto di luce e di notte, di gioia e di persecuzione, di piccolezza e grandezza, di ingenuità e malizia, dove la semplice presenza del Regno di Dio, sempre totalmente indifesa, ma non per questo non-conflittuale, scatena forze e dinamiche così ostili da sembrare sproporzionate (Mt 2,16; cfr anche l’azione non-violenta di Gandhi!)…
Altro che “dolce Natale”!… lo sarà per noi a cui è data la possibilità di vivere l’ebbrezza della libertà donata, ma per i nuovi Faraone-Erode e i nuovi Mosè-Gesù… lo scontro è appena cominciato… È nostro compito raccoglierne la sfida!

Il non farlo non sarebbe né “nobiltà d’animo”, né “carità”, né “buona educazione”; né “mitezza interiore”, né “vera lealtà e amicizia”, né “amore per la pace, la giustizia, il dialogo e la comunione”… Invece sarebbe “mascherata codardia”, “omertosa sottomissione”, “viscida adulazione”, “inconscio carrierismo”, vera “slealtà e inimicizia”, “subdola forma di disprezzo” complice di “guerre e ingiustizie”… Insomma “tradimento estremo di tutto il Vangelo” (1Cor 13,1-3)… In una parola nuovi-anticristi (1Gv 2,18; 2,22; 4,3; 2Gv 1,7).

1 commento:

Danila ha detto...

Ecco, cos' mi piace! Condivido pienamente. Il problema "pace" è più che mai impellente di questi tempi. La pace di Cristo sia con TE e con tutti NOI. Danila

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