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venerdì 26 giugno 2009

Chi è dunque costui?... che le forze della malattia e della morte gli obbediscono?

Gustav Klimt, Tod und Leben (Morte e Vita)
Le letture odierne suscitano domande terribili. Cristo guarisce un’ammalata, risuscita una morta. Questa è la sua professione. Perché poi, dopo di lui, gli uomini devono ammalarsi di nuovo e tutti devono morire? Dio vuole la morte? Se nulla cambia in questo mondo, per che cosa Cristo è venuto? (Balthasar). Marco prosegue la sua inchiesta sconvolgente di Gesù: incontra due donne, ferite a morte dalla paura della vita e nella loro disgrazia risuona la stessa tragica domanda della tempesta sul lago: Signore, ti importa che noi moriamo ? – t’importa che la malattia e la morte prosciughino la sorgente della vita?

le creature del mondo sono portatrici di salvezza…
Un’affermazione sbalorditiva, che sembra smentita dalla malattia e dalla morte, ma ha una sua verità confortante e luminosa. Tutto ciò che ci fa nascere e ci mantiene in vita, ci è offerto da questo tessuto di cose, di persone e di energia nel quale siamo nati e che ci nutre e sostiene. Poi impareremo presto che il tessuto è fragile, liso e corroso in tante parti e destinato a consumarsi del tutto. Scientificamente (sul piano della necessità fisico biologica) è evidente e inconfutabile: la vita finisce!… e anche il mondo che l’ha prodotta ha dentro di sé la consunzione. Chi ha voluto la morte? Dio infatti ha creato tutto per l'esistenza; Dio ha messo in essere un sistema complesso che noi chiamiamo “mondo”, frutto di un immenso scambio energetico in continua espansione dall’immensità astrale o subatomica, al livello biologica e finalmente psichico… in milioni di anni. Fino alla vita umana!... e qui è emersa la possibilità assolutamente nuova, (la pienezza dei tempi dell’attesa biblica), cioè la vita spirituale: un livello o una qualità di umanità, che pur totalmente immersa e condizionata dai precedenti livelli di vita dai quali proviene… si emancipa in qualche modo dalla necessità e apre spiragli di consapevolezza, di libertà, di amore… Qui diventa vera, possibile all’uomo la speranza incredibile di una vita non legata alla deperibilità della materia: Sì, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità! non ovviamente nel sogno illusorio di sfuggire alla morte biologica, inevitabile per ogni essere “mondano” (o di carne, nel linguaggio biblico), ma per il prodursi di questo vero miracolo misteriosamente comunicato a tutti in Cristo. Nella nostra vita umana destinata alla morte biologica, è seminata una qualità nuova, un germoglio, che, superando la paura della morte, diventa capace di sorpassarla: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale. …Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. …Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l’incorruttibilità. Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati … Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? (1Cor 15,43ss).
«Non temere, continua solo ad aver fede!»
Ogni malattia è già un prodromo dell’incubo della morte. Mette in dubbio la speranza e il senso stesso della vita nostra e di chi amiamo. Perciò ci turba senza rimedio. Quando la malattia diventa morte, tutti perdono ogni speranza residua, anche nei poteri indecifrabili delle medicine e dei taumaturghi. Il racconto di Marco, come buona notizia di salvezza, è arrivato ad un punto “morto”. Gesù incontra gente che muore! Non può evitare il problema. Ma Gesù ha un atteggiamento assolutamente nuovo verso la morte: pur soffrendo e piangendo , quando la incontra, è però tranquillo, quasi connivente, e ne assume la necessità. Dice che è sonno, transito temporaneo – come se alla morte, infine, si debba consegnare proprio ciò che la morte vuol portare via, la vita biologica, non la vita più vera che intanto è germogliata nella vita biologica, e si è fatta più o meno consistente, nella vita di ognuno. Non temere, continua solo ad aver fede! La fede richiesta da Gesù in lui stesso, salvatore della vita, vuol dire: credi che è l’amore che è onnipotente, non la malattia e neanche la morte, né il potere, che cerca di accecarne l’angoscia – pronto a svendere tutto per prolungare la vita a tutti i costi? Credi che il bene supremo da salvaguardare non è la salute fisica o la vita biologica o la stima o il piacere o i soldi, ma il legame a lui, per seguirlo nella via della salvezza? Come per l’emorroissa: … se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata! La morte non è vinta per il fatto che Gesù evita la morte (di fatto morirà e di morte violenta!), ma perché non se ne è lasciato asservire, ha vinto la paura della morte affermando l’amore fin dentro la morte.
L’emorroissa e l’anoressica risanate: la donna simbolo del percorso cristiano…
La donna, in questa pagina del vangelo, è posta sul crinale della salvezza o perdizione dell’umanità. La madre dei viventi, piccola o malata, si rifiuta alla vita, non riesce ad assumerne e portarne il peso di responsabilità e di sofferenza (la piccola), o si disperde nel consumo sterile di sé, senza amore, senza un volto per cui vivere a e a cui donarsi (la grande). L’evangelista ricorda, dopo la guarigione/risurrezione della fanciulla dodicenne: “e Gesù ordinò che le fosse dato da mangiare”, configurando, per usare le nostre parole, una diagnosi di anoressia mortale. Non sarà che l’anoressica non vuol mangiare perché ha intuito che la vita che è chiamata a tramandare sarà svuotata e appiattita su valori inconsistenti (mortiferi) – e si rifiuta di assumerli?… E Gesù raccomanda, dopo averla richiamata alla vita, che bisognerà re/insegnarle a mangiare, dunque a distinguere cosa mangiare. Fa propaganda anticipata del suo prodotto eucaristico: un mangiare, del resto, quello proposto da lui, che sembra ancor più tossico degli altri, perché è il memoriale della sua passione e morte, come dono di sé, ma è ciò che rende la carne mortale capace di eternità, ciò che risponde davvero all’anelito più profonda che, disatteso, ha bloccato la ragazza… E proprio mentre s’avvia a guarire la fanciulla che fugge dalla vita, lo sta cercando, di nascosto per la vergogna, l’emorroissa, la donna che sta “sprecando” la sua vita – il sangue, i soldi, la speranza! Gesù ne è colpito (chi mi ha toccato? … una donna, che da dodici anni – l’età della bambina! – soffriva un flusso di sangue). Questa donna che ha già fatta e in qualche modo superata l’esperienza atroce della bambina, è diventata grande ed ha già sperimentato nel suo corpo di donna che tutto si consuma e non c’è cibo o valore o medicina o altro rimedio o che possa “esser contenuto dentro di noi” per costruire qualcosa in noi stessi e di noi stessi che duri per sempre. Ha sentito di Gesù, delle sue parole e della sua misericordia guaritrice. Vuole provare a cercarlo e toccarlo, come estrema risorsa. Ma Gesù non dà rimedi senza guardarti in faccia, a costo di aspettare per anni e perdersi in tentativi innumerevoli e fughe infinite, che la nostra paura più o meno consapevole si inventa. Gesù vuole guardarla e parlarle, perché il suo rimedio non è una medicina o un espediente magico … ma la comunione amicale con lui. Allora, dopo una vita a cercarlo, una forza esce da lui, che le fa sentire nel suo corpo che era guarita…
Conoscete infatti la grazia del Signore…
Qual è il meccanismo, la nuova dinamica vitale seminata da Gesù nel cuore dell’umanità, per superare la paralisi o l’emorragia dell’energia della vita, che la paura atavica della morte induce in ognuno? È il motore di partenza che ha creato per amore il mondo, ma infine ha voluto manifestarsi nella discesa di Dio stesso nel mondo: da ricco che era si è fatto povero per voi perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini…. Queste donne guarite da Gesù portano misteriosamente nel loro corpo le stimmate del dramma dell’umanità e della sconvolgente risposta di Gesù: nell’amore che accetta la precarietà fragile della natura di carne di cui siamo fatti, sta il segreto del superamento della paura di morire: non c’è amore più grande che dare la vita... per questo nel cammino di guarigione della donna è il luogo e il segno – il sacramento naturale – del rapporto di Gesù con la sua chiesa.

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