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venerdì 12 giugno 2009

Prendete: questo è il mio corpo, questo il mio sangue!...

I Lettura : Es 24, 3-8
In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore, poi si alzò di buon mattino e costruì un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!». Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
II Lettura: Eb 9, 11-15
Fratelli, Cristo, invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente? Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza, perché, essendo ormai intervenuta la sua morte per la redenzione delle colpe commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che è stata promessa.
Vangelo: Mc 14, 12-16. 22-26
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua. Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio». E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Alla fine… una cena “pasquale” tra amici per il mondo intero!
Siamo arrivati al periodo che chiamiamo “ordinario”, nel cammino liturgico vitale della Chiesa, dopo un lungo percorso di PAROLE antiche e nostre – di GESTI simbolici ed efficaci – di FATTI storici che trasformano la vita…: Pasqua di passione e resurrezione, Ascensione, Pentecoste, Trinità. Oggi, ed è il culmine, è la festa del “corpo e sangue del Signore”. Non è stato semplicemente un cammino liturgico e cultuale, ma è la risposta esistenziale dei primi amici e discepoli di Gesù, al problema che li ha sconvolti, riguardante la sua messianicità. Ecco la domanda centrale: Gesù è davvero il Messia, salvatore del mondo e di ciascuno di noi? o ci riserviamo varie altre àncore di salvezza? O… non c’è nessuna salvezza? Anche il discepolo di oggi gioca la sua fede sulla risposta a queste domande. Il nuovo Testamento, dai Vangeli agli Atti fino all’Apocalisse, è il racconto della risposta consapevole e sperimentata della chiesa nascente alla grande domanda: ognuno è in grado di raggiungere e rivivere, per la forza dello Spirito, ciò che Gesù ha vissuto e insegnato come spiega Pietro in una splendida sintesi, fin dal suo primo discorso alla gente:
Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene … voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. … Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire… All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?».E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. … Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere (At 2,22s).
Già la sintesi prima della fede cristiana era arrivata, dunque, al gesto fondante dello “spezzare il pane”…
Il senso dell’eucaristia
Dopo 2000 anni, pur attraverso innumerevoli crisi e vicende sconvolgenti, l’eredità di Gesù, sgorgata dall’esperienza della chiesa nascente, rappresenta una delle “religioni” più diffuse a livello mondiale, una compagine socio religiosa di enorme influsso, caratterizzata da una dottrina etico-teologica molto complessa ed elevata, che il cristianesimo ha ormai diffusa in tutto il mondo. Umanamente, una realtà importante, ma che rischia di appiattirsi su una dimensione socioculturale che è molto meno di quanto essa nasconde nel cuore del suo “mistero”. E che oltretutto la tradirà, di fronte alla potenza della proposta tecnologica di benessere infinito, molto più affascinante per l’uomo del nostro tempo. Ecco perché, alla fine del ciclo liturgico, ci scontriamo inevitabilmente con l’eucaristia, il discorso duro del “corpo e sangue di Gesù”, cibo essenziale del cristiano, che ha scandalizzato fin dall’inizio i discepoli… ma costituisce, con la Parola testimoniata dagli Apostoli, la comunione e la preghiera, l’asse portante della fede cristiana – promessa e garanzia del cammino umano verso la nuova ed eterna Alleanza. Il ‘pane benedetto spezzato distribuito’… da mangiare, il calice di ringraziamento ‘distribuito e bevuto da tutti’ … sono la suprema rivelazione della vita. I discorsi sulle Scritture e l’insegnamento degli apostoli possono commuovere il cuore, riscaldare la mente, ma il gesto della frazione del pane sconvolge l’essere totalmente, la struttura di fondo dell’uomo, perché reimpasta e rimodella un nuovo Adamo! È il gesto del Figlio di Dio e del Figlio dell’Uomo, è il gesto di ogni io umano chiamato all’ultimo passo, l’ultimo gradino dell’ascesa antropologica (e perciò cosmica) verso lo stato di uomo compiuto, profetizzato da tutto l’antico peregrinare biblico. Cristo è sempre dietro e dentro questo gesto vivente e pieno d’amore. Nessun tradimento, nessuna delusione, nessuno ostacolo lo fanno desistere. Non rifiuta il suo corpo a chi lo vuole consumare, anche quando l’uomo non vuol più saperne di lui. Il suo gesto rimarrà fino alla consumazione del tempo, essendo la legge nuova, la dinamica profonda e stimolante della vita in ascesa, il Patto irrevocabile con il Padre creatore. (G. Vannucci).
La drammatica “fatale” appartenenza reciproca (di vita e di morte)
I discepoli di Gesù, ammaestrati da lui stesso, sono andati a cercare nei riti e nei gesti ancestrali della loro tradizione religiosa le chiavi di comprensione del misero che li travolgeva. L’oscuro rapporto con il Dio della morte e della vita, la necessità tragica di propiziarselo con il sangue perché la vita è sua, la storia dei patriarchi, di Davide, del fallimento della monarchia e dell’esilio, s’illuminano lungo i secoli, nella scoperta sempre più consapevole che il Dio della morte non può non essere anche il Dio della vita, che vuole Isacco salvo e non sacrificato. Il Dio della sottomissione totale fino all’olocausto è anche il Dio dell’alleanza d’amore, che vuole un popolo libero dalla schiavitù, dall’idolatria, dall’esilio… e trasforma il “bagno di sangue purificatore” in ricominciamento progettuale dell’uomo e della storia, già fin da Mosè: Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e … dissero: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!».
Il nuovo Mosè assume e disinnesca il meccanismo di violenza che questi riti celebrano e si portano dentro e semina fermenti divini di benevolenza nel terreno inospitale del cuore dell’uomo. La consegna del ‘proprio’ corpo donato nel pane spezzato, del proprio sangue offerto nel vino distribuito a tutti … cos’altro può essere se non la trasformazione radicale in dono di dedizione, sino alla fine, del proprio istinto di affermazione difensiva e aggressiva di sé, che vorrebbe preservare illusoriamente dalla morte il nostro piccolo pezzetto di carne? Coinvolgendo dunque anche noi a vivere la nostra personale vita, amando, servendo, consumandoci, affrontando tutti i rischi e la morte che vi è inclusa. Perché questo è il grande dono che Cristo ha vissuto e ci ha dato, di ripetere con lui, per la forza dello stesso Spirito, che abita e geme in noi, questa trasformazione eucaristica progressiva. In virtù di questo dono, anche noi possiamo imparare un nuovo “dare”. Legge severa e tragica della vita è il “dare”: restituire tutto alla terra, che si riprenda la materia che ci ha prestato per autocostruirci nel nostro piccolo segmento di vita, nella storia dell’universo immenso. Nella natura il dare è necessità, nell’uomo è frutto di libera adesione di amore, è “consegnarsi”! La minuscola possibilità di scelta che ha l’uomo è questa proposta eucaristica, che non si fa coinvolgere nel vortice letale di chi opprime, umilia, sfrutta e divora… gli altri. Ma mette, invece, la propria vita allo sbaraglio, nei barlumi di scintille d’amore che lo chiamano ogni giorno, talora dolorose, talora luminose. L’invito interiore persuasivo dello Spirito a dare la vita, a riprendere ostinatamente la voglia di vivere e di amare nella monotonia del quotidiano, rinnova il miracolo di Gesù. “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue!” … tutti ci tocca dirlo! Questo cibo ce ne “comunica” la forza! E lasciarci spezzare e distribuire perché tutti ne mangino e ne bevano… nella cena della vita (tacita o manifesta, frugale o solenne… dolorosa o gioiosa, fallita o stimata…). La fede è il dono di poterla un poco preparare, la nostra diuturna cena della vita, anche se ha già preparato tutto lui, sapendo che è “pasquale”, cioè che passa attraversa l’amara esperienza della morte per condurre alla vita.
…ci ha procurato così una redenzione eterna
È infatti una situazione che si compierà dopo morte, ma è già adesso la vita. Eterna vuol dire la sua definitività e la sua qualità di non avere più dentro di sé germi di corruzione, proprio perché il nostro unico sommo sacerdote con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio … purificando la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente. È nato un nuovo modello umano, un nuovo modo di essere umani… Non ci esenta dalle fatiche, delusioni, fallimenti e tradimenti, nel nostro zoppicante cammino di credenti e di chiesa… Ma ha affidato questo compito interamente a noi, nel suo Spirito, adesso lui digiuna in attesa di sederci alla mensa di conclusione delle nostre fatiche. In questo tempo, contrassegnato dalla fame e dalla saturazione, dalla sicurezza sociale dei troppo ricchi e dai ‘respingimenti’ dei troppo poveri, la Chiesa è chiamata a rivivere con semplicità e radicalismo il significato del Pane e del Vino… Forse noi cristiani, in un tempo così condizionato, dovremmo ritrovare semplicemente la vita, la gioia, le speranze più folli, mettere da parte le dotte elucubrazioni sul mistero e divenire pane che ha una sola ragione di essere: nutrire; vino per dissetare… E trasmettere a tutti i cuori, minacciati da un mostruoso appiattimento umano, che organizza il lavoro, i piaceri, i giochi, la fame e l’abbandono per altri… divenire anche noi “i sacerdoti dei beni futuri…” che attecchiscono nella vita di oggi, ma non muoiono mai!

cfr Giovanni Vannucci, «Il pane spezzato», 3° domenica di Pasqua, Anno A; in Risveglio della coscienza, 1a ed. Centro studi ecum,. Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984, Pag. 69-71. Verso la luce; Il Corpus Domini Pag. 101-104 Anno B.

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