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sabato 13 giugno 2009

Mani schifate

Per non dimenticare...


Quei guanti di lattice, che servono a non toccare l'orrore, sono come il nostro pensiero, come i nostri ragionamenti sull'immigrazione-sì e l'immigrazione-no, le quote, i conteggi, i controlli, le leggi. Le guardie di finanza usano guanti di gomma e noi usiamo guanti mentali. Proprio come loro li indossiamo per non entrare in contatto con il male fisico, con la sofferenza dei corpi.

Ma bastano una, due, tre foto come queste per farci scoprire la fisicità. Le guardiamo infatti senza più la mediazione della logica, ne percepiamo l'efferatezza e la bruttura. E saltano i ragionamenti, non c'è più bibliografia, spariscono i distinguo del "però questo è un problema complesso". Ecco dunque la banalissima verità che sta dietro ai nostri dibattiti, al nostro accapigliarci sull'identità e sulle frontiere: stiamo buttando fuori a calci in faccia dei poveretti che ci pregano in ginocchio stringendo le mani delle nostre guardie di finanza, mani schifate e dunque inguantate.

E ci cade a terra anche la penna perché l'occhio è molto più veloce e diretto dell'intelligenza con la quale siamo abituati a mentalizzare il mondo. Ci cade la penna perché capire e spiegare è già tradire l'orrore, significa infatti infilarsi il guanto dell'orientamento politico, dei libri che abbiamo letto, della nostra battaglia contro la xenofobia, significa parlare dell'esplosione demografica e del deflusso inarrestabile dell'umanità dai paesi dell'infelicità a quelli dell'abbondanza... E invece qui non si tratta né di cultura né di generosità, qui il pensiero si mostra per quel che è: un guanto di lattice, appunto.

Qui ci sono da un lato i corpi tozzi, grassi e forti della Legge, la nostra legge, e dall'altro lato i corpi umiliati e maltrattati dei disperati che non vogliamo in casa nostra e che respingiamo. E nella loro sofferenza c'è un surplus di mistero che non si esprime necessariamente nella magrezza e nelle cicatrici perché - guardateli bene - quei corpi avviliti sono ben più vigorosi dei corpi sformati degli aguzzini che ci rappresentano, degli italiani "brava gente" con il manganello. Sembrano addirittura più sani, certamente sono più vivi.

Dunque ancora una volta è l'occhio l'organo vincente. Ancora una volta scopriamo che la mente ci abitua a non vedere le cose. E' infatti facile dire che in casa nostra devono entrare solo quelli che hanno un permesso di lavoro e che ci vuole un legge per facilitare le espulsioni dei clandestini. Grazie alle foto dei reporter di Paris Match ora sappiamo che tutto questo significa una scarponata sulle dita di una mano aggrappata alla murate di un'imbarcazione, o un pugno sui denti o...

A Porta a Porta o a Ballarò si può trovare una motivazione per tutto, si può spiegare ogni cosa. Ma davanti a queste foto ragionare diventa un crampo. Guardate che cosa è la fisicità della politica della dolce e bella Italia: respingere a calci, prendere di peso gli infelici e buttarli fuori dalla Bovienzo che fa servizio da Lampedusa a Tripoli, portarli davanti alle coste libiche e far credere loro che è ancora Italia, trascinarli a terra nudi. E non sono foto di scena, immagini di un film, non sono finzioni. E' davvero questa la nostra politica, con un rapporto stretto tra quello che qui stiamo vedendo e quello che qui non si vede. La nave Bovienzo infatti è come le nostre strade di notte dove piccole creature nere si vendono ai camionisti. La Bovienzo è la violenza sulle donne, anche quella che ci viene restituita in forma di stupro. La Bovienzo sono i soprusi e il disprezzo per i miserabili. La Bovienzo sono le ronde razziste e i barboni bruciati. La Bovienzo è l'Italia dei mille divieti e dei mille egoismi. La Bovienzo è l'Italia generosa che è diventata feroce per paura. La Bovienzo è l'Italia che guardando queste foto si riconosce irriconoscibile: ma davvero siamo noi? di Francesco Merlo in Repubblica.it

10 commenti:

Danila ha detto...

Ora, per tenere a debita distanza chi ci chiede aiuto, usiamo i guanti di lattice. Un tempo i guanti venivano utilizzati per schiaffeggiare il rivale, che presupponeva un duello all'ultimo sangue. Cosa è cambiato?
L'articolo che ci proponi, Mario, è un grido contro la disumanità, è la fotografia di una "valle di lacrime" che si riempie del dolore altrui...e della vergogna italiana.
Anch'io appartenevo a quella parte d'Italia che "forse" ritiene giusto che l'entrata nel nostro Paese richieda un permesso di soggiorno, un posto di lavoro. E "forse" rimane ancora vero. Ma non per proteggere i nostri interessi, bensì i loro, affinché possano recuperare la loro dignità di uomini liberi. Ma ho aperto gli occhi: con o senza permesso, con o senza lavoro, noi abbiamo il dovere di regalare Speranza ai nostri fratelli in difficoltà. Ed è questo pensiero che fa la differenza! Tu mi hai aiutato a leggere nel profondo del mio cuore. Mi sono accorta che convinzioni non mie vi si erano infiltrate e lo stavano corrodendo. Mi hai aiutato a ripulirlo, a purificarlo. Spero che le letture che tu ci proponi, le immagini o le tue stesse considerazioni, aiutino altri a capire cosa significa vedere con gli occhi di Dio i propri fratelli. Oggi è la ricorrenza del Corpus Domini, del quale, come Chiesa, ne facciamo parte integrante. GRAZIE per aver evidenziato che tutta l'umanità è a immagine e somiglianza di Dio, e che molti nostri fratelli sono Cristo Crocifisso!

Mario ha detto...

Prego!
È mia intenzione scrivere qualcosa di più articolato... per ora basterebbe prendere coscienza che ciò che consideriamo giusto può servire a nascondere una grande ingiustizia (ipo-crisia). Certo è giusto accoglierle e dare loro di che vivere... ma ciò non diminuirebbe minimamente l'ingiustizia a cui di fatto li sottoponiamo: quella di dover lasciare il proprio paese, i propri cari, la propria cultura per poter sopravvivere...
Veramente giusto allora sarebbe ben altro... Ma su questo non ho ancora visto uno straccio di articolo... Il che mi conferma su quanto detto sopra, che anche la nostra carità spesso serve più a chi la fa che a colui che la riceve (cfr 1Cor 13)... Se quindi anche il bene che noi facciamo (per esempio accogliendoli, ma anche le "adozioni a distanza"...) è ipocrita, possiamo bene immaginare quale abisso di perversione umana sia "il respingimento"... Meditate gente, meditate...

Danila ha detto...

Carissimo, non posso che unirmi a te su quanto dici! L'ideale è proprio rendere vivibile il paese da dove i nostri fratelli devono fuggire perchè non offre loro sostentamento di alcun genere. Hai visto HOME? Le Nazioni che si definiscono civili in realtà stanno uccidendo la Terra con gli annessi e connessi. Pochi decenni e anche noi saremo sopraffatti dalla distruzione, se le potenze governative non corrono SUBITO ai ripari. Quel proverbio calza a meraviglia: "chi la fa, l'aspetti". E tutto questo perchè solo il 20% della popolazione mondiale beneficia dell'80% delle risorse della terra. Uno scompenso disumano. Non serve fare qualcosa di più...occorre cambiare testa e cuore, rivoluzionare il nostro modo di vivere, esageratamente superfluo! Hai ragione da vendere!! L'ipocrisia è talmente diffusa che ha accecato perfino coloro che dovrebbero vederci bene, con gli occhi di Cristo!

.Cecilia ha detto...

so che l'intervento, l'articolo e l'evento che li ha ispirati sono non più freschissimi seppur attuali, e che sarebbe stato più interessante esprimermi al momento in cui sono apparsi. ma allora ho trovato non fosse il caso, per ragioni mie.
ora, scorrendo le pagine del blog ho ritrovato l'immagine che a suo tempo anch'io pubblicai sul mio spazio domandando ai lettori che cosa ci vedessero dentro.
perché io in quel guanto (di nitrile, non di lattice - nè tantomeno un guanto bianco di sfida, anche se il paragone suona bene) non ci vedo affatto distacco e disumanità. al contrario, quel guanto è un simbolo - certo - ma è un simbolo della stessa cosa per la quale viene concretamente utilizzato, a mio parere anche nel caso ritratto in fotografia: professionalità, garanzia di igiene.
un'igiene non da intendersi come asettica indifferenza, ma come rispetto e cautela, attenzione per la persona che vado a toccare (ed è un tocco mai soltanto fisico, ma sempre anche intimo in qualche misura), a toccare e dalla quale mi faccio toccare.
il guanto protegge me, ma protegge anche te - anzi solitamente mira più a questo secondo obiettivo.
inoltre, ed oltre il guanto, io vedo qui un gesto semplice e per nulla costruito, in cui c'è molto da leggere ma poco da analizzare per trovare dei risvolti: una persona (a sx) che porge la mano ad un'altra persona (a dx), per aiutarla ad alzarsi.

quella sull'igienicità delluso dei guanti in molte situazioni, compresa quella della ricezione di uomini vissuti per giorni interi in condizioni inadeguate su un barcone, ritengo non sia una mia opinione ma una realtà di fatto.
tutto il resto è invece, naturalmente, un mio pensiero.

Mario ha detto...

Poco importa di che materiale sia il guanto, importa di che pasta sono fatti gli uomini…
E il contatto di un guanto era proprio l’ultima cosa che quel “povero cristo” avrebbe voluto toccare di un italiano (fosse stato veramente accogliente almeno!). Cecilia perdonami ma il tuo intervento è inaudito! Semplicemente assurdo.
Volevano proteggerlo? Ma fammi il piacere! Se volevano proteggerlo non lo avrebbero sbattuto a soffrire sulle coste libiche (che fine avrà fatto? Vivo? Morto? Impazzito? Stuprato e gettato in una fossa comune? O ricacciato al suo paese a morire di fame?
Non nascondiamo dietro una mentalità igienista pseudo scientifica (quando dovevano sbatterlo giù dalla nave i guanti non ce li avevano più!) la nostra “volontà di potenza”… altro che aiutarlo ad alzarsi, volevano semplicemente poterlo allontanare meglio.
Eppoi la mano di sinistra se vedi bene è tra le due mani nere che le prende come aggrappandosi ad essa nella speranza di “com-muovere”… Inutilmente però, infatti la mano “guantata” è passiva, morta, come “rubata”… infatti il pollice non si chiude in una presa… E questi novelli esecutori di un Legge immonda… Raus!
La mia opinione personalissima, ti chiedo scusa per la franchezza, è che il tuo intervento è una disquisizione astratta e fuori dal contesto, pura speculazione narcisistica e offensiva delle persone e dei fatti. Non si tratta qui di disquisire sulla “guantità del guanto”… ma del virus dell’insensibilità iniettato nel cuore del fratello bisognoso… L’articolo sarà vecchio, ma, come vedi, la ferita resta fresca e sanguinante, nel cuore e nella memoria mia e di molti altri bianchi e neri e compreso quell’anonimo “fratello nero”. So che mi perdonerai la franchezza, in ogni caso io ti perdono la leggerezza. Pace! ;o)

.Cecilia ha detto...

ascolta, Mario.
mi capita non rare volte di avere opinioni anche parecchio differenti da quelle del mio interlocutore, e non è certo mio uso ritrarmi o nascondermi, e non accettare un dibattito.
ma, detto sinceramente, io credo che tu sia andato ben oltre il senso delle mie parole - molto chiaro, non contorto - e che stia estremizzando dei concetti a sproposito.
idea mia, certamente, ma ho parlato di igiene in maniera molto concreta e non astratta - senza per altro andare a disquisire sui temi dell'immigrazione.
non c'entra alcuna "mentalità igienista", ciò che scrivo è dettato dal buon senso: pratico, e sicuramente anche "tecnico"; ma in maniera assai elementare e per nulla pseudo-scientifica.
ripeto: ho fatto riferimento alla fotografia ed a quello che secondo me mostra ed implica - cosa diversa da un'analisi del testo e degli argomenti che mette in luce.
ed a proposito del testo, è indubbio che sbagliare il materiale del guanto è in sè e per sè una piccolezza. io però l'ho specificato non per amor di perfezione, semmai l'avessi pensato, ma perché effettivamente conta: diverso guanto, diversi scopi. in sanità si usano i guanti di nitrile, ecco tutto: guanti che hanno una funzione precisa, che non è sicuramente quella di esercitare una qualche "volontà di potenza", non per lo meno in modo così lato e globale come tu lo descrivi.
e che piaccia o no, è comprensibile che i soccorritori - a terra ci sono anche quelli, mica solo numerini senza nome arruolati nelle forze del male - indossino un indumento protettivo. mi aspetto che accada in qualunque situazione che comporta rischi infettivi, e questa lo è: lo è molto banalmente, non certo fantasticando di virus tropicali o chissà che altro, e per entrambe le parti.
i respingimenti hanno ferito e feriscono anche me, un paio di guanti invece no.

amo la franchezza, ma pur dette francamente le cose che scrivi mi paiono fuori luogo - rispetto al mio commento, s'intende.
e rifiuto il tuo perdono, senza per questo rifiutare la tua pace (anzi la ricambio), perché non ho commesso alcuna leggerezza.

Mario ha detto...

Capisco che non è la foto del campo di concentramento di Auschwitz ma insomma poco ci manca almeno nella sua logica intrinseca e il guanto qui ha la stessa simbolica (quindi con le dovute differenze) dell’“efficienza” dei dottori del Terzo Reich che anche loro quando facevano esperimenti sulle cavie umane usavano tutti i crismi (tranne quelli deontologici ovviamente) della scienza medica… E ribadisco che il fatto che la tua analisi non tiene, sta nell’uso di quel guanto: non per proteggere ma per proteggersi quasi anticipandone il radicale rifiuto: non scordare che se lo toglieranno per agguantarli meglio e trascinarli fuori dalla nave! Non è il guanto la volontà di potenza, ma chi lo usa e usa la maschera scientifica per uccidere la solidarietà…

Per il resto abbiamo evidentemente sensibilità diverse… Resto del parere che il tuo intervento sia fuori luogo e fuori tema su una foto (e un articolo) che tutto si aspettavano tranne che stimolare la tua curiosità tecnicistica… ma il mondo è bello perché è vario. Peccato che il tempo che si perde nel soddisfare una curiosità “indiscreta” non lo si può più recuperare per cercare l’essenziale: e su questa foto non hai colto l’essenziale, perdendoti in rivoli che avresti meglio potuto trovare altrove. Ma naturalmente i tuoi interventi sono e restano graditi e, come vedi, in un modo o nell’altro stimolanti: e di questo ti sono grato e ti ringrazio.

.Cecilia ha detto...

è questo il punto, tu in questa foto ci vedi una logica intrinseca che per me non esiste assolutamente - anzi, il sospetto è che così associata al testo venga appunto interpretata per ciò che non è.
e questa è l'opinione.

quanto al tecnicismo, mantieni pure la tua idea sul mio intervento - d'altra parte non mi pare che tu sia disposto a rivederla - ma non pretendere che il mio interesse a discutere con te non ne esca svilito: una cosa è far presente una tendenza, anche un errore se crediamo vi sia, all'interlocutore; un'altra è decidere forzatamente per lui ciò che vuole significare e ciò che lo muove.
e tu hai sbagliato su tutta la linea: insisti su narcisismo e tecnicismo, che già ho negato esserci, e non ne vuoi sapere di prendere le mie parole per quel che sono, senza attribuirmi omissioni o malafede.

i miei interventi forse restano per te graditi, ma a me non va più molto di farne; se le condizioni sono queste.
pazienza: cercherò di distinguere le possibili "lotte sane e stimolanti" dalle perdite di energia.

Mario ha detto...

Ah! ah! simpatico finale!
Tu ti permetti di interpretare la foto al di là di quello che descrive (mica è un quadro di Picasso) e della situazione in cui è stata scattata... e io non posso, al di là delle tue intenzioni (che nessuno può giudicare) esporre ciò che il tuo scritto mi rivela? Offesa per questo?... ne hai ben donde probabilmente e ti assicuro che la cosa è reciproca… ma non per questo cesso di scriverti! Perché questo è il dialogo, accettare il dolore che l’altro può infliggerti, persino volontariamente, ancor più se involontario (cosa di cui spero siamo certi)… Ma il tuo intervento mi ha fatto proprio “star male” e non solo a me… Comunque sia, credo che si possa ottenere un po’ di armistizio, il tempo ci aiuterà a capire e a capirci. Pace! Vuoi?

.Cecilia ha detto...

ma resta un dialogo tra sordi, se entrambi riteniamo che sia l'altro ad aver sbagliato.
senza bronci o dichiarazioni altisonanti; non ho mai detto d'essere offesa, piuttosto mi hai definito offensiva tu.
la mia frase finale non è affatto simpatica, nè tantomeno ad effetto: è sincera e non ha alcuna sfumatura ironica.

potremmo parlarne per ore, dubito servirebbe: tu affermi che ho interpretato la foto ben oltre ciò che descrive, ma ho fatto esattamente il contrario.
io ho detto: la foto in sè, anche se proviene da una situazione tragica, non mostra nulla di tragico nè di malevolo, solo una persona addetta ai soccorsi che - nella propria veste usuale - porge la mano a chi di un soccorso ha bisogno.
non è uno slegare la foto dalla situazione, ma un tentativo di ridarle quello che secondo me è il giusto peso - l'articolo, i commenti sul fatto sono altra cosa.
non ho parlato in modo astratto (mi sembra tanto palese che mi sento quasi ridicola nel doverlo ripetere) nè ho voluto giustificare o sviare alcunchè: se non lo si comprende a questo punto, è inutile che prosegua - e lo dico tranquillamente, immaginando che mi reputerai saccente.
non ho inteso smettere di scrivere, solo valutare e differenziare meglio i miei interventi. non è una scelta casuale nè emotiva, e nemmeno codarda (anzi, il mio difetto è sempre stato quello d'essere troppo aperta e di non mollare mai la presa, neppure quanto sarebbe stato più corretto per tutti farlo; ed in questo, opinioni a parte, tu in una certa misura mi somigli).
il mio scegliere di calibrare diversamente la mia presenza è limitante per il dialogo ed il rapporto che ne può nascere, ma è diretto a nient'altro che a quello stesso armistizio che proponi.
dunque, se non è pace sarà una non-belligeranza.

del dolore e del dialogo so qualcosa. non penso di dovermi scusare, men che meno per "altri" che si siano offesi - ho fatto star male non solo te? ne sei certo? mi stupisce, ma non ho alcun problema a chiarirmi, anche privatamente, con gli interessati.

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