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venerdì 6 novembre 2009

Il sogno di Gesù per la sua chiesa

Gesù sta avvicinandosi alla conclusione (l’esodo) della sua avventura umana, a Gerusalemme e, man mano che espone sempre più chiaramente alle folle il suo “vangelo”, – come abbiamo potuto ascoltare nelle ultime domeniche – il conflitto con gli scribi, i farisei e i capi del popolo si fa più violento, perché questi sono gli unici che ne capiscono bene la drammatica alternativa al loro insegnamento e ancor più al loro comportamento: Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento (Mc 11,18). Gesù ha proposto con disarmata radicalità le esigenze “smisurate” del Regno nell’intimo delle dimensioni costitutive dell’uomo: dal conflitto sessuale si esce solo per fedeltà, dal conflitto economico si esce solo per comunione, dal conflitto per il potere si esce solo per servizio, come ha fatto il figlio dell’uomo …. Poi ha simbolicamente esautorato il tempio, divenuto un fico sterile e una spelonca di ladroni, indicando nel cuore dell’uomo la “casa” dell’incontro col Padre suo. Ha quindi ripreso e completato il comandamento “primo” sottolineandone la connessione essenziale col secondo: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza, e il prossimo tuo come te stesso (12,29s).É una questione di amore! Ma adesso, che il tempo del suo insegnamento è alla fine, davanti all’ostilità omicida della classe dirigente e all’incomprensione tonta dei discepoli, come spiegare cosa vuol dire “amare”?
Una donna, vedova e sola, gli viene in aiuto!
Lei non poteva neanche entrare nel tempio, ma solo nei dintorni consentiti alle donne. Chissà quante volte ha visto, sentito, sofferto che i capi preferissero passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti e … . divorare le case delle vedove, piuttosto che occuparsi dell’istruzione e assistenza al popolo. Era appunto anche lei una di queste vedove abbandonate e depredate, la categorie forse più ferita dalla precarietà estrema, priva di ogni sostegno! Dove avrà imparato una tale “totale” capacità di amore e affidamento? In lei si è condensato l’amore che Gesù andava inutilmente predicando da anni: In verità, vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri…. tutti gettarono dal loro superfluo, ma costei dalla sua miseria, gettò tutto quanto aveva, l’intera sua vita! È lei che ha esautorato il tempio da cui era esclusa e si e collocata nel cuore del Regno di Dio. Proprio una povera vedova, istituzionalmente “incompiuta” senza rimedio – come donna, come povera, come vedova, come analfabeta di cultura e di genere, incapace di valore testimoniale, inabile ad una autonoma preghiera o lettura delle Scritture … scopre che non in queste cose sta il cuore della nuova dinamica del Regno: ma nel donare tutt’intera la propria vita all’amore. L’amore è indivisibile, anche se l’apparenza aritmetica potrebbe suggerirne la parcellizzazione a settori (non a caso, infatti, aveva in mano due spiccioli, e avrebbe potuto darne uno al tempio e l’altro tenerlo per sé, ma dona tutt’e due!). Gesù ne è commosso. Aveva da poco detto a Bartimeo di Gerico, come a tanti altri e altre prima di lui: la tua fede ti ha salvato! Ma qui, chiamati a sé i suoi discepoli, vuol che assistano ad un evento nuovo: il suo amore “smisurato” l’ha salvata – e questo dovranno imparare se vogliono amare come lui ci ha amati!
… il sogno di Gesù
Lì, credo, di fronte a questa vedova, il Signore ha fatto il suo sogno più ardito, come vedesse realizzato l’anelito che in tutta la sua vita di messia e maestro non aveva ancora visto realizzare. In questa povera donna ha sognato la sua chiesa, presto vedova e spaventata, senza appoggi, dispersa come un gregge senza guida, magari in balia di pastori vili o incapaci, ma sempre umilmente irremovibile nel suo amore fedele, nell’affidamento totale al suo Signore – perché, pur dentro le prove e le ferite della storia, la sua vita tutt’intera rimaneva donata a lui! Affascinato da questa donna, Gesù vuol coinvolgere i discepoli in questo grande evento (pur impercettibile ai più). Come a dire: c’è qui davanti uno (una!) che è capace già adesso di ciò che dovrete imparare anche voi, per essere miei discepoli: “donare tutta la propria vita”. Questa povera vedova è dunque già sacerdote del nuovo tempio, non costruito da mani d’uomo. È protagonista di una nuova dinamica di salvezza, ignota agli uomini del tempio, perché è “amicizia” in Cristo che adesso verrà nella storia non solo e non più “in relazione al peccato”, ma, come suggerisce la lettera agli Ebrei, ormai spinto solo dalla predilezione di amore che lo coinvolge con noi! È la nuova alleanza predetta dai profeti! Gesù la scopre già in atto di fronte a Dio, nella vedova che ha davanti, discepola inconsapevole di quell’altra vedova di Sarepta (per di più straniera!), sua antenata spirituale, che offrì a Elia, il più grande profeta, la farina e l’olio della sua sopravvivenza. Gesù ha meditato, pregato e vissuto le Scritture, prima di spiegarcele (sa che parlavano di lui! “bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” Lc 24,44). Ha capito il messaggio profetico di queste vedove che hanno donato tutto quanto avevano, tutta l’intera vita. Ancora di più: intuisce e sperimenta che, nelle mani della due vedove, il dono di tutto ciò che hanno (farina e olio, spiccioli e … la vita intera) fa diventare inesauribile ed eterno (cioè eucaristico) il dono stesso, per quanto piccolo e insignificante nella grande storia. Anzi, sarà questa dinamica che fermenterà la storia
“Se comprendiamo che questa è la legge profonda del mistero dell’esistenza, un rinnovarsi continuo, un andare avanti continuo, un gettare sempre oltre i confini la nostra vita, allora possiamo vivere con più pace, con più serenità e con più partecipazione al mistero di morte e di risurrezione che è il mistero cristiano, il mistero di Cristo e il mistero della nostra vita di uomini. Noi cristiani siamo chiamati a vivere la nostra vita con piena partecipazione e con una continua apertura alle realtà che avvengono nell’esistenza di cui facciamo parte. Perché noi ci possiamo chiudere, possiamo costruire tutti i nostri edifici, possiamo costruire le nostre società di assicurazione più perfette, possiamo costruire gli imperi più grandi e all’apparenza più duraturi, e poi improvvisamente si solleva un soffio misterioso nella coscienza di tutti gli uomini, che travolge tutte le nostre strutture più perfette. Quante cose abbiamo visto tramontare durante la nostra esistenza, e le credevamo permanentichi ritiene avidamente la propria vita, la perde; chi getta la propria vita, la trova, potenziata, per una risurrezione e per un rinnovamento di vita!”(G. Vannucci)
Il senso della chiesa … è nel dono/sfida di un amore nuovo, gratuito e indivisibile
Il cristiano che, per conoscenza delle Scritture, ma soprattutto per esperienza, ha capito e assaggiato il senso dell’eternità (eucaristica) a lui promessa e partecipata dal Signore Gesù, diviene capace di un’altro atteggiamento verso il tempo, lo spazio e le loro “egoistiche” esigenze di sopravvivenza a tutti i costi, sulle quali in genere l’uomo è ricattato! Solo colui che è fedele, umilmente radicato, ma con tensione inscindibile, all’avventura di Gesù e del suo vangelo, si sbilancia dal proprio baricentro, per tuffarsi nell’essenzialità del regno di Dio!senza farsi tanti perché,ma con tutto il cuore, l’anima, la mente, le forze … Qualcuno ci arriverà quasi inconsapevole, come il contadino ignaro che trova il tesoro nel campo. Altri invece per appassionata ricerca, come il mercante di perle. Solo un’esperienza del genere può comunque spiegare la radicalità e totalità della dedizione della vedova, che sorprende Gesù, perché ci vede la “propria” esperienza: Li amò sino alla fine. L’azione umana infatti ha una qualità diversa da ogni altro frammento di energia dell’universo: è capace di diminuire o dilatare l’amore, cioè di assorbire e storicizzare la benevolenza del Padre creatore, che impregna il mondo. Ogni azione umana, dunque, crea continuamente dei vuoti e dei pieni, apre spazi e possibilità nuove all’amore, a seconda che accoglie o frena le occasioni di amore. Meno l’uomo, dominato dalla paura di morire, tiene per sé, più fa un vuoto dentro si sé, che è subito occupato dall’amore: perché apre energie e risorse nel suo cuore e nei suoi beni, per la crescita dell’altro. “Se le nostre azioni, le nostre opere di cristiani – della chiesa – sono contrassegnate dall’apertura ad una assoluta gratuità, questa stabilirà un continuo flusso di bene e di grazia tra il cielo e noi. E ci libererà da tutte quelle solidificazioni create dall’ambizione vanitosa di porre una finalità alle nostre azioni, anche a quelle che riteniamo più conformi alle qualità cristiane. Amiamo «per», preghiamo «per», facciamo delle opere sociali «per»; motivare l’amore non è amare, avere una ragione per donare non è dono puro, avere una motivazione per pregare non è preghiera (id).
Infatti Dio ci ama perché ci ama – cioè perché ci vuol bene!

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