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venerdì 13 novembre 2009

Sembra la fine… ma è l’inizio di un mondo nuovo!

quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte
Linguaggio ‘apocalittico’ o libri ‘apocalittici’ sono chiamati dagli esegeti tutti quei testi che, al di là del significato etimologico della parola (togliere il velo, rivelare le cose nascoste) si riferiscono genericamente alla fine del mondo e ai segni, alle paure, ai giudizi divini … a tutto ciò che è connesso con la fine imminente di tutto. Nella Bibbia tali testi sono nati in momenti di persecuzione e conseguente crisi di senso e di identità del popolo di Israele, soprattutto nell’esilio babilonese (Geremia ed Ezechiele), nella persecuzione ellenista (Daniele) e nel tempo successivo alla distruzione di Gerusalemme (l’Apocalisse e alcune pagine dei nostri Vangeli). Anche il Vangelo di Mc, prima del racconto della passione di Gesù, ci presenta una sua piccola “Apocalisse”. La liturgia ha scelto di leggerne la seconda parte, ove si racconta che il Figlio dell’uomo verrà sulle nubi “dopo la grande afflizione …”: è la tribolazione di cui parlava Marco nei versetti precedenti: quei giorni saranno una tribolazione, quale non è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino al presente, né mai vi sarà (19); quando vedrete l’abominio della desolazione stare là dove non conviene, – chi legge capisca (14) – … in quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà – e la luna non darà più il suo splendore – e gli astri si metteranno a cadere dal cielo – e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte( 24-25). … Parole oscure, perché, oltre al linguaggio apocalittico, sullo schermo della visione profetica, manca la prospettiva storica. Non c’è, infatti, distanza cronologica tra eventi che sono assemblati non per il loro svolgersi storico, ma perché hanno lo stesso significato di giudizio divino sulla storia. Così si sovrappongono, come implose in un unico dramma, diverse grandi tribolazioni di “questa generazione”, che ha visto in vario modo “l’abominio della desolazione stare dove non dovrebbe mai stare”! (14). Ha visto anzitutto la morte di Gesù (l’innocente “Figlio di Dio”, crocifisso sul legno maledetto); poi la distruzione di Gerusalemme e del Tempio (la città della pace e l’abitazione di Dio calpestate e dissacrate dagli eserciti pagani); quindi lo sgomento dei discepoli, sotto il peso della grande angoscia (la paura paralizzante al posto della fede vigilante…). Da qui il monito finale di Gesù, che illumina con la sua Parola la disperazione incombente sui discepoli: ma voi fate attenzione … a voi io ho predetto tutto (23). Non ha predetto il giorno della fine, perché quel giorno nessuno lo sa, non serve neanche saperlo! Ha predetto tutto ciò che ci serve per vivere il tempo presente, trasformando la grande tribolazione che ogni tempo contiene in opportunità di salvezza, in creazione nuova.
radunerà i suoi eletti dai quattro venti
Il Nuovo Testamento è infatti il racconto e la testimonianza della novità che è nata dalla grande tribolazione … C’erano comunità ebraiche e anche ebraico – cristiane che ritenevano la distruzione del tempio di Gerusalemme come la fine del mondo. E infatti essa determinò un collasso morale spaventoso, una ferita mortale. Gli Ebrei si dispersero nel mondo … cercando ancora fino ad oggi una loro difficile identità storica, una collocazione geografica, una sintesi culturale. I cristiani, illuminati dalle parole di Gesù, presero coscienza della loro diversità. Passeranno il cielo e la terra, cadrà il tempio, cadrà la legge, ma le parole del Signore Gesù non passeranno mai. La fine del sacerdozio, di cui dice la lettera agli Ebrei, per il mondo giudaico fu un vero sconvolgimento che segnò l’eclissi del tempio, dei sacrifici, della casta sacerdotale. I cristiani ne conclusero che in Gesù Cristo non c’è più bisogno di altri sacrifici, dopo il suo, che è l’offerta del suo corpo per noi – e del nostro, unito al suo. Il tempio di Dio si allarga ormai a tutto il mondo, che aspetta la liberazione totale dell’uomo, per essere liberato dalla sua intrinseca condanna alla corruzione. Questo è il tempo ultimo, non ne aspettiamo un altro, se non come compimento della “recente” venuta del Figlio dell’uomo… Nel nostro linguaggio ciò vuol dire che la salvezza avviene non per via di distruzione punitiva di questo mondo caduco, in vista di un altro purificato mondo di eletti, ma piuttosto che la salvezza è già avvenuta per via di un’incarnazione salvifica – ove la corporeità debole ed effimera del mondo è accolta e assunta dal Figlio dell’uomo, nella sua carne risuscitata, per fermentarla e trasfigurarla dal di dentro. I primi cristiani ne sono fermamente convinti:
. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. (Rom 8,19ss)
Cristo
sta aspettando ormai soltanto che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi …
Pur esprimendosi in termini apocalittici, ove anche le persone come gli astri e le potenze dei cieli sono spinte “fisicamente”(simbolicamente) ad adeguarsi alla volontà divina, il “vangelo” vede la storia che viviamo come un intreccio misterioso di tante “attese”. L’attesa impaziente del mondo che geme e soffre fino ad oggi … L’attesa di quelli che dormono nella regione della polvere e che si risveglieranno nel tempo della salvezza … L’attesa infine di Cristo stesso operante in noi – assiso alla destra di Dio, cioè nella certezza del compimento della sua missione – affinché tutti quelli che gli si oppongono nei sentieri difficili della storia, capiscano e si convertino a lui. Le attese sono tentate di trepidazione o anche delusione, per la sofferenza che il ritardo storico comporta. Ma questo è il prezzo della libertà umana, che ha bisogno di tempo per maturare l’accoglienza della “buona notizia”, il Vangelo, che ha fatto di questo nostro mondo il luogo e il tempo ultimo, quello della nostra salvezza. Non c’è “altro” e non c’è “dopo”… se non come compimento di quanto ci è donato già ora. Perché ormai il progetto di Dio è interno al mondo, seminato nel cuore di carne dell’umanità, come dice la stessa lettera agli Ebrei, nelle righe successive, riprendendo le promesse dei due grandi profeti dell’esilio: A noi lo testimonia anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto: Questa è l’alleanza che io stipulerò con loro, dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente, dice: e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità – fratelli – poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente … accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, … Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso (Eb 10,15ss). L’apocalisse minacciosa diventa escatologia fiduciosa, cioè presenza attuale di ogni cosa ultima. L’entropia mortifera dell’universo si trasforma in gestazione del mondo nuovo, un travaglio nel quale noi dobbiamo essere protagonisti, ospitando nella nostra carne mortale, una tacita, pacifica e fraterna, “eucaristica” trasfigurazione del mondo e della storia, che tutta la creazione attende in empatia fremente per noi …
Imparate dal fico!
… perché non è tanto una fine, quest’inverno epocale che sembra paralizzare l’albero, ma l’accumulo laborioso di risorse e germogli per la primavera in arrivo: Gesù ci proibisce di affannarci a divinare i calendari del futuro per prevederne le scadenze distruttive (neanche il Figlio le conosce – conosce e annuncia solo la smisurata misericordia del Padre!). Ma ci invita a discernere con intelligenza premurosa, nel presente, i germogli anticipatori della salvezza, per accudirli e preparare la resurrezione promessa… Lo “impariamo” attraverso la vigilanza attenta a ciò che, già conquistato da Gesù, sta crescendo in fermenti di perdono, pace, fraternità … che Gesù chiamava Regno di Dio. Per il quale ha dato la sua vita. E sul quale ci ha comandato di giocare pure la nostra… Il momento presente, nonostante le angosce di tanti pessimisti, offre all’uomo maggiori possibilità di “ascesa” che il passato. Le applicazioni tecniche ci danno possibilità di tali e tante relazioni intense e contemporanee che ieri erano sognate solo nelle favole … per liberarci da ogni angustia di provincialismo, razziale e religioso, scoprendoci fratelli in ogni latitudine e sotto qualsiasi colore di pelle … per costruire con pazienza instancabile un mondo nuovo. Questo è il senso del messaggio apocalittico: le leggi inflessibili della coesione fisica, dell’armonia astronomica, della quiete invincibile dei cimiteri, dell’alterità insuperabile del sacro e del profano … le leggi che ci ingabbiano l’uomo nella necessità di “finire”, chiudendolo nella sua destinazione mortale, e lo tentano di disperazione e amarezza, sono messe drammaticamente in crisi, di fronte alla morte e risurrezione del Figlio dell’uomo … Nelle loro crepe nascono germogli profetici, impercettibili e misteriosi, ma esplosivi. Per cui Gesù raccomanda: “fate attenzione, vegliate” (Mc 13,33).

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