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sabato 28 novembre 2009

Verranno giorni nei quali realizzerò le promesse…

…la liturgia ci fa girare d’improvviso lo sguardo dalla visione finale dell’anno liturgico, concluso domenica scorsa (“Cristo Re dell’universo”) – che nelle varie epoche storiche della cristianità, è stato il culmine di esaltanti costruzioni teologiche / spirituali / ideologiche / politiche della fede – e ci prepara a sovrapporre alle immagini del cristo glorioso quella di un bambino in fasce, deposto in una mangiatoia di animali, perché non c’era posto per lui nell’ospizio per gli uomini. Mistero, che nella tradizione è stato rivestito di poesia e leziosità, ma che nel racconto evangelico è invece già offuscato dall’ombra tragica della persecuzione e desolazione di un qualsiasi profugo, condannato fin da piccolo alla fuga dell’esilio. Ma nello stesso tempo, è lui,colui che dovrebbe rispondere all’attesa millenaria e fare “giudizio e giustizia sulla terra”. E qui sta il paradosso liturgico sacramentale: che Dio ha già pronunciato la sua parola finale comunicando a noi se stesso, nel suo volto di misericordia apparso nel tempo e nello spazio umano… “nella storia”! Ma questo misteriosa immersione di Dio nella nostra carne, per essere percepibile alla coscienza degli uomini, va continuamente riproposta e assunta nella vita personale e comunitaria. Ancora oggi, anche per noi come all’inizio, il salvatore arriva sotto il segno drammatico di una scelta di vita o di morte: “per la caduta e la resurrezione di molti” (Lc 2,34). Il suo arrivo, la sua venuta, la sua presenza in questo tempo ultimo, oltre il quale Dio non ha più niente da dire (non c’è altro tempo!)” è crisi” su noi e sul mondo! È giudizio inevitabile … non tanto perché lui venga per giudicarci moralmente, ma piuttosto perché il modo “scandaloso” della sua immersione nell’avventura umana tra di noi, sconvolge il nostro sentire, la nostra consapevolezza di noi stessi e di Lui/Dio. Perché ha scelto di esser ancor più impotente delle nostre impotenze, ancor più povero delle nostre povertà. Per questo, molto prima che aprisse bocca, subito l’ombra del rifiuto, della persecuzione e della morte incombe su di lui … Ma è così che viene a noi la salvezza del mondo! Per questo forse la chiesa ci fa leggere gli stessi testi apocalittici, che nel loro linguaggio oscuro e ostico denunciano e insieme consolano le ambiguità e le difficoltà del nostro vivere, sia nelle ultime domeniche dell’anno, che preparano al Cristo trionfante, che nelle prime del Cristo piccolo e impotente, insignificante. Fino a farci trepidare per il futuro della nostra fede : “Temo sempre di essere sommerso dalla disperazione che il Regno non venga mai più. Non è una disperazione che escluda la fede: non sono insidiato dal dubbio che Dio non sia, che non abbia senso sperare in lui, ma dal terrore che il Signore possa definitivamente fallire, perdere la sua guerra (1Cor 15,24)” (Quinzio). Le apocalissi del Nuovo Testamento hanno dentro una spina che Gesù stesso ha messo in loro: “ il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà ancora la fede sulla terra? (Lc 18,8)” .

… in Gesù è sfociata la corrente calda del messianesimo profetico
: sembrò, infatti, avverarsi in lui finalmente la promessa che corre dai patriarchi … fino a Isaia o Geremia, e ai loro amici e discepoli, inguaribili annunciatori di un nuovo tempo, una nuova alleanza, un cuore nuovo, una nuova giustizia sulla terra. Gesù perde la vita per annunciare questo Regno, nel silenzio di Nazareth, nell’insegnamento pubblico, nei segni liberatori che la compassione gli strappa dal cuore … quasi sempre incompreso, - fino alla autosentenza di estraneità (una regalità altra), destinata perciò ad essere spazzata via dal cinico realismo politico della regalità mondana impersonata nel potere assoluto del procuratore imperiale, Pilato: il mio Regno non è da questo mondo! … se Gesù aveva concentrato la sua vita sull’annuncio nella storia di questo Regno ezxtramondano, i discepoli annunciano Gesù, che dopo lo scandalo della croce è apparso ed è riconosciuto come “il Signore” – e li manda “con la forza dello Spirito” ad essere “testimoni di Lui” fino ai confini del mondo e della storia. Da allora “la condizione cristiana”, e la sua consapevolezza teologica, segue le sorti di questo doppio centro del messaggio evangelico: siamo dentro una tensione bifocale – come lacerati tra il Signore Gesù potente e glorioso ed il suo Regno piccolo e fragile, che sembra non imporsi mai! I nostri occhi (e il cuore!) sono malati di una sorta di insuperabile strabismo tra la redenzione totale già avvenuta per tutti, in Cristo crocifisso e risorto, che connosciamo con l’occhio della fede e la persistente insensata sofferenza dell’umanità in attesa di pace, giustizia ed amore, che vediamo con l’occhio della storia … Nella quale anche noi (singoli e chiesa) siamo immersi, mentre i miraggi delle profezie bibliche vanno sempre più lontani e spariscono dall’orizzonte di troppa gente. Ecco il rischio dell’insignificanza della fede che si insinua nel cuore dei credenti. A noi, in questa nostra situazione, tentati dall’angoscia, dall’ansia e dalla paura … per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra, si rivolge l’annuncio bello di Luca 21.
anzitutto nella prima parte della sua piccola apocalisse (Lc 21,1-25 tralasciata dalla liturgia):
… Gli domandarono: Maestro, quando accadranno queste cose e quale sarà il segno che staranno per compiersi? Rispose: badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: «Sono io» e: «Il tempo è vicino»; non andate dietro a loro! … non vi terrorizzate, perché prima devono accadere queste cose, ma non sarà subito la fine» (7s). Si tratta dunque di cercare non la scadenza (la fine): ma il fine (il senso) degli sconvolgimenti cosmologici (sole, luna, stelle, terremoti … sconvolgimento della terra, naturale o provocato dalla stoltezza dell’uomo) e antropologici (gli uomini muoiono e si divorano dalla paura e dall’ansia del degrado morale e politico …) ed ecclesiali (metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno … perfino genitori, fratelli, parenti ed amici) , ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto (18). Perché? qual è la chiave di lettura di questa tragedia in cui viviamo … tanto da dire: con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (19)? Eccola:
“Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande” (27).
Si tratta del fatto centrale, risolutore del senso della storia, quando la presenza di Dio è apparsa nella sua massima gloria e nella sua totale umiliazione, sulla croce - insieme nella stessa ora - l’ora di sempre! Nell’immediato solo il centurione se ne accorse, ma questo dramma continua a ripetersi – perché questa è la “nube” biblica, che manifesta e nasconde la gloria di Dio, nell’esodo da ogni schiavitù, verso la trasfigurazione del corpo di carne (e della sua storia dolorosa)- nostra e di tutti. 28 Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». “Queste cose” sono già cominciate, sono la nostra storia cristiana, dibattuta tra “la potenza e gloria grande” (perché così dice la nostra fede in Cristo crocifisso e risorto) – e la sofferenza inconsolabile della nostra “umanità”, nella quale oggi continua la passione di Cristo. Dunque: State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita…(34). Rischiamo infatti troppe volte, come persone e comunità, di esorcizzare l’ansia e la paura annegandole in falsi obiettivi che dis/perdono l’amore e intristiscono il cuore e abbandonano i poveri. Come custodirsi?
Vegliate e pregate in ogni momento (36)… “Vegliate” non è più il verbo di prima (34: vigilate - state attenti) ma Agrupnèite, strano verbo: come dire “dormite nel campo” “vegliate dormendo”… in costante implorazione o perché (se traduciamo letteralmente): “bisognosi di avere la forza di scansare ciò che vi viene addosso per travolgervi, e stare “in piedi” davanti al Figlio dell’uomo. Dunque il discepolo non deve fuggire dal mondo e dagli altri uomini (tentazione apocalittica). Neanche deve credere di dominare il mondo (tentazione teocratica). Nell’attesa terrena, talora drammatica, siamo tentati di disperderci o ubriacarci … Ma “«Guardate il fico e tutte le piante; (30) quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l’estate è vicina…”.Dobbiamo discernere i germogli (il Regno che viene), per non schiacciarli o trascurarli, ma accudirli. Il futuro che ci è promesso non è immaginario, non è fuori della storia, anzi fermenta già il presente, già sta radicandosi come un germoglio come l’attesa o il timore dell’arrivo di una persona può salvare o rovinare il presente di chi l’attende. È la certezza di questo arrivo che provoca la tenerezza appassionata di Paolo, che dilaga attorno a lui …“Il Signore vi faccia riempire e’ straripare’ di amore gli uni verso gli altri … così come siamo noi verso di voi!” per rendere saldi i vostri cuori … (1Ts 3,12). La premura affettuosa per l’uomo è l’espressione più autentica della fede cristiana. Una fede ormai disincantata da ogni fascino di potere: umile (siamo fatti di terra, come tutti …): laica (senza particolari ricette o poteri sacrali – se non la parola che ci è stata affidata – e l’eucaristia che la rinnova in sua memoria; solidale (noi siamo solo primizie simboliche della salvezza di tutti); fedele (al Signore, al suo Vangelo e ai poveri in cui egli vive … pregando sempre, perché ci trovi intenti ad accudire la sua “piccola” presenza e preparare la sua futura grande venuta.

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