Pagine

ATTENZIONE!


Ci è stato segnalato che alcuni link audio e/o video sono, come si dice in gergo, “morti”. Se insomma cliccate su un file e trovate che non sia più disponibile, vi preghiamo di segnalarcelo nei commenti al post interessato. Capite bene che ripassare tutto il blog per verificarlo, richiederebbe quel (troppo) tempo che non abbiamo… Se ci tenete quindi a riaverli: collaborate! Da parte nostra cercheremo di renderli di nuovo disponibili al più presto. Promesso! Grazie.

mercoledì 17 ottobre 2007

NUOTARE

Nuotare è sempre una notevole sfida entrando in acque sconosciute e da percorrere per la prima volta. Ci si pone in contrasto o in accoglienza con le correnti che possono portare alla deriva, con la forza della marea che monta o che decresce? L’impeto del vento impone una scelta, nuoto perché nuoto e quindi mi lascio portare o cullare oppure ho una meta precisa e devo lottare e giungere alla mia meta?
La persona, il suo corpo con tutti i muscoli e i nervi, con tutto il sistema nervoso all’erta, si gioca del tutto e osa, sia per il piacere di una lunga nuotata, sia per salvarsi la pelle se necessario.
Comunque, misurarsi, conoscere e sperimentare, è ovvio ed l’unica strada per non dover rimanere seduti sulla battigia, inerti e, magari, delusi.
Questa descrizione potrebbe risultare una sorta di metafora della nostra vita così attratta e, simultaneamente respinta, da ideali, desideri, sconfitte e vittorie, e mete da voler raggiungere.
Il piano concreto è non solo visibilissimo, ma addirittura svincolato da dimostrazioni: non mi tuffo e nuoto in acque che non mi consentono, misurato lo stipendio mensile, di vivere ogni giorno. Ovvero un’offerta di lavoro può rispondere ad ogni mio desiderio e capacità ma se la prestazione rimane gratuita, io come vivo? Cioè come declino il mio quotidiano se non posso contare su di un introito sicuro? Oppure, voglio avere un tetto sopra la testa, mia e della mia famiglia, come fare? Ancora una volta la misura del concreto si impone, correnti, maree e venti: tutto da tenere in conto.
Perché allora quando accogliamo il Dio che fa irruzione della nostra vita serpeggia un disagio magari inespresso? Perché ci sfiora l’angoscia di abbandonare il terreno del concreto per avventurarsi in quello dell’inesistente, dell’irreale. Insomma, perché per noi Dio, e la relazione con Lui, non sono il concreto più concreto?
Statistiche, indagini, progetti e programmi invadono il quotidiano, è davvero, talora, imbarazzante, sapersi orientare ed evitare la reazione, adolescenziale, di cestinare tutto: trash, Ok.
Uno sguardo più profondo, più concreto oso affermare, ci farebbe individuare e percepire le grandi correnti della storia dei popoli, le maree che ci lambiscono e si ritirano per poi ritornare con più energia e vigoria, i venti che soffiano portando in avanti e quelli invece che fanno perire e colare a picco.
Sulla scena politica odierna, così lacerata e lacerante, la marea inarrestabile delle tuniche arancione e delle ciotole capovolte dei monaci buddisti birmani, è di una forza dirompente, incalcolabile e senza ritorno. Dall’interno di una vita che rifiuta i parametri “concreti”, economici, di profitto e di carriera e si affida, giunge un appello che si rovescia sull’esterno per poi ricondurre, da vento impetuoso, all’interno ancora una volta: che senso ha il vivere concreto delle persone se manca la libertà?
Il richiamo dello Spirito è netto, tangibile.
Non però solo la situazione limite dell’oppressione richiama una corrente inattesa, nuova, è il quotidiano, nella sua ripetitività, che deve essere nuovamente scoperto e affrontato.
Dire relazione con Dio, significa dire preghiera, ascolto e colloquio, attesa e risposta. Certezza che l’interlocutore è là ad attenderti, ad attendere proprio solo te e a proporti la chiave della vita. Può insegnarti a nuotare sul filo di una corrente che, anche se non pare, muove le forze della storia umana e di ogni storia.
Significa non essere gettati, improvvisamente, senza scopo e con danno proprio, nel tempo e nella storia (chi mai lo ha chiesto?), come postula qualche filosofia contemporanea, ma ritrovarsi dono ricevuto, dall’amore dei propri genitori (perché credo ancora nell’amore del padre e della madre e non solo nell’alchimia delle provette) e dalla bontà di un Dio che ha pensato a me, così come sono e come vorrei essere.
Il tuffo allora non è pericoloso e attanagliante, è un immergersi sorretti da braccia potenti che ti immettono, se tu lo vuoi, nella grande corrente degli oranti, di tutti coloro cioè che vivono il quotidiano più concreto possibile, quello della relazione con Lui, il concreto per eccellenza e possono sospingere, alimentare, corroborare ogni concreto visibile e tangibile.
Ognuno di noi può esserlo con una semplice modalità: avvertirLo presente e considerarLo l’Amico dell’uomo e della donna e l’Amico dell’umanità intera.
Le bracciate allora non sono affannose e senza ritmo, puro battere le onde senza avanzare, schiuma che travolge, ma ritmo sicuro che fende l’acqua, la smuove e dona impulso a procedere.
Vorrei dire: rovescio la mia ciotola ma non ne sono capace, è quasi ora del pasto (molto concreto). Voglio però dire: la ciotola è scagliata lontano ed io a mani nude e vuote attendo che la forza di Lui mi trapassi e si getti su tutto e tutti, come forza dirompente, come incitamento reale. Così nuoto in quel concreto che è il grande mare dell’amore Trinitario e la storia si riplasma. Possiamo farlo tutti e sempre.

Cristiana Dobner

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

I più letti in assoluto

Relax con Bubble Shooter

Altri? qui

Countries

Flag Counter