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martedì 30 ottobre 2007

i santi poveri

una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua.

… chi sono costoro? sono i “beati”! non già quelli ufficiali, che non erano scritti sul calendario, ma quelli di tutti i tempi, e di tutte le chiese e le razze e le lingue - dei quali, secondo Gesù, il Padre si compiace, come a rinnovare nella storia dei millenni, quella specie di benedizione gioiosa, che ripeteva nei vari passi della creazione: E Dio vide che era cosa buona! . Perché Dio, dalla sua postazione, vede la pienezza dello sviluppo futuro già dentro nell’istante minuscolo e transitorio del presente. Per questo, forse, le beatitudini hanno all’inizio, un titolo, per così dire: “beati i poveri!”. Perché in questa “mancanza di bene dovuto”, che è la povertà, in questa incompiutezza di umanità che aspetta, sta la caratteristica comune a tutti coloro che sono detti “beati” da Gesù.

Per cui sono anzitutto i poveri che ci danno, già adesso, in questo mondo, la chiave di lettura del Regno di Dio. Perché anche lui, qui, è povero, nascosto e impercettibile, ma presente… Beati i poveri, dunque, perché di essi è il regno dei cieli. A tutti gli uomini, quindi, anche a quelli incoscienti del mistero di salvezza in cui sono avvolti,… è annunciato (evangelizzato) che la loro povertà, la loro miseria e incompiutezza umana, non è una maledizione, ma è già impregnata dalla benedizione e dalla benevolenza del Padre, che appunto vede il futuro nel mistero di povertà del presente, e ci assicura che ha un progetto (un regno da costruire) con i poveri - che sono loro anzi, il suo progetto, cioè il suo Regno.

… Gesù, che vede la storia con il cuore del Padre, indica (al futuro!) per le varie specie di poveri il finale nel Regno… come andrà a finire! Non è come il premio che ci sarà dato solo dopo il traguardo, faticosamente raggiunto. La benedizione di compiacimento del Padre, è come un seme, già depositato nel cuore dell’umanità, un fermento gia impastato dentro il cuore degli uomini. Già adesso lievita la storia e dà senso e sostegno e consolazione al cammino del credente.

C’è grande solennità per questa rivelazione del segreto del Padre sulla storia degli uomini: salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava… La proclamazione che le sofferenze abbandonate, i desideri inascoltati, gli sforzi incompresi e sempre ricominciati, di bontà e di mitezza nella costruzione della pace e della giustizia, la misericordia che perdona sempre e comunque, la trasparenza del cuore e degli occhi … tutte queste situazioni di incompiutezza, di attesa operosa, di persecuzione gratuita… non sono l’ultima parola. Hanno già adesso, dentro di sé, un futuro di consolazione, di esaudimento, di beatitudine, appunto… fino a conquistare ed impregnare di mitezza e tenerezza e misericordia tutta la terra.

siamo già adesso, figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato

… un Padre così grande, immensamente buono, onnisciente e potente… ha dei figli così poveri? C’è qualcosa che non funziona nella nostra concezione… o di Dio o della nostra storia! Qualcosa che ci fa velo e non ci lascia vedere, secondo Gesù, la verità della “benevolenza compiacente” di Dio sulla nostra vita. Eppure, il Vangelo – la buona notizia! ‑ è questa : che noi stiamo andando verso un futuro in cui la nostra vera identità inedita, implosa, sarà pubblicata, si farà palese. Adesso non la conosciamo ancora! Ci sono però nel Vangelo le indicazioni profetiche di come saremo…i prodromi, i germogli, la preparazione tacita di ciò che esploderà in noi.

...sono le “beatitudini”, cioè il parere profetico di Dio sulla nostra storia! i poveri, gli afflitti, i miti, gli operatori di pace e di giustizia, quelli che seminano sempre misericordia, quelli che con la sopportazione dell’aggressività e delle prepotenze persecutorie sveleniscono le tensione e i conflitti … sono i rappresentanti di ciò che saremo. Sono la preparazione qui in terra di come sarà questo mondo nel mondo li là! Sono questi i “poveri santi” evangelici… non inquadrabili in modelli culturali stereotipati o consacrati, come quelli scritti nel calendario per la nostra edificazione. Quelli evangelici non è che siano da imitare, sono già in mezzo a noi, e noi non ce ne accorgiamo, se non di rado, ma sono “in condizione di santità”, pur sembrando solo… poveretti, come noi! Sono tutti gli sconfitti anonimi, umiliati dai prepotenti della terra, e non sono incattiviti. Hanno ceduto quanto gli spettava, per non litigare con i fratelli. Hanno taciuto, perché nessuno sarebbe stato ad ascoltarli. Le innumerevoli donne che nelle case, nei grattaceli o nelle capanne, hanno distribuito accudimento e tenerezza senza riceverne il contraccambio, i bambini che piangevano o ridevano, anche se nessuno li guardava… gli schiavi sfruttati da tutti, senza considerarli uomini… e lo stesso hanno dato mani, sudore e sangue… Il Signore dice che sono “beati”…

noi stessi siamo chiamati a vedere con questa luce la nostra vita.

C’è una parte di noi stessi che simpatizza già adesso per questa benevolenza del Signore che annuncia il nostro futuro, come vivessimo due livelli di vita diversi. Quella al futuro, seminata in noi dalla sua Parola e dai sacramenti della sua Chiesa… e quella della vita del mondo in ci viviamo, quando la logica della sopravvivenza e della competizione ci riprendono il cuore e riteniamo istintivamente beati quelli che sono “riusciti”, che si sono imposti nella competizione della vita… a costo di opprimere e lasciar per strada tante sofferenze… E ci è riproposta la domanda: vuoi essere uomo dell’attimo transitorio, che comunque è troppo corto per i desideri infiniti del cuore, e svanisce come l’erba del campo?! O invece vuoi essere uomo di eternità!? che si lascia segnare con il sigillo delle beatitudine sulla fronte, e lava le sue incerte e ambigue speranze nel sangue dell’Agnello, cioè nella parola, nella vita e nella morte e resurrezione di Gesù. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Non perché i cristiani siano dei pessimisti,

che vedono nel mondo solo la caducità e non sanno fare altro che rassegnarsi. Certo, non fanno del mondo e della cultura la ragione unica della loro vita, perché è troppo poco, e la promessa che è stata rivelata per loro e per tutti gli uomini è troppo più lunga di questo mondo. Ma sono ottimisti nei confronti del divino che è presente nel mondo (Bonhoeffer). Per cui sono sereni anche nella sofferenza dell’attesa, ma di una serenità che è pur sempre venata di malinconia, per l’incompiutezza attuale che fa soffrire tanta gente, e di nostalgia del futuro che ci è promesso. Convinti però che il mondo e solo il mondo è il luogo del loro lavoro, il campo di azione del Regno di Dio.

…tra questi santi ci sono i nostri morti,

gli innumerevoli anelli della catena della vita che è arrivata fino a noi, che ci hanno accudito, hanno camminato con noi … con le loro debolezze e fatiche, il loro affetto e il loro mistero “inedito”. Perché è proprio questo l’anelito o il gemito fondamentale di tutto il creato, che la morte ci sembra soffocare: il legame di relazione e di coinvolgimento incancellabile tra fratelli sorelle, piccoli e grandi, tutti affamati di amore e comunione. A loro ci lega indissolubilmente questa comunione che adesso, dalla loro parte, pensiamo già entrata nella luce. Hanno già sciolto il velo che copriva, sul loro volto, il disegno della misericordia del Padre, che ha asciugato le loro lacrime… Allora risplenderà la luce di questa promessa che ogni sofferenza per mancanza di amore in questo mondo, ogni povertà e miseria, è già accolta dal Padre nella sua misericordia. Vedranno faccia a faccia, che il segreto nascosto sotto la scorza dura della vita era già una beatitudine divina.

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