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mercoledì 17 ottobre 2007

Rivoluzionario e Sognatore, l’uomo tra sufficienza e necessità

Rivoluzionario e sognatore sono due termini che nel sentire comune di tutti noi hanno significati ben delineati e che possiamo sintetizzare con facilità. Il rivoluzionario è, per lo più, ritenuto colui che con una forte carica ideologica ha un approccio pragmatico con la realtà, tendenzialmente è portato a prendere di petto le situazioni. Il sognatore invece è piuttosto alieno ad affrontare i problemi attraverso l’azione, preferisce la fuga o l’alienazione; spesso vive in un mondo parallelo che si è costruito per proteggersi.

Si può tuttavia, tentare una diversa considerazione di questi due tipi umani, analizzandoli nella dialettica che generano ponendoli uno di fronte all’altro, e singolarmente di fronte al reale.
Così al di là del loro etimo, e del loro significato storico, tentiamo una miscelazione e reinterpretazione dei due nella loro dialettica storica alla luce, poi, del Vangelo.
Siamo tuttavia certi che l’uomo in quanto tale, cosciente o meno di ciò, ha in sé entrambe le possibilità, ognuno con diverse modulazioni.

Il rivoluzionario è colui che scopre prima, contesta poi, le ingiustizie valendosi, se necessario, dell’azione violenta. È colui che sottopone a una critica corrosiva tutto i reale, a cui lui stesso scopre d’appartenere, impiegando la ragione. Così facendo trova una forte dissonanza tra le realizzazioni storiche umane e l’ideale-utopia che porta in sé. Scopre, qualcuno direbbe, l’Assurdo: l’inconciliabilità tra desiderio e realtà storica. Il rivoluzionario è uomo che non tollera e non sopporta ma agisce-combatte-cambia. Il rivoluzionario però non può sottrarre sé stesso dall’analisi critica. Giunge così al punto di crisi-giudizio, in cui fa la scoperta di essere esso stesso soggetto sottoposto alla grande possibilità negativa, emersa inesorabilmente nel lucido percorso critico rivoluzionario.
Teologicamente: “appare il grande No di Dio: la sua totale estraneità a questo mondo, che pone il rivoluzionario in una condizione di crisi”. Questa, come conseguenza dell’analisi critica, colpisce al cuore il metodo usato dal rivoluzionario. Il metodo infatti per essere giustificato necessita di solide fondamenta. E come può il rivoluzionario, che scopre di sottostare e far parte esso stesso della ingiusta realtà, creare dopo la lotta e anche durante, un ordinamento giusto? Cadrà nell’insuperabile sconfitta che si proponeva di vincere! Renderà cioè, se agirà, “male per male”.
Il rivoluzionario non accetta, infatti, la realtà storica nel suo divenire, nel suo progresso lento e continuo poiché storico. Il rivoluzionario quindi sarà necessario, ma non potrà essere considerato l’uomo nel suo aspetto più proprio. Bisogna puntualizzare che comunque questa posizione del rivoluzionario è assolutamente maggiormente autentica e preferibile rispetto a quella del reazionario. In quanto sotto la grande possibilità positiva (evangelica, e che protesta!), è l’Amore a giudicare il reazionario definitivamente nel torto, nonostante il torto in cui si trova il rivoluzionario se agisce. Poiché amandoci gli uni gli altri secondo il comandamento nuovo di Gesù, non possiamo voler mantenere l’ordine esistente come tale. Noi attuiamo il comandamento dell’Amore e così il “Nuovo abbatte il vecchio”… “vi è stato detto ma io vi dico…”.
La possibilità nuova che si apre è quella che qualcuno ha chiamato “l’in-azione”. “Che altro posso fare di fronte al “nemico” dopo la riflessione critica, se non ritornare da ogni fare originario, da ogni risposta alla domanda, da ogni azione alla presupposizione?!... Deo soli gloria…”

Il sognatore dal canto suo mescola e combina in sé le potenzialità e le caratteristiche del rivoluzionario e della realtà, secondo una creatività propria, cogliendone così gli aspetti d’ulteriorità, di superamento, rimanendo disinteressato a una realizzazione storica di ciò che sogna. È semplicemente stupito di poter e di aver sognato una ulteriorità della realtà. Il sognatore è colui che davvero è affascinato e nutrito dall’Ulteriorità che lo interroga nella realtà, che produce in esso domande. Così il sognatore avrà il compito di convertire il rivoluzionario a una precedenza dell’Ulteriorità del sogno, sopra e prima del cambiamento storico. D’altro canto il rivoluzionario avrà fornito quella previa e necessaria critica rivoluzionaria che permette un ancoraggio del sognatore alla realtà e che rivela la crisi in cui versano tutte le strutture e i tentativi, religioni e pensieri umani. Sinteticamente potremmo dire che il sognatore si apre alla possibilità che un altro agisca attraverso di lui. Lasciando, cioè, che accada ciò che in relazione con la realtà ha sognato e che con la critica rivoluzionaria ha scoperto di non possedere. È la profezia dell’Avvento di una “impossibile possibilità che accada”, proprio lì dove ci si trova senza alcun sufficiente ostacolo che possa arrestarlo, il Regno del Padre nella storia dell’uomo… Freud direbbe: “che è un Dio, questo, che alla lunga ha la meglio, vince”… e noi aggiungiamo perché vuole tutti e patisce per tutti il nostro lasciarci liberi.

3 commenti:

Terry ha detto...

La coerenza è una grazia...

Fausto ha detto...

Direi un'analisi lucida,che lascia un po' in ombra il reazionario (ombra che a lui, forse, tanto piace... ma ne siamo poi sicuri?) come giustamente ci si attenderebbe, ma che nella macrothumia di Dio, ha anch'egli il tempo della conversione.

Il punto mi pare proprio questo della conversione, cioè della capacità di mutare ma rimanendo in radice (quella buona, originaria, nefesh elohim) gli stessi... quante fatiche in meno se ci sgravassimo delle some che il nostro dover rimanere coerenti a noi stessi ci impone. Allora verrebbe semplice anche la fecondazione tra rivoluzionario e sognatore, fecondazione fruttuosa e necessaria (oggi più che mai in tempi tanto portati al settarismo di ogni colore e parte; tempi tanto scissi che la schizofrenia è diventata non più una patologia ma una condizione di vita... con tutte le fatiche annesse) che sola apre strade per il futuro non di uno o dell'altro, ma dell'umanità, la nostra e altrui.

Altro punto dolente: l'immobilismo. La paura ha infatti anch'essa due (o forse tre) facce: fa spaccare tutto, fa evadere dal reale, fa chiudere a riccio... è questa terza faccia, la più oscura, che mortifica chi la vive (o subisce) e chi gli è accanto, quella su cui vigilare, ma almeno tra fratelli questo penso si possa fare, anzi... la vedo come la nostra vera sfida.

Anonimo ha detto...

Carissimo,
a parte qualsivoglia commento sul linguaggio utilizzato che lascia, volontariamente ( quanto volontariamente?) spazio all'ambiguità ed alla poeticità più che al filosofico ed al fenomenologico, quindi suscettibile di qualsiasi tipo di interpretazione, reinterpretazione e/o ulteriore sviluppo, ciò che affermi si espone a tutta una serie di domande irrisolte (volontariamente?)
Siamo proprio sicuri - e mi limito ad affermare questo, lasciando ad altri qualsivoglia altra considerazione - che sia poi così facile distinguere tra reazionario, conservatore e sognatore?
Esistono nella realtà queste tre categorie di persone oppure esistono soltanto nelle riflessioni (fantasie?) ottocentesche di Hegel al fine di forzare la realtà ad una interpretazione sovrastrutturale necessariamente dialettica?
Ammesso che esistano queste tre categorie, è possibile distinguerle nettamente per poi qualificare l'uno o l'altro come appartenente ad una categoria piuttosto che ad un'altra (una volta amesso che esistano, viene naturale la tentazione di qualificare l'altro cme appartenente all'una o all'altra!)?
Non siamo tutti un pò sognatori, conservatori e rivoluzionari (quindi le tra categorie convivono in noi - appunto, come tu stesso dici?)?
ciò posto:
Non si tratta forse, e dico forse, di un linguaggio che tenta di appiccicare etichette sulle spalle degli altri - il tipico "pesce d'aprile?" - al fine di dare un'interpretazione dialettica della storia - e quindi del reale che ciascuno di noi vive - che in realtà si presta soltanto - volontariamente o involontariamente - a strumentalizzazioni?

Il vero problema mi sembra ANTROPOLOGICO ...
Nel senso che tutto ciò che scrivi piuttosto che definire - e in effetti non vuole, nelle intenzioni, definire - in realtà mi sembra supporre (e quanto potentemente) un'idea di uomo non solamente a livello descrittivo (chi è l'uomo?) ma anche, per così dire, "prescrittivo" (che cosa rende l'uomo tale e come l'uomo può raggiungerlo), senza però esplicitarlo e rimanendo nell'ambito "suggestivo", oppure dell'impossibilità negativa di fronte al reale.
Posto che il sognatore è per definizione chiuso nel proprio sogno e non può affatto aprirsi alla possibilità che un'altro agisca attraverso di lui, l'uomo che sembri supporre pare chiuso inesorabilmente su se stesso (quindi comunque sognatore, anche se conservatore o rivoluzionario) e sembra più che legato ad una visione oggettiva del reale - che può o meno smentirci - al presupposto - questo sì oggettivizzato ! - che la realtà che smentisce le nostre illusioni ci lascia inesorabilmente con le pive nel sacco.
Ma Dio - che si è incarnato in un corpo umano nella storia - è venuto - appunto - nella storia a fare questo?
L'essere smentiti nell'impossibilità è la salvezza?

CAP

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