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sabato 20 ottobre 2007

Fra il credere e il pregare: quale Dio?


… c’è un Dio che ha fatto uscire Abramo dalla sua terra, con grandi promesse, senza dirgli dove doveva andare… c’è un Dio che ha mandato Mosè a guidare il popolo nell’esodo dall’Egitto, ed è finito errando nel deserto senza più trovare l’uscita… un Dio che guarda se Mosè tiene le braccia alzate, per sconfiggere gli Amaleciti… C’è il Dio che fa costruire un Regno “eterno” a Davide, e poi abbandona Gerusalemme, la città della pace, alla distruzione e lascia deportare il suo popolo in esilio, senza più re, né sacerdote, né tempio, né legge, né profeta… Tutti costoro e l’immensa processione dei profeti e dei poveri di Jawhé hanno imparato a credere, vedendo barlumi di epifanie di Dio, e poi hanno imparato soprattutto a pregare per “consentire” …a ciò che non capivano. Gesù, in un paese senza speranza, ha rivissuto nella sua avventura umana la storia del suo popolo, credendo nella benevolenza paterna di Dio sia quando ascolta e si manifesta con forza e potenza, tra lo stupore e la simpatia di discepoli e delle folle che lo seguono… sia quando poi ha sofferto l’angoscia e la solitudine, profetizzando l’abbandono e il tradimento e la morte, alla fine del suo viaggio verso Gerusalemme - dove Dio stesso lo abbandonerà sulla croce.
Le Scritture, raccontano questo lungo cammino della fede e della preghiera dell’uomo fino a lui, “per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia…” l’ uomo di Dio completo” l’uomo che davvero ha creduto nel Padre e a lui e totalmente si è affidato, “con forti grida e lacrime”: Gesù! È infatti “per mezzo della fede in Gesù Cristo” che la chiesa primitiva, dopo lo scandalo della sua morte, ha imparato a comprendere le Scritture e trovarne il compimento. E così scoprire la dinamica tra credere e pregare: la luce e il sale della propria avventura ‘cristiana’ nella storia.
pregare sempre… : quale Dio!?
Luca, che fa della preghiera il respiro del suo Vangelo, ci ricorda l’esempio di Gesù e il suo insegnamento sulla preghiera, una ventina di volte (e poi i suoi discepoli impareranno bene dal Maestro, perché nel racconto degli Atti se ne parla una cinquantina di volte!). Questa pagina, della vedova ostinata e del giudice iniquo (come poi subito dopo del fariseo e del pubblicano), in poche righe ci presenta un’analisi sconvolgente e drammatica dell’avventura della preghiera… Il dramma della vedova è il dramma di ogni disperato, credente o no, di ogni povero, di ogni anima inascoltata… C’è nella lotta di questa vedova irriducibile la sorpresa di un antagonista inaspettato. Il personaggio che nella minuscola parabola tiene il posto di Dio, stavolta non è un padre misericordioso, un pastore affettuoso, una massaia volonterosa…. É: un giudice malvagio, “che non teme Dio e non ha rispetto per nessuno…, È questo “ente” terribile, cinico e sprezzante, che secondo Gesù, bisogna snidare dalle caverne del nostro cuore, ove abita da sempre, ma abusivamente, al posto del vero Dio, lì forgiato e mantenuto dalle paure e dalle angosce dei nostri antenti, dai nostri deliri frustrati, come un’immagine dilatata e deturpata del nostro io personale e collettivo, tradito e incattivito dalle speranze inappagate, e amareggiato dal troppo dolore inutile del mondo. Ecco perché ce lo raffiguriamo come un Moloch, indifferente alla preghiera più ostinata e insistente – impassibile perfino davanti alla sofferenza degli innocenti, che divora. Tutta la nostra lettura della storia è fuorviata ed equivocata da questo antagonista insensibile e ingiusto. Il Dio che vive dentro di noi e che tutti in qualche momento preghiamo (pur lamentando la sua indifferenza) è come questo giudice - senza religione e senza pietà… proprio quando ne avremmo diritto. Quanti gemiti, rifiuti e ribellioni gli uomini hanno lanciato nei millenni verso questo dio, disarmati di fronte a lui, che ha tutti i poteri, ma non gliene importa niente di noi! Siamo noi la vedova abbandonata senza appoggio di nessuno, senza un dio che davvero protegga ed esaudisca coloro che nessuno più accudisce, ai quali nulla più rimane fuorché una ostinazione invincibile … Oppure l’abbandono della partita, per ateismo o agnosticismo. … a meno di prendere l’altra strada, suggerita da Gesù : cambiare il volto di Dio!
pregare… un dio duro a morire
… questo Dio resiste a lungo a chi prega… Le volonterose ma fragili costruzioni delle nostre teodicee sulla bontà di Dio e le sue premure paterne per i piccoli che gridano a lui, si sfasciano e ci crollano addosso… Basta avere il coraggio di ammettere quello che abbiamo davanti agli occhi, e costatare che questo dio non ascolta affatto il povero che lo invoca, lascia morire di fame e di oppressione gli innocenti, e lascia fare il male a chiunque lo voglia… La bestemmia è già pronta nel cuore, anche ai più santi di noi… o almeno, se per un tale dio non esiste misericordia – bisogna trovare il coraggio di restituirgli dignitosamente il biglietto da visita, come l’Ivan di Dostojevski … non mi interessa più, non voglio aver più niente a che fare con lui! Gesù vuol portare il suo discepolo con sé, a questa barriera estrema oltre la quale inoltrarsi, per continuare a pregare… cioè per imparare a credere non in un dio fatto da noi, ‘manufatto’ per difendere i nostri interressi e progetti… ma nel Padre misterioso che solo lui ha conosciuto - e quelli ai quali vuole rivelarlo. Che fatica, togliere a questo dio la maiuscola abusiva!
pregare … senza incattivirsi
… si può tradurre anche “ senza scoraggiarsi”, o “deteriorarsi” – atteggiamenti, tutti, che indicano chiaramente il riscontro dell’esperienza che Gesù ha visto in tanta gente, che si è stancata di domandare ascolto a un sordo, si è demoralizzata e poi si è inacidita… Senza più un volto, nel cuore, a cui parlare, in cui sperare! Allora riemergono tutti i mostri di Dio che la paura e l’angoscia covano dentro di noi, e ci lacerano e ci incattiviscono…
Resistere nella preghiera, resistere a questa corrosione delle nostre impalcature religiose, senza indurire, ma temprandosi (Etty Hillesum)… non è per conseguire poi l’esaudimento miracoloso di qualche richiesta, che cambi a nostro vantaggio i destini del mondo, ma per vivere la profezia di Gesù, che ha promesso a chi lo implora senza stancarsi (senza incattivire), il suo Spirito, lo spirito che fa vivere Dio stesso (Lc 11,13).
La parabola dà per sicuro l’esaudimento, ma al futuro: non è una cosa scontata! la vedova mantiene un’ostinazione incrollabile, fino a spossare il giudice: questa vedova mi dà fastidio, fino alla fine, a rompermi la testa…Forse la sua invincibile preghiera rompe davvero la testa al dio che abbiamo fatto a nostra immagine e somiglianza, e lascia spazio a un altro Dio! di tutt’altra qualità. Sul suo biglietto da visita non c’è scritto l’onnipotenza o l’immensità o la giustizia vendicatrice… C’è solo la promessa dell’infinita longanimità (makrothumia) di un Dio che nella storia del mondo vuole attendere pazientemente i tempi lunghi della conversione dell’uomo, del crollo delle sue ambigue torri di babele, lo scolorirsi delle sue immagini di dio… per dare tempo al trasformarsi della nostra paura, fatica, resistenza, insofferenza… in travaglio doloroso di purificazione del dio introiettato… : fino a lasciare spazio alla comprensione della Parola di Gesù su questa vedova: non è l’ingiustizia sorda di Dio la causa dei nostri mali inascoltati… ma la pochezza e l’incostanza della nostra fede (18,8)!
il Signore tarda a venire solo per darci il tempo di convertirci
… la salvezza, non viene perché non è invocata! o è richiesta solo come soluzione di qualche problema occasionale! Non come desiderio di amare ed esser amati da un interlocutore… Finché il desiderio di Lui “persona” – antagonista / protagonista della vita!? – non ha conquistato e polarizzato il discepolo, (il “credere” non è diventato “pregare”), non c’è condizione interiore di esaudimento, se non “come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole”. È ancora religione interessata e contrattuale, utilitarista… La preghiera capace di ottenere tutto da Dio è quella che ci insegna Gesù: che ha cambiato il volto di Dio in “Padre nostro” – e prima si preoccupa anzitutto di lui, del suo nome, del suo regno della sua volontà… perché questa è la nostra salvezza, affidarsi a Lui: “…Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma prolunga la sua pazienza (makrothumia) su voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi (2Pt 3,8s).
Dio è poco desiderato
Una preghiera che tende a consentire ai progetti di Dio ed esaudirlo in ciò che domanda è l’unica purificazione possibile della preghiera stessa, secondo le misure di Dio. Le misure di Dio sono il suo Spirito. Il quale trasforma il nostro desiderio nel desiderio di Dio - cioè, del suo essere, del suo bene! Una preghiera (un gemito!) non sovrapposta alle azioni che si fanno, o alternata agli atti consecutivi che scandiscono il quotidiano… ma una presenza accolta e custodita, che ci illumina, impregna, accudisce dal di dentro… come la “assenza” di una persona lontana ci tiene in tensione il cuore e ci fa vibrare per la sua “presenza”, mentre continuiamo a fare tutto quello che dobbiamo fare…. Il travaglio della fede è faticoso per noi, perché forse desideriamo tante cose per la nostra fame e sete… e poco, troppo poco, il vino, il pane e la parola che Gesù ci ha preparato per il nostro cammino, da condividere con i fratelli. Da questo nostra fragile passione, dipende se Gesù troverà ancora fede sulla terra!

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