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venerdì 16 gennaio 2009

Il contagio della fede: il bacillo di Dio nel nostro corpo!

Primi passi della fede in Gesù

Anche se quest'anno leggeremo il vangelo di Marco, finito il periodo natalizio, cominciamo però le domeniche ordinarie del tempo liturgico con il brano stupendo di Giovanni, che ci racconta dei primi contatti di Gesù, dai quali inizia questa malattia mortale e salvifica che chiamiamo fede cristiana! Un coinvolgimento emozionante … sembra il racconto di un contagio. Contagio vuol dire toccare o esser toccati da un malato e prenderne il morbo! Inizia Giovanni, il precursore, che battezzando Gesù è illuminato da questo contatto, dopo anni di attesa. Lui che è "voce", ode la voce del Padre e ne vede la Parola sotto il segno della colomba. Ha capito finalmente di chi si tratta e gode il compimento della sua vita! Qui, come nel brano di Samuele, per il credente neofita, c'è prima una voce, un'indicazione: un maestro, un educatore, un sacerdote, un amico… Perché la Parola non la si incontra direttamente. Si incontra l'umile umana testimonianza di chi l'ha "cercata" e udita prima. Che diffonde il contagio che l'ha ammaliato, ci passa il "testimone", ci dà l'avvio e lo spunto. Allora si parte "personalmente", inizia la sequela o l'ascolto coinvolgente. Così la fede, da desiderio, ricerca e anelito di senso, diventa una nuova situazione interiore, un atteggiamento vitale, che 'rimane' dentro, impregnando della sua dinamica di affidamento, speranza, amore … tutta la vita – anche una povera vita! I discepoli della "voce" nel deserto, diventano i discepoli della Parola del Padre. Non sanno bene cosa vuol dire, perché non è una dottrina, né un viaggio programmato, ma un Volto discreto, che attrae e trasforma la vita: venite e vedrete! Per vedere bisogna prima fidarsi e incamminarsi. Un'altra vita, una storia nuova, sapendo bene non dove si andrà, ma chi seguire.

Guardando fisso Gesù che camminava

…alle quattro del pomeriggio! Impressionante questo contrasto sorprendente del Verbo preesistente a tutto, nel quale tutto è stato creato e niente esiste senza di lui… e questa precisa scadenza dell' orologio biografico di due sconosciuti pescatori di Galilea… Come i vangeli dell'infanzia ci hanno spiegato in tante simboli e racconti, questa inserzione "impossibile" dell'eterno in un minuscolo frammento spazio-temporale, un bagliore di luce nelle tenebre, non è l'emozione forte di un momento o un fuoco fatuo intravisto nel passato, ma una dinamica essenziale della fede cristiana di sempre. La fede, e quindi il coinvolgimento nel Regno instaurato da Gesù nel nostro mondo e nella nostra storia. Si effettua nel tessuto delle nostre giornate, dei nostri incontri, delle nostre ricerche, attese, conquiste, intese, fraintendimenti… Il messaggio evangelico, la nuova forza di vita che trasmette (il fascino di Gesù che smuove la gente), entra nell'esistenza al modo dei messaggi vitali della esperienza umana: implica ascolto, incontro, reciprocità, fatica, spogliamento … innamoramento. Giovanni, fissando gli occhi su Gesù che camminava indica ai discepoli il Messia da seguire, il nuovo Maestro definitivo che appare all'orizzonte. La fede è seguire per una vita uno che non sta fermo, ma cammina sempre, per cui bisogna sempre camminare per seguirlo. Come Abramo, il patriarca della fede, senza sapere prima dove si è diretti… Una cosa sola è certa, che gli anelli umani vitali dell'amicizia, delle conoscenze, delle convivenze, degli incontri quotidiani, sono gli stessi anelli della trasmissione o contagio della fede… Lì s'innesta l'incontro con il Signore, e diventa forza propulsiva per contagiare ogni conoscenza, far circolare la stessa fonte di energia e di luce, per costruire insieme relazioni rinnovate…Così nasce la prima cellula della comunità dei discepoli di Gesù.

«Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo».

Un simbolo forte, che percorre tutta la storia della salvezza fin dagli inizi, ma soprattutto nel segno dell'agnello pasquale, senza macchia, perfetto; il cui sangue versato salva i figli di Israele dallo sterminatore, passando di casa in casa, nella notte (Es 12). Da quel momento ogni figlio di Dio rimarrà segnato da quel sangue di salvezza, che apre la strada verso la terra promessa della libertà. Anche i profeti parlano di un agnello mansueto condotto al macello (Is 53, 7; Ger 11, 19). Adesso, è Giovanni il Battista che ribadisce l'indicazione del giorno prima, e annuncia (e conclude) ogni profezia sacrificale. È Gesù, infatti, l'agnello immolato al posto di Isacco; l'agnello condiviso, in piedi, pronti per camminare, la notte di Pasqua, l'Agnello della liberazione offerto per noi; il servo sofferente, che non si ribella, non recrimina, ma si consegna, silenzioso, per amore nostro. Il Nuovo Testamento lo riprenderà apertamente: «Voi siete stati liberati dalla vostra vuota condotta grazie al sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia» (1 Pt 1, 19). Nell'Apocalisse l'Agnello diventerà un tema dominante del disvelamento del segreto della storia. È lui che può aprirci i sigilli di ogni mistero della vita di questo mondo e di ogni uomo, che siede sul trono, degno di onore, lode, gloria, adorazione; lo Sposo, che invita al suo banchetto di Nozze, la lampada, il tempio, il luogo della nostra dimora eterna. Egli è il pastore , che seguiremo ovunque andrà . Questo "udirono i suoi discepoli"!... anche se solo dopo anni di discepolato capiranno le immense ricchezze di salvezza e di amore nascoste in ciò che avevano udito, perché Gesù stesso glielo spiegherà (Lc 24,44)!

La Parola parla quando è ascoltata!

Quando la "voce" parla è sempre voce nel deserto, deserto di gente che ascolti, durezza dei tempi che si sono fatti sordi e sfiduciati… Anche per colui che grida nel deserto il buio è fitto ( io non sono la luce… io non lo conoscevo!...), perché la Parola appare e diventa rivelatrice, quando qualcuno l'accoglie e allora arriva per ognuno la pienezza del tempo (sentendolo parlare così, seguirono Gesù)! L'incontro della Parola con il cuore che l'accoglie è creativo, non semplicemente rivelativo. Nell'incontro c'è un presente (venite!) e un futuro (vedrete!), che è lo spazio dell'esperienza non programmabile, ma nuova e irripetibile di ogni incontro d'amore, che trasforma la vita: "… tu sei Simone… sarai chiamato Cefa!" e l'avvia all'avventura di una dedizione reciproca totale, che si rivelerà colma di passione e di dedizione come di incomprensioni e rinnegamenti, ma irreversibilmente legata alla "sua" fedeltà (io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede - Lc 22,42). Non solo, ma ogni contagiato dall'amore di questo incontro diventa creativo a sua volta, perché questa è la malattia: il virus vive solo contagiando altri, se no muore! Allora Andrea chiama Pietro, poi Filippo chiama Natanaele e si ripetono, sempre in forma nuova gli stessi gesti e parole ed esperienze. Vieni e vedi… e rimani!

Rimanere – dimorare

…perché questo (rimanere) è l'altro verbo essenziale dell'esperienza di fede, con i due significati di abitare e rimanere. Non solo camminare, ma rimanere! Chi cerca, infatti, si domanda dove sta colui che cerca, per andare a stare con lui…perché questa è l'obiettivo della fede, l'esperienza di amicizia: "Rimasero presso di lui quel giorno». Poi la dimestichezza stessa della fede farà comprendere che la fede non matura se non è tutt'e due le cose: un camminare e uno stare reciproco, reciprocamente creativo: «Rimanete in me e io in voi... Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto... Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato... Rimanete nel mio amore» (Gv 15). Non è una dottrina da introiettare, non è una proposta morale di comportamento, ma una dinamica interiore nuova, una sinergia inedita, per cui, camminando e dimorando sempre insieme, uno riferito all'altro, si pensa, si soffre, si agisce, come mai ci era capitato, "in due" , percorrendo strade e inventando cose che nessuno dei due, da soli, mai avrebbe potuto fare… né essere…

Una fede corporea

Quest'esperienza dei primi discepoli non è un livello superiore (e inarrivabile ai più) di vita spirituale o intellettuale, fuori dalla pesantezza della materialità del quotidiano… È un'intensità nuova, nello spessore della stessa vita mortale e transitoria, nella carne del nostro corpo, come ricorda Paolo, proprio perché non ci è accessibile nessun altra esperienza vitale se non attraverso il corpo. Un corpo non abbandonato a se stesso, ai suoi istinti regressivi e alla sua precarietà mortale. Voi non appartenete più a voi stessi! Chi ha ascoltato e seguito il Signore è diventato "suo". L'appartenenza al Signore passa attraverso il corpo, se no, non tocca l'anima. È il corpo che fa l'anima. Dio non crea anime nude e peregrine da un corpo. Paolo non lascia dubbi! infatti il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo! Per questo l'esito della fede è la resurrezione del corpo, del corpo di Cristo prima, e poi dei nostri corpi di carne! Noi occidentali, irrimediabilmente platonici, ce ne scandalizziamo. Ma è il nostro corpo che "offre ospitalità allo Spirito", e ne diventa il vero tempio… Un tempio vivente, di carne, né mentale né di pietra, comprato a caro prezzo per glorificare Dio, cioè esaltare e realizzare il suo progetto, il Regno, portando la materia "inanimata" alla capacità di "divino", che lui fin da principio ha seminato in lei – la materia umanificata (cioè capace di coscienza e di amore) di questo cosmo. Il quale, tutto, proprio attraverso questa nostra appartenenza liberatrice, si salverà (Rom 8,19).


1 commento:

'ntonia ha detto...

Grazie.

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