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venerdì 20 marzo 2009

Dio ha tanto amato il mondo…

Anthony Van Dyck (Flemish, 1599-1641) - Il serpente di Bronzo - (c. 1618-120), Olio su tela, 205cm x 235cm, Museo del Prado, Madrid
Dio ha tanto amato il mondo…
Questa è la nostra consolazione più sicura! Che a Dio piace amare! È solo capace di amare!… da Dio, cioè immensamente e instancabilmente! “Laetare!” vuol dire rallegrati! Hanno scelto questo vangelo perché è la domenica della gioia, a metà quaresima. Il dialogo notturno con un onesto fariseo della classe dirigente, che viene a parlargli di nascosto, conquistato, pur con tanti dubbi, dalla testimonianza affascinante di Gesù di Nazareth, ci apre al mistero centrale, il nostro stesso mistero, del rapporto tra Dio e noi, e la nostra storia, il nostro mondo. Anche noi, come l’antico rabbino, abbiamo percorso tanta strada, con tante fragilità e reticenze, ma senza smettere di cercarlo, dentro le leggi e le istituzioni, le tensioni morali personali e comunitarie, necessarie ma incapaci di salvare né noi né il mondo – e non abbiamo smesso di cercarlo neanche fuori dei nostri recinti sacri, perché da sempre “… un interrogativo bruciante ci assilla: come far penetrare il messaggio evangelico nella civiltà delle masse? Come agire ai livelli in cui si elabora una nuova cultura, in cui si instaura un nuovo tipo di uomo, che crede di non aver più bisogno di redenzione? (Paolo VI, Evangelica testificatio 52). A questo ricercatore notturno Gesù non parla di come cercare Dio, ma di come Dio cerca noi, da sempre! Parla di un “Dio” perdutamente innamorato del mondo, che lui stesso ha creato e che però lo misconosce: questo è il mistero paradossale a cui conduce il lungo cammino dell’avventura giudeo-cristiana. … Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito… non… per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Dopo 2000 anni dall’avvento di Gesù, l’autore del vangelo ripeterebbe anche oggi che il mondo rimane immerso nelle tenebre! Ma ribadirebbe pure che non per questo Dio diventa il nostro “giudice” (come l’uomo di ogni tempo e di ogni latitudine invincibilmente lo percepisce e lo teme), ma rimane sempre solo un Dio “salvatore”! Al punto da “dare” tutto se stesso, anzi più che se stesso, il figlio suo… perché il mondo, destinato di natura sua alla morte, trovi in lui – il figlio suo, che è la “sua” vita! la via della salvezza. Questo è l’asse centrale del tortuoso errabondo percorso biblico. Il cuore del vangelo, della “buona notizia”, che brilla nelle nebbie del mondo… Ad ognuno di noi, vecchi cristiani, che dovremmo ben sapere di questo Dio, ma troppo spesso ne perdiamo le tracce nelle fatiche e disperazioni proprie e altrui, Gesù ripete: tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?
…come può rinascere un uomo quando è vecchio?
La tentazione di fondo, di allora come di oggi, per chiunque creda e si trovi coinvolto in questo mistero di dolore e smarrimento, è quella di Nicodemo: “Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”. Anche noi talora ci illudiamo che la cultura, le credenze, i segni e i simboli, le liturgie e le teologie… del passato, che pure hanno plasmato la fede dei nostri padri e hanno impastato la loro carne con il vangelo e i sacramenti, possano ridiventare anche per noi l’utero in cui rinascere… Ma la proposta di Gesù e incessantemente e radicalmente sempre nuova : In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito«. «. Ogni credente e ogni generazione si ritrova di fronte a questo mistero di amore totalmente “offerto” da Dio al mondo, perché questa è la testimonianza ineludibile di Gesù, il centro del suo vangelo. Ma nella nostra quotidiana esperienza questo privilegio di amore è un dono non verificabile coi parametri della “carne”, ma solo con quelli della fede. La Parola infatti ci racconta delle medesime nostre difficoltà: I padri moltiplicarono le infedeltà … essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti. Le disgrazie del popolo che seguirono, fino all’esilio, furono interpretate come castigo di Dio. Uno strano castigo… perché quando ormai tutto sembrava perso, senza più profeti, né sacerdoti, né re, né tempio, e il popolo stesso era disperso in esilio, a compimento della Parola del Signore predetta per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro re di Persia. Un re pagano, che nemmeno conosceva il Dio di Israele, diventa per un attimo il messia del Signore.
Chi crede nel figlio…
La vita nuova, che la legge propone ma non dà capacità di “fare”, che i profeti promettono, ma hanno intravisto solo da lontano, man mano che la storia ci impone situazioni nuove e ci coinvolge in condizioni drammatiche senza uscita, troppo più grandi di noi, è “la vita eterna”! È questa che Gesù dona a chiunque crede in lui, affinché chiunque crede in lui non si perda. La nostra destinazione naturale è tornare polvere della terra da cui proveniamo. La vita eterna non è una vita aliena, “di là”, futura!… É la vita generata in noi dall’alto, cioè dallo Spirito, adesso, dentro la nostra carne, in questo nostro frammento di storia che stiamo vivendo. Non è quella prodotta dalle nostre industriose ma carnali, cioè mortali, possibilità umane. Per quanto riguarda noi, dice bene Paolo: ricordatevi che voi eravate incirconcisi, esclusi, senza speranza - Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati , ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati! Per la sua totale estraneità al male e all’oppressione, per la sua appassionata dedizione all’amore, si sono coalizzati contro Gesù i poteri del male, per eliminarlo, perché da lui, inerme ma indomabile, si sentivano minacciati, quasi avesse condensato in sé, come l’antico serpente, tutto il veleno dell’umanità. Stritolato dai meccanismi del potere politico, religioso, economico, Gesù ha vinto il male ed è divenuto così sacramento e modulo di salvezza, per tutti quelli che credono in lui. Che non solo ha salvato, donando la vita per loro e per tutti noi, ma ci ha insegnato il modulo di salvezza, la possibilità cioè di guardare a lui e rinnovare anche in noi, e attorno a noi, la sua salvezza: Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. L’innalzamento del Figlio dell’uomo è l’anticipo della sua morte e risurrezione. Lasciarsi innalzare è lasciarsi crocifiggere dagli uomini. Ma lasciarsi innalzare è anche essere glorificato dal Padre! E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire (12,32). Inizia una salvezza per attrazione! La vita eterna è questa commistione di terra “glorificata”, di passione “salvatrice”, di peccato “santificato” – perché, impregnate dello Spirito, le “nostre cose” diventano evento di salvezza e durano in eterno!
Chi fa la verità viene alla luce
La salvezza è “fare verità”! Questa verità, manifestata in Gesù, dentro di noi e attorno a noi, e così divenire… la nostra intima verità! Ma per sapere qual è la nostra verità bisognava che Gesù fosse innalzato, perché vedessimo bene qual è il destino del nostro congenito desiderio di onnipotenza, come prediceva, senza saperlo, l’antico serpente (non morirete… sarete come dei!). Nella storia, Dio l’onnipotente è Gesù innalzato sulla croce per amore, e proprio per questa sua estrema totale attitudine di amore, glorificato in eterno: Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. È questa la fede discriminante di ogni esistenza. Il nome di Gesù sintetizza questo mistero, questa specie di magia universale di attrazione gravitazionale all’amore. Non lasciasi attrarre è l’autocondanna. Perché il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. L’unico giudizio che sovrasta l’umanità è l’amore del Padre: la chiamata a vivere nella luce. Chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio. Tutto ciò che in qualche modo, pur fragile e ancora ambiguo, cade sotto i raggi dell’amore eterno, fermenta la carne e la riveste di luce. Ma questa luce “cristiana” vuol dire passione, dono di sé per amore. Per cui la croce a cui Gesù glorioso è ancora inchiodato per attirarci a sé, diventa non il giudizio conclusivo con cui Dio pone fine a questo mondo ostile, ma l’accoglienza sorprendente della totalità del mondo e dell’umanità. L’abbandono, la sofferenza, il male permangono storicamente, ma vengono per sempre agganciate già adesso al futuro di Dio, per cui la storia ormai cova dentro di sé il futuro di Dio – la vita eterna. Allora il tempo che passa - e il suo pungiglione che è la morte - viene svelenito e diventa il tempo di Dio, che in Cristo ha trasformato lo strumento della nostra condanna nello strumento della nostra salvezza.

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